I terremoto del 6 aprile in Abruzzo non ha dirottato gli ombrosi e quasi inafferrabili neutrini, che proprio nei Laboratori del Gran Sasso vengono intercettati e studiati per capire l’intima struttura della materia. Gli scienziati dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) fanno ricerca sotto 1500 metri di roccia, perché soltanto qui gli esperimenti più delicati possono avvenire al riparo dalle radiazioni cosmiche. Ma nelle imponenti sale costruite dentro la montagna, lunghe ognuna circa cento metri e alte venti, che sembrano palazzi ricavati nel nocciolo della giogaia appenninica, in cui si indagano fenomeni rari e di notevole livello, quelle lunghe scosse sismiche devono aver creato un’atmosfera sottilmente allarmante. Già in tempi normali questo maestoso laboratorio, in cui non entra mai la luce del sole, innesca un’innegabile suggestione nel visitatore e lo fa andare col pensiero al Verne del Viaggio al centro della Terra. «Nei nostri laboratori però il sisma non ha prodotto danni: gli apparati sono progettati per resistere a terremoti di gran lunga superiori, e all’interno della montagna l’intensità di un sisma subisce un’attenuazione di tre-quattro volte». Parla Lucia Votano, 61 anni, calabrese, che a settembre assumerà l’incarico di direttrice dei Laboratori del Gran Sasso, prima donna al vertice di un poderoso complesso di ricerca. Da oltre 35 anni, nell’ambito dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, la professoressa partecipa alla realizzazione di esperimenti chiave: ha lavorato al Cern di Ginevra e al laboratorio Desy di Amburgo; ora è impegnata nell’esperimento «Opera» che ha per oggetto i neutrini provenienti dal Cern di Ginevra.
Professoressa Votano, che effetto fa trovarsi nel più grande laboratorio sotterraneo del mondo e sentire le onde del terremoto? «L’epicentro era molto vicino. Era notte, ma i laboratori all’interno del Gran Sasso sono sempre presidiati. E i colleghi del turno di notte il terremoto l’hanno avvertito. Comunque abbiamo subito affrontato l’emergenza. Una rete immediata di telefonate, e abbiamo capito come stavano tutti i dipendenti e gli associati. Per fortuna nessuno aveva perso la vita: solo pochi i feriti, prontamente curati».
Nei vostri Laboratori, fiore all’occhiello della ricerca italiana, ruotano quasi un migliaio di persone. Una grande comunità di scienziati. Perciò il rischio era grande... «Alcuni hanno trovato la casa distrutta, in moltissimi casi era inabitabile. Tuttavia il personale ha effettuato immediatamente i primi controlli agli impianti e agli apparati sperimentali. Rispettando le regole di sicurezza e accompagnati dall’attuale direttore, professor Eugenio Coccia, insieme con altri colleghi, anche noi siamo andati subito a verificare che cosa era successo al nostro esperimento. È scattata la solidarietà e non solo a titolo personale. Il professor Coccia, tutta la giunta e il consiglio direttivo dell’Infn hanno deliberato aiuti che sono andati ad aggiungersi a quelli della Protezione civile. I laboratori dovevano riprendere completamente le attività, il più presto possibile».
Il lavoro di ricerca non ha subìto rallentamenti? «Si dormiva in macchina, in tenda, in container. Devo dare pubblico atto di riconoscimento a tutti: nonostante lo stress, la paura per le scosse che si ripetevano, quasi tutti sono tornati immediatamente al loro posto; Coccia ha riaperto ufficialmente il Laboratorio, a meno di un mese dal sisma. Le attività non si sono mai fermate».
Tra l’altro, eravate impegnati in una delle imprese scientifiche più attese e difficili: controllare e studiare i neutrini in viaggio dal Cern di Ginevra. «Gli scienziati di 'Opera' si stavano preparando alla scadenza del primo giugno quando dal Cern sarebbe arrivato il fascio di neutrini. E questo è un merito che va attribuito a tutto il personale del Gran Sasso, e a tutto l’Infn: fa onore ai Laboratori, voluti – alla fine degli anni ’70 – da Antonino Zichichi, che con questa scelta guardò lontano ».
Perché la tenace caccia al neutrino? «Per conoscere la sua natura. Il neutrino è un elemento fondamentale delle interazioni all’interno della materia. Tra le tante radiazioni cosmiche di cui è piena l’atmosfera e che ci attraversano in continuazione, ci sono anche i neutrini, particelle elementari la cui massa è da 100 mila a un milione di volte inferiore a quella dell’elettrone. Piovono in grande quantità dal Sole, tipicamente prodotte nei processi di fusione nucleare all’interno delle stelle. Con 'Opera' vogliamo dimostrare inequivocabilmente che i tre tipi di neutrini (elettronico, muonico e tau) si mescolano tra di loro dando luogo al fenomeno che chiamiamo oscillazione dei neutrini. Dal Cern partono neutrini di un solo tipo, muonico. Noi li rileviamo e misuriamo. Se riusciamo a vedere che anche un solo neutrino è cambiato, ecco la prova diretta dell’oscillazione del neutrino. Queste scoperte potranno permetterci di rivedere teorie fondamentali della fisica».
Lei dirigerà questo famoso centro di ricerca e ha famiglia. È una doppia conquista, la sua. Smentisce chi raccomanda alle giovani ricercatrici di non sposarsi e non avere figli...«Conosco tante donne che fanno ottima scienza e non trascurano affatto la famiglia. È chiaro che l’impegno è maggiore. Chi fa scienza è più occupata. Riesce a conciliare le varie esigenze solo grazie a una sapiente organizzazione, un accordo e una collaborazione da parte del marito, un aiuto dai parenti stretti. Io tutto ciò l’ho avuto».