mercoledì 4 maggio 2011
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«Mister Robert Sands, un prigioniero nel carcere di Maze, è morto oggi alle 1,17 del mattino. Si è tolto la vita rifiutando cibo e cure mediche per sessantasei giorni». All’alba del 5 maggio 1981 un conciso comunicato del governo britannico annunciava al mondo che l’ineluttabile destino del leader dei ribelli irlandesi si era compiuto. Bobby Sands aveva iniziato uno sciopero della fame come protesta estrema per rivendicare lo status di prigioniero politico che gli era stato negato da Londra, e per affermare il suo desiderio di libertà si era lasciato morire a soli 27 anni. Prima che le piazze di tutto il mondo si riempissero per commemorarlo, prima che oltre centomila persone formassero il più gigantesco corteo funebre mai visto nei quartieri cattolico-nazionalisti di Belfast, quel corpo scarnificato, disidratato e coperto di piaghe era già diventato un’icona della lotta di liberazione irlandese.La mattina del 5 maggio di trent’anni fa la notizia della sua morte si sparse rapidamente tra i bracci del carcere di massima sicurezza di Belfast. «Ricordo ancora l’intenso sentimento di rabbia e tristezza che provai nel momento in cui fuori dalla porta della mia cella udii quel grido in gaelico: "Fuair Roibeard bas" (Bobby è morto). Durante la messa, un paio di giorni prima, padre Denis Faul ci aveva riferito che era entrato in coma. Eravamo preparati alla notizia ma ciò non significa che fu semplice accettarla». Anthony McIntyre è un ex militante dell’Ira che ha trascorso diciotto anni della sua vita nella prigione di Long Kesh e ha partecipato con Sands alla fase più dura delle proteste carcerarie che videro i prigionieri irlandesi rifiutare prima l’igiene, poi gli abiti carcerari, fino alla drammatica stagione degli scioperi della fame del 1980 e 1981. «Era il capo indiscusso di tutti noi - racconta dalla sua casa di Belfast, dove adesso lavora come giornalista - l’immagine più viva di lui che mi è rimasta in mente risale a qualche mese prima della sua morte, quando disse a me e al mio compagno di cella che dovevamo interrompere il nostro sciopero della fame. Era il dicembre 1980. Quelle furono le ultime parole che scambiai con Bobby. L’avevo incontrato per la prima volta nella mensa di un’altra prigione, quella di Crumlin road, nel gennaio 1977. Stava richiamando l’attenzione dei prigionieri repubblicani con la sua voce tuonante. Era una sfida all’amministrazione del carcere». Uscito di prigione, McIntyre si è laureato, ha preso un dottorato di ricerca all’università di Belfast ed è diventato uno dei più autorevoli critici dell’accordo di pace del 1998, senza tuttavia solidarizzare mai con i dissidenti armati. Di quella terribile lotta carceraria di trent’anni fa parla volentieri, ma solo finché ricorda i forti legami di amicizia e cameratismo che gli restano con alcuni di quelli che presero parte alla lotta insieme a lui. Si adombra invece, descrivendo ciò che resta di quegli ideali. «Credo che la nostra causa sia stata in gran parte tradita. Penso che fossimo inevitabilmente destinati alla sconfitta. Ma il modo in cui questa sconfitta è stata ottenuta costituisce un vero tradimento e ricorda molto da vicino la fine dei maiali della "Fattoria degli animali" di Orwell. Provo un profondo senso di tristezza quando sento i politici del Sinn Féin che chiamano "criminali" gli attivisti repubblicani. Sembra che abbiano tolto ogni valore alla nostra protesta di trent’anni fa e a tutti coloro che vi persero la vita». La bara di Bobby Sands e quelle dei nove compagni che morirono dopo di lui nello sciopero della fame della primavera-estate del 1981 furono lo spartiacque del conflitto anglo-irlandese. Il movimento repubblicano cominciò ad abbandonare la strategia della lotta armata proprio in seguito a quella protesta. La svolta avvenne il 9 aprile, quando un Bobby Sands ormai in fin di vita dopo sei settimane di rifiuto totale del cibo fu eletto al Parlamento britannico, raccogliendo oltre 30mila voti. I repubblicani irlandesi partecipavano per la prima volta alle elezioni dopo decenni di astensionismo e compresero che il futuro risiedeva nell’urna, più che nelle armi. In tempi recenti sono però emersi clamorosi retroscena che hanno gettato pesanti ombre su quegli anni: in due libri diventati ormai bestseller in Irlanda, un altro membro di spicco dell’Ira di quegli anni, Richard O’Rawe, ha fornito prove schiaccianti sull’esistenza di un’offerta segreta del governo britannico che poteva salvare la vita agli ultimi sei prigionieri in sciopero della fame. «O’Rawe me ne aveva parlato prima di dare alle stampe il suo primo libro - spiega McIntyre - penso che le sue argomentazioni siano difficilmente confutabili e ho la sensazione che gran parte della nostra gente gli creda. La pace in Irlanda è stata favorita dalla morte dei miei compagni ma è stata costruita anche con l’inganno».
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