mercoledì 1 dicembre 2021
La carmelitana Cristiana Dobner ha pubblicato un’ottima guida alla lettura e alla comprensione della "Fiamma d’amor viva", poesia in quattro strofe composta nel 1584 dal Doctor mysticus
Dettaglio del “Cristo di San Giovanni della Croce” di Salvador Dalí (1951)

Dettaglio del “Cristo di San Giovanni della Croce” di Salvador Dalí (1951) - archivio

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Fiamma d’amor viva è una poesia in quattro strofe composta nel 1584 da Giovanni della Croce (1542-1591), il Doctor mysticus, amico fraterno di santa Teresa d’Avila e riformatore dell’ordine carmelitano. Per venire incontro a una richiesta di donna Anna de Peñalosa, sua figlia spirituale, scrisse pure un commento a quel testo poetico (in realtà redasse due commenti, che differiscono minimamente tra loro). Questo insieme di testi rappresenta l’ultima grande opera scritta da Giovanni, considerato uno dei più grandi autori spagnoli di tutti i tempi: nel 1993 Giovanni Paolo II lo nominò patrono dei poeti in lingua spagnola. Con il titolo Giovanni della Croce. La festa dello Spirito (Lindau, pagine 124, euro 14,00) la carmelitana Cristiana Dobner ha pubblicato un’ottima guida alla lettura e alla comprensione della Fiamma d’amor viva. L’autrice chiarisce che «Giovanni della Croce si staglia nella storia della mistica perché non scrisse dei trattati ma fu un poeta che compose le sue liriche, sollecitato poi a scriverne le declaraciones, i commenti, per rendersi intelligibile». La Dobner si pone in dialogo con numerosi interpreti che hanno com- mentato la Fiammae altre opere del Santo, tra cui von Balthasar, Zambrano, Unamuno, Sicari, Ballestrero, e suggerisce al lettore come accostarsi alla sua poetica: «Lo stile di Giovanni della Croce è molto specifico e personale: è un insegnamento orale, sempre appellativo, pedagogico e mistagogico. Rivolto al tu del lettore che vuole guidare sulle vie dell’unione amorosa con Dio. Un genere letterario proprio, vicino allo stile evangelico perché, se vuol far riflettere, induce però a vivere l’irruzione di Dio nella propria esistenza». Giovanni della Croce per primo ha vissuto l’ardore di quella fiamma che, come si legge nella seconda strofa, è «cauterio soave», «deliziosa piaga», «mano dolce, tocco delicato che sa di vita eterna e ogni debito paga». Si tratta di un fuoco che purifica l’anima e la innalza fino all’unione con Dio: «Come mite e amoroso / Ti desti nel mio seno, / dove segretamente solo dimori, / e nel tuo aspirar gustoso, / di bene e gloria pieno, / quanto delicatamente mi innamori!». Dio, chiosa il santo, si risveglia nell’anima nella dolcezza e nell’amore e si manifesta attraverso una comunicazione di bene e di gloria. È la festa dello Spirito.

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