domenica 5 settembre 2010
COMMENTA E CONDIVIDI
«Il mio sguardo sulla sacra rappresentazione che mostro nel film è totalmente laico, ma la caduta e la resurrezione sono tappe di un percorso umano che riguarda tutti. E poi la Passione di Cristo, quella che si mette in scena ogni anno nei paesi il venerdì santo, in un’epoca di profonda perdita della memoria, è una delle più alte espressioni della cultura italiana e condensa tutta la bellezza che il nostro paese è capace di esprimere. E noi ci appelliamo alla bellezza come a un’ancora di salvezza».Parole di Carlo Mazzacurati che ieri in concorso al Festival di Venezia ha presentato La passione. «Anche per chi non è animato da un sentimento religioso – continua il regista – è indiscutibile che gli ultimi momenti della vita di Cristo siano profondamente sconvolgenti». Prodotto da Domenico Procacci, scritto con Doriana Leondeff e Marco Pettenello, e interpretato da Silvio Orlando, Giuseppe Battiston, Cristiana Capotondi, Kasia Smutniak, Marco Messeri, Stefania Sandrelli e Corrado Guzzanti, il film (nelle sale il 24 settembre  distribuito da 01) è la storia di un povero cristo, un regista in crisi creativa, stritolato dall’urgenza di trovare una buona idea per una starlette tv ansiosa di fare cinema, la paura di essere denunciato alle Belle Arti per un danno provocato a un dipinto in Toscana e il conseguente obbligo a dirigere una via Crucis con una banda di attori improvvisati.«Anch’io sono stato coinvolto, mio malgrado – racconta Mazzacurati – in un’analoga tragicomica vicenda. Ne ho fatto un racconto orale e qualcuno mi ha suggerito di scrivere un film». Impossibile non pensare a modelli cinematografici come La ricotta o Il vangelo secondo Matteo di Pasolini, mentre a proposito della comicità (il film ha strappato tante risate e qualche applauso a scena aperta) Mazzacurati afferma: «In un paese dove l’azione e la sua parodia sono la stessa cosa è sempre più difficile far ridere. Eppure l’ironia è una delle poche armi che ci resta».È poi curioso come Orlando commenti le fragilità del mestiere di attore con parole simili a quelle usate ieri da Dorff, la star hollywoodiana in crisi nel film della Coppola. «Il panico aumenta con il passar del tempo – dice, con un senso dell’umorismo davvero sopraffino – quando il corpo cambia e ti sembra che nessuno ti chiami più. La vita pubblica si confonde con quella privata e pensiamo davvero che se un film piace, tutti ti vorranno un po’ più bene, anche tua sorella. Se invece va male già al primo weekend ti sembra di aver perso il tuo posto nel mondo, come se non avessi più le chiavi di casa. Quindi, per favore, abbiate pietà di noi».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: