sabato 26 agosto 2023
Cassuto Morselli e Maestri indagano l’importanza fondamentale che il concetto e il termine hanno nelle Scritture e nella storia, dall’esilio fino al presente
Gerusalemme

Gerusalemme - Robert Bye/unsplash

COMMENTA E CONDIVIDI

La pagina di apertura del saggio, con l’esergo prescelto in due battute, dona l’intonazione profonda dello spirito con cui è stato condotto e redatto: « Perché si agitano le genti e i popoli meditano cose vane? Perché insorgono i re della terra, i principi congiurano contro Ha-Shem (“il Nome”, uno dei termini con cui nella tradizione ebraica si indica Dio, ndr) e il suo Messia?» (Sal 2,1-2). « Non pensiate che io sia venuto ad abolire la Torah e i Neviim (i profeti). Non sono venuto ad abolirli ma a diffonderli nella loro pienezza» (Mt 5,17). Il focus si staglia nitido già nella IV di copertina: «Senza la promessa, la storia sarebbe una catena di eventi forse casuali, forse insignificanti, comunque nemmeno sfiorati dall’amorosa presenza di Ha-Shem. Dichiarare la promessa già pienamente compiuta equivale a vanificarla. La promessa rende feconda l’attesa, nella speranza del suo compimento». Gli interrogativi balzano imperiosi in primo piano ed esigono la risposta, non una risposta, che si articola in tre scansioni: Qual è la promessa per Israele? Qual è la promessa per le Chiese? Quale promessa per l’umanità?

Marco Cassuto Morselli, presidente della Federazione delle Amicizie ebraico-cristiane, noto studioso e saggista, e Gabriella Maestri, studiosa dei testi cristiani antichi con lo sguardo rivolto all’ebraismo, con il loro lavoro creativo e fondante ci raggiungono con lo scavo su La Promessa (Castelvecchi, pagine 120, euro 16,00). Un libro su un termine e ambito biblico/teologico di importanza dirimente, in complementarietà reciproca: « Il tema della promessa percorre tutte le Scritture ebraiche, si potrebbe dire che in qualche modo ne costituisce il cuore, ed effonde la sua luce pure su tante pagine del Nuovo Testamento ». La promessa non si può disgiungere o, peggio, sradicare e farla ritrovare in altro terreno, diverso da quello di Eres Israel (la “terra di Israele”) ma «si estende fino a comprendere tutta la terra, acquistando una dimensione universale».

Chi volesse distinguere fra la promessa di Ha-Shem ad Avraham, «alla tua discendenza darò questo paese» (Gen 12,7) dalla realtà che, nello stesso momento ed evento «in lui si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gn 12,3), non avrebbe colto l’inedito della Promessa stessa che è «un’unica promessa articolata in alleanze diverse che non si sostituiscono l’una all’altra ma si completano vicendevolmente». La terminologia in questo saggio è accurata e va assunta, pena vanificarne tutta la ricerca: « Nella Bibbia ebraica non compaiono mai né la parola “promessa” né il verbo “promettere”, sono presenti invece termini ben più forti: shevuah e il verbo corrispondente nishba, che significano “giuramento” e “giurare”. L’uso di tali termini sottolinea la convinzione che le Parole non possono essere mutate e sono irrevocabili in quanto espressione della fedeltà di Ha-Shem al suo popolo».

Nel Nuovo Testamento epangelia, promessa, lo ritroviamo una sola volta in Lc 24,49 «io manderò su di voi la promessa del Padre mio» ma viene successivamente analizzato in tutte le occorrenze culminando nell’Apocalisse «anche se, dato il contesto storico in cui l’opera è stata composta, i riferimenti sono spesso criptici… e non è facile distinguere quando il termine greco ge si riferisce a tutta la terra o a Eres Israel ». Il denominatore comune di tutti i capitoli è espresso a chiare lettere «riteniamo che le recenti acquisizioni del dialogo ebraicocristiano consentano di affrontare questo tema in modo nuovo, così da ridare lo spazio dovuto a tutto quanto è contenuto nelle Scritture e che nel nostro tempo deve ormai essere portato alla luce». Infatti Il tema dell’esilio di Israel dalla Eres e quello del ritorno «è stato e continua a essere uno dei temi più divisivi nel confronto fra ebrei e cristiani». Il movimento di approfondimento parte dal versetto di Genesi, giunge a Gerusalemme, trapassa nel Nuovo Testamento e affronta il grave problema e dato storico di Roma contro Gerusalemme nel pieno del conflitto politico e religioso, l’esilio e il ritorno, approdando alla teshuvah e culminando nella promessa della pace.

Affermano gli autori: «Yerushalayim deve diventare la città della pace, e potrà esserlo solo se si trasformerà nella città del dialogo». La citazione di Abraham Joshua Heschel anima, ma comunica anche la gravità dell’impegno: « Noi siamo testimoni della resurrezione. Essere testimoni comporta un cambiamento interiore radicale. Il ritorno alla nostra terra è un segno evidente che la Redenzione è possibile per tutti gli uomini. Fermati e osserva. L’incredibile si è avverato. La visione era una promessa di Dio, e la via che portava alla sua realizzazione era lastricata di sacrifici. Il nostro ritorno a Sion è il più grande evento della storia misteriosa che ha avuto inizio con un solo uomo, Abramo, il cui destino è risultato una grazia per tutte le nazioni, il nostro impegno irrinunciabile è di difendere quella promessa e quel destino: essere una benedizione per tutte le nazioni». Un saggio imprescindibile per chi si interroghi sul valore della terra e sulla Promessa di Ha-Shem a tutta l’umanità.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: