sabato 7 novembre 2020
Quello del Poeta è un viaggio sempre nuovo del corpo e dell’anima, a piedi e in volo, capace di aprire a ogni lettura inattesi orizzonti fino a giungere al personale faccia a faccia con Dio
Un dipinto raffigurante Dante Alighieri di Domenico Peterlini (1822-1891)

Un dipinto raffigurante Dante Alighieri di Domenico Peterlini (1822-1891) - Ansa/Palazzo Pitti

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Edizioni Terra Santa pubblica Dante. A piedi e volando (pagine 238, euro 17) del giornalista Marco Bonatti, per trent’anni alla direzione del settimanale cattolico di Torino “La voce del popolo”. Il volume si apre con la prefazione di Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri, (della quale anticipiamo ampi stralci), e rivisita tutta la Commedia come straordinario racconto di viaggio. Perché quel poema complicato, erudito e pieno di enigmi è anzitutto «commedia», narrazione, teatro, come osserva Bonatti nella sua introduzione: «Perché la Commedia è popolare: parla della vita e della morte, di Dio e della giustizia; è scritta in prima persona da un uomo arrabbiato e pieno di delusioni che non si dà per vinto. Un uomo capace di piangere e di smarrirsi, ma che non perde mai la speranza».

Quando un libro si legge con piacere e con facilità, è allora che bisogna alzare la guardia. Mi riferisco al testo di Marco Bonatti Dante a piedi e volando, su cui l’Autore, nell’introduzione, manda una sorta di avvertimento larvato ai lettori, paragonando la Commedia al baule trovato da Edmond Dantès nella grotta dell’isola di Montecristo: «Si alzò e prese una corsa attraverso la caverna con la fremente esaltazione di un uomo che sta per diventare pazzo ». Infatti, il Poema non solo è inesauribile, ma apre sempre, a ogni nuova lettura, qualche scrigno ancora chiuso, tanta è la molteplicità dei temi e dei pensieri contenuti. Ora, Bonatti, con uno studio appassionato e una capacità di resa che lo rende fruibile e accessibile a tutti, conduce una sua esplorazione (che chiama “viaggio”) all’interno della complessa costruzione dantesca, dividendola in due momenti: a piedi e volando. Il riferimento alla cosmologia della Commedia è chiaro: Inferno e Purgatorio, Dante li percorre camminando (nel primo regno, scendendo all’interno dell’imbuto delle sofferenze e nel secondo salendo il monte della purgazione e della speranza). Il Paradiso è un volo fra luci sempre più forti e canti sempre più belli. Ma chi è Dante, il pellegrino? Bonatti ci dà subito una risposta identificandolo con la malinconica figura di Romeo da Villanova, nel VI canto del Paradiso: egli aveva servito con devozione Raimondo Berengario e ne era stato ricambiato conl disprezzo, tanto che il povero vecchio fu costretto a passare il resto dei suoi giorni mendicando («indi partissi, povero e vetusto; / e se ‘l mondo sapesse ‘l cor ch’elli ebbe / mendicando sua vita a frusto a frusto, / assai lo loda, e piu? lo loderebbe »: l’assimilazione dell’Alighieri col ministro di Berengario – o Boringhieri – è chiara).

Scrive l’autore: «La Commedia è un campo minato di emozioni, immagini, trucchi: a ogni passo si rischia di saltare in aria». Bonatti, che conosce in profondo l’opera – e passa velocemente, ma seguendo coordinate infallibili, da un argomento a un altro che gli si annoda per allusione o specularmente – ci conduce in un viaggio che esamina luoghi, dai riferimenti lirici e spirituali, e personaggi («c’è in Dante la grande energia per costruire e offrire l’immagine “definitiva” di una persona o di una situazione con una sola parola, un verso»). Sono occasioni di satira politica e di invettive, specie contro i fiorentini e Firenze – sebbene la trattazione più completa e argomentata della condanna alla sua città non si trovi in Inferno, ma in Paradiso: per bocca del suo trisavolo Cacciaguida – di ricostruzioni storiche puntuali, ritratti quotidiani per noi preziosissimi in quanto descritti da pochi contemporanei dell’Alighieri, di incitamenti a guardare in alto in questo itinerarium mentis in Deum, di teorizzazione sui «Due Soli» (la Chiesa e l’Impero) voluti da Dio per un identico bene dell’umanità, ma in modi diversi e separati; e poi le donne, le simbologie, le furbizie... Tanto che Bonatti, riferendosi alla descri- zione che Cacciaguida fa della «Fiorenza antica» e dei suoi abitanti e delle famiglie, afferma: «Il mondo del Decamerone – con i tradimenti e i soldi, le astuzie, il sesso, le burle, l’amore per il denaro – sembra davvero lo specchio dei danni che Dante, tramite il suo antenato, lamenta». […] Forse il centro focale e speculare di tutto il libro è il ragionamento sul rapporto del corpo con l’anima, che per molti di noi, oggi, è solo un modo di dire. Per Dante, invece, il rapporto fra corpo e anima è qualcosa di molto reale e concreto, che incide sul senso della vita e anche sulla condizione in cui ci si trova dopo la morte. Bisogna notare che ogni considerazione espressa nel presente lavoro, viene corredata dalla citazione dei versi relativi alla questione. Ora, siccome una prefazione non deve esorbitare nella lunghezza e neppure nel commento di tante pagine (al lettore non va tolta la spinta alla scoperta), dobbiamo solo accennare al passo in cui Bonatti parla di Salomone, personaggio a cui viene dedicata un’attenzione diversa e superiore all’evocazione.

Ci preme giungere alla seconda parte, quella intitolata “Volando”. Il termine “volo” è polisemico in tale contesto. Esso inizia da Gerione, sulla cui groppa salgono Dante e Virgilio per essere “traghettati” in basso: e il Poeta descrive quella discesa nell’aria come uno che avesse sperimentato la discesa a spirale (è un’evocazione di un’immagine che Dante non poteva conoscere). Poi, c’è il salto verso l’alto: prima con le proprie gambe, chino di fronte ai guardiani dei vari gradi del Purgatorio: essi rappresentano la divinità e la potestà di Dio sui luoghi del peccato e della pena. Ma in Paradiso il Poeta non cammina più. E’ portato da una forza misteriosa insieme alla sua guida Beatrice. E’ “rapito” come san Paolo, ma la sfida di Dante è quella di andare a scoprire la Trinità, il mistero totale e finale del mondo, la relazione d’amore in cui il Padre e il Figlio vivono: «E tale relazione è talmente perfetta da essere lo stesso Spirito Santo». Non staremo qui a descrivere quanto l’autore illustri le recenti scoperte della fisica infinitesimale. Dopo aver affrontato le incertezze inerenti le date del viaggio profetico, Bonatti parla del “volo” e di alcuni passaggi relativi a esso (ci vengono in mente, prima di concludere: il volo applicato al folgorante cammino di Cesare, quello di Paolo e Francesca, stretti mentre il vento infernale li sbatte in ogni dove, ma soprattutto quello di Ulisse che Dante definisce «folle volo» e principalmente «l’alto volo» del Pellegrino di cui parla Cacciaguida). L’Alighieri non è mai solo nel suo viaggio. Da Virgilio a san Bernardo di Chiaravalle è sempre in compagnia. Unicamente all’inizio dell’Inferno, per poco più di 60 versi, è solo con se stesso e la sua paura. Ma – e qui bisogna sottolineare una cosa, per concludere questo itinerarium mentis in Deum – quando anche il Mistico mariano ha terminato la sua orazione diretta alla Madonna, Dante torna a essere solo quando affronta Dio faccia a faccia.

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