mercoledì 8 febbraio 2023
Nuova edizione, con sei taccuini inediti, dei diari dello scrittore-ingegnere nel ’15-’18. Annotazioni tra lo sfogo critico e l’autoanalisi, ma che gettano luce sul suo “laboratorio di scrittura”
Carlo Emilio Gadda ritratto in trincea nella Prima guerra mondiale

Carlo Emilio Gadda ritratto in trincea nella Prima guerra mondiale - Adelphi

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Da tempo Adelphi sta pubblicando l’Opera omnia di Carlo Emilio Gadda e forse non è un caso se proprio all’inizio di questo 2023, anno in cui ricorrono i cinquant’anni della morte, ripropone il Giornale di guerra e di prigionia (a cura di Paola Italia, pagine 626, euro 35,00, il volume sarà presentato domani a Milano presso la Casa Manzoni, ore 18,30) in una edizione rinnovata e arricchita da sei taccuini finora sconosciuti. Finiti chissà come nel catalogo di un’asta, i taccuini furono acquistati alcuni anni fa dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma grazie alla sensibilità del direttore Andrea De Pasquale (curiosa la coincidenza che il nome richiami il “Di Pascuale, colla c” della Cognizione del dolore!) che dopo aver reperito i fondi necessari li fece ritirare dall’asta. Sottoposti in seguito a un delicatissimo intervento conservativo nel laboratorio della stessa biblioteca, il prezioso materiale è ora a disposizione degli studiosi. I “gaddisti”, come li definì Giuliano Gramigna, sanno benissimo che il Giornale è “un punto capitale” della carriera di Gadda che ha il pregio di essere stato “tutto scritto di prima mano” e che probabilmente va oltre le intenzioni stesse del suo autore.

Nemmeno Gadda, infatti, avrebbe immaginato che quei suoi sfoghi di rabbia, quelle sue meditazioni, quel suo “gnommero” insomma, erano in realtà una inconsapevole messa in scena di se stesso dentro la tragedia della guerra, un dar corpo a un completo autoritratto o comunque una sorta di “big bang” iniziale che avrebbe dato origine a quella galassia gaddiana che ancora risplende, inimitata, nel cielo delle nostre litterae. Una lunga confessione, insomma, come avrebbe dichiarato più avanti in una lettera a Roscioni, come se si trattasse di una seduta psicoanalitica «avente a psicanalizzatore il Padre Eterno, e me stesso». Guai, però, a chiamare “opera” il Giornale perché, parola di Gadda, quei frammenti di un diario occasionale e incompiuto non meritano quella definizione essendo solamente “testimonianza e confessione”. Ma per il “gaddista” è qualcosa di più perché quelle pagine scritte “come vien viene” sottendono in realtà importanti significati e aiutano a ricomporre la complessa struttura dello scrittore ingegnere che spinto da un focoso patriottismo scopre in realtà che accanto alla guerra vera corre parallela una sua guerra personale che si materializza in una focosa invettiva contro la disorganizzazione dell’esercito italiano e contro il disordine che purtroppo regna sovrano.

Che tenesse al suo diario lo dimostra il fatto che nel Castello di Udine Gadda ha dedicato il capitolo Impossibilità di un diario di guerra dove veniamo a conoscenza delle sue intenzioni. Scrivo, dice, non per me, ma «perché salti fuori qualche cosa che possa valere a farci più forti e più avveduti in ogni futura contingenza, nelle distrette del male». Questa nuova edizione del Giornale offre interessanti pagine inedite e fra queste vanno ricordate le considerazioni legate alla sua prima prova narrativa, quella Passeggiata autunnale scritta alla fine di agosto del 1918 che sottopone al compagno di prigionia Ugo Betti per un giudizio. Per ammissione dello stesso Gadda la Passeggiata, che sarebbe stata pubblicata solamente nel 1963 sulla rivista “Letteratura”, è scritta “male e in fretta” né poteva essere diversamente dato le circostanze ma l’aspetto più importante per i “gaddisti” è l’emergere, attraverso lo scambio di idee con Betti, delle caratteristiche del “laboratorio di scrittura” di Gadda sintetizzato in tre distinte fasi, l’ultima delle quali dedicata al puntiglioso lavoro di lima che si rende necessario dopo il “raffreddamento” perché, scrive Gadda, «l’incandescenza ci aveva dissimulato imperfezioni e scorie».

Pur in mezzo alle trincee, infine, Gadda non perde la sua identità di ingegnere e per trascorrere «qualche ora non grama» si diletta con la geometria proponendo una sua dimostrazione della «trisezione dell’angolo», il “Teorema del Gaddus”, quasi una anticipazione dei teoremi della Meditazione milanese che dimostra ancora una volta come queste pagine del Giornale anticipino per davvero tutte le tematiche gaddiane.

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