giovedì 4 giugno 2015
Comitato “Media e minori” con le mani legate, ormai quasi impossibilitato a difendere i ragazzi dai programmi inadatti per una serie crescente di ostacoli sul suo cammino.​
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Comitato “Media e minori” con le mani legate, ormai quasi impossibilitato a difendere i ragazzi dai programmi inadatti per una serie crescente di ostacoli sul suo cammino. La denuncia parte dagli stessi componenti del Comitato. Già si sono ridotte ai minimi termini le sanzioni inflitte negli ultimi due anni alle televisioni “colpevoli” di fare una cattiva tv per i ragazzi. E non perché le emittenti si siano convertite a una programmazione più rispettosa dei piccoli. Tutt’altro. Il mancato riscontro delle inosservanze al codice di autoregolamentazione di questo delicato ambito è legato alle difficoltà in cui versa il Comitato “Media e minori” chiamato a vigilare sul corretto rapporto fra tv e baby-spettatori e ad accertare le violazioni delle stazioni alle regole. «In circa due anni di lavoro del Comitato – denuncia il vice-presidente Remigio Del Grosso – le sanzioni dell’Agcom alle emittenti si contano sulle dita di una mano». Lo conferma la sociologa del Censis, Elisa Manna, rappresentante degli utenti nell’organismo di controllo: «Ormai i provvedimenti del Comitato sono pochissimi. E sul fronte delle sanzioni si registra un sensibile calo rispetto al passato». Fino all’estate 2013 l’organismo non ha funzionato: una serie di veti incrociati ne aveva bloccato la ricostituzione dopo la scadenza dei membri. Nel 2011, ultimo anno di attività prima della paralisi, le violazioni individuate erano state 62 cui si aggiungevano 15 richiami e 26 segnalazioni all’Authority.Il “rinato” organismo è di fatto semi-paralizzato. E le ragioni sono molteplici: la svolta legislativa durante l’ultimo governo Berlusconi e l’esecutivo Monti che hanno concesso mano libera alle televisioni sui palinsesti cancellando qualsiasi argine a protezione dei minori; le molteplici assenze nel Comitato che ne hanno rallentato i lavori; l’opposizione dei network (Rai, Mediaset e altre reti) che hanno sciolto l’associazione “Tv e minori” prevista nel codice per sostenere il Comitato e permettere che potessero essere passati al vaglio i programmi. «Le emittenti e l’Agcom, che spesso si schiera a fianco delle tv, sarebbero ben felici se il Comitato scomparisse», sostiene il segretario nazionale dell’Aiart, Domenico Infante, anche lui rappresentante degli utenti in seno all’organismo. E Del Grosso sottolinea: «In questi anni è notevolmente diminuita la sensibilità delle istituzioni, in particolare dell’Agcom, per la questione della protezione dei telespettatori più giovani».Il via libera per legge ai palinsesti senza tutele è stato un macigno per il Comitato. «Le attuali norme – spiega Manna – hanno sdoganato le trasmissioni vietate ai minori di 14 anni o quelle violente, volgari e a sfondo sessuale a tutte le ore del giorno, mentre in precedenza potevano andare in onda soltanto dopo le 22.30. In pratica le reti possono programmare ciò che vogliono. Per rispettare le legge è sufficiente che inseriscano il bollino rosso con cui avvertono che la trasmissione non è adatta ai minori e che con un video-annuncio invitino ad attivare il fragile filtro del parental control». Non solo. «Spetta alle stesse emittenti decidere quali programmi siano adatti a tutti e quali nocivi per i ragazzi. Ma, quando all’interno del Comitato i rappresentanti degli spettatori contestano le classificazioni delle reti, vengono messi in minoranza». Perché i componenti espressione degli utenti sono cinque su quindici (gli altri sono divisi a metà fra le reti e le istituzioni). «E va detto che spesso i membri delle tv e delle istituzioni votano insieme», rivela la sociologa. Infante chiarisce: «Il parental control che dovrebbe proteggere i ragazzi dai programmi pericolosi è un paravento. Due terzi delle famiglie non lo attivano e la Rai non è ancora in grado di avvalersene per motivi tecnici».Al Comitato arrivano, comunque, meno segnalazioni da parte del pubblico e delle associazioni. Anche perché il sito dell’organismo è da mesi in attesa di essere rinnovato. «La mancata pubblicizzazione della nostra attività – attesta il vice-presidente – comporta una scarsa condivisione». Sulla stessa lunghezza d’onda Infante: «La riduzione delle pratiche dimostra che le famiglie non sentono più di avere al loro fianco il Comitato». L’organismo arranca. «Ormai siamo passati da due riunioni al mese a una soltanto», racconta il segretario Aiart. «Già dopo la sua ricostituzione il Comitato ha cominciato a perdere pezzi – riferisce Del Grosso –. Oggi i titolari sono rimasti dieci. Ed è successo che, anche considerando i quindici supplenti, non sia stata assicurata la presenza minima per tenere una riunione». Infante accusa: «Chi ha collezionato troppe assenze non è stato sostituito dal ministero dello Sviluppo economico. Per questo chiedo: il governo vuole che il Comitato funzioni oppure no?». A tutto ciò si aggiunge la scelta delle reti di cancellare l’associazione “Tv e minori” e di licenziare i quattro dipendenti impiegati nel Comitato. «Erano esperti della materia – insiste Manna – e svolgevano un lavoro preziosissimo. Adesso c’è il personale giunto da alcuni dicasteri che non ha un’adeguata formazione». Il clima è di apprensione. «Ci sentiamo con le mani legate – conclude la sociologa –. Abbiamo pensato di lasciare l’incarico. Il nostro è un impegno tutto volontario». Invece meglio stringere i denti. «Andiamo avanti», annuncia Manna. Sperando in un cambio di rotta.
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