mercoledì 6 maggio 2020
La storia dell’uomo che creò la Bank of Italy, base di quella Usa. Nato 150 anni fa in California da emigrati liguri, era solito dire: «Nessun ricco possiede la ricchezza, ma ne è posseduto»
Amadeo Pietro Giannini (1870-1949) nel 1927

Amadeo Pietro Giannini (1870-1949) nel 1927 - WikiCommons

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Il 6 maggio di 150 anni fa nasceva a San Josè, in una California in piena “corsa all’oro”, da una povera famiglia di migranti proveniente dal piccolo borgo ligure di Favale di Malgaro, Amadeo Peter Giannini. Costretto ad assistere all’età di sei anni alla morte del padre Luigi, ucciso da un bracciante non intenzionato a restituire un dollaro di debito, vide la madre locandiera, Virginia, prendere un anno dopo un nuovo amorevole marito, Lorenzo Scatena, che in poco tempo divenne uno stimato grossista di frutta e verdura sui moli della baia di San Francisco. Proseguendo gli studi, Amadeo lavorò attivamente per la Lorenzo Scatena&Company, meritandosi il 50% della società, che nel 1901 decise di rivendere ai dipendenti con il solo impegno di pagarlo con i futuri guadagni. «Nessun ricco possiede la ricchezza, ma ne è posseduto» scrisse un anno dopo, quando, alla morte del suocero Flores Cuneo, fu chiamato ad amministrarne l’intero patrimonio di circa mezzo milione di dollari, comprensivo delle azioni di una delle principali banche di San Francisco, la Columbus Saving & Loan, che gli offrì di collaborare come dirigente.

Neanche in questo ruolo, tuttavia, Giannini restò più di due anni, contrario a logiche creditizie atte a incontrare solo ricchi possidenti a scapito di quei tanti poveri, soprattutto emigranti italiani, giunti in California senz’arte né parte ma bramosi a lavorare. Il 17 ottobre 1904, Giannini aprì così la prima “filiale” della Bank of Italy, investendovi tutti i suoi averi e concedendo prestiti a partire da 25 dollari, anziché dai 200 delle altre banche: come garanzia, guardava i calli sulle mani. Decise che nessuno potesse possedere più di cento delle 3000 azioni distribuite e ne limitò il valore a un massimo di 100 dollari: le sottoscrissero fornai, pescatori, droghieri, idraulici, barbieri. Il 18 aprile 1906, quando i depositi superavano il milione di dollari, un terremoto di proporzioni bibliche distrusse San Francisco, e fu allora che si rivelarono più che mai forza d’animo e genio di Giannini, che usò i carretti del patrigno per trasportare, sotto le verdure, il denaro e l’oro della Bank of Italy, mentre le altre banche della città, a causa degli incendi, avevano perso fondi e libri contabili. Affisse su un edificio semidistrutto rilevato un vistoso cartello: «Prestiti come prima, più di prima», vedendo la nuova Bank of Italy presa d’assalto. Emblema di sicurezza, integrità e ottimismo, Giannini rese la comunità italiana protagonista della ricostruzione, attirando investitori e aprendo numerose filiali, alle quali impose che tra gli azionisti sedessero artigiani, commercianti e coltivatori, locali come gli stessi impiegati, cui era richiesta la conoscenza di più lingue.

Alla fine del 1912, i depositi ammontavano a oltre 11 milioni dollari e, mentre molti banchieri chiedevano interessi attorno al 20%, Giannini li tenne attorno al 6%: tra gli altri, ne beneficiò la First National Distributors, per la realizzazione del film Il monello di Charlie Chaplin. Nel 1922, quando la Bank of Italy disponeva di 61 filiali, i consiglieri proposero di offrire a Giannini, oltre allo stipendio, un premio di 50mila dollari: egli rifiutò, affermando che «chiunque desiderasse possedere più di mezzo milione di dollari avrebbe dovuto correre dallo psichiatra ». Un principio per il quale nel 1928, quando ricavò utili per un milione e mezzo di dollari, decise di devolvere l’intero ammontare all’Università della California, per ricerche sulle tecnologie agricole. Nello stesso periodo intuì la genialità dell’amico Walt Disney, sul quale puntò tanto per i primi cortometraggi di Topolino quanto per il primo storico lungometraggio a colori, Biancaneve e i sette nani, con risultati oltre ogni aspettativa nel mondo. Nel 1930, i tempi furono maturi per vedere la Bank of Italy assumere il nome di Bank of America National Trust and Saving Association, con un significativo epilogo: sui prestiti senza garanzia, era stato rimborsato il 96% del totale sborsato. Non lo scalfirono né la Grande depressione né la poliomielite che lo colpì nel 1931, quando iniziò a finanziare l’amico emigrante siciliano Frank Capra per alcune pellicole che avrebbero fatto la storia del cinema. Nel 1932 invece, un visionario ingegnere, Joseph Strass, non trovando finanziatori, ebbe l’ispirazione di rivolgersi a Giannini: ne nacque il grande Golden Gate, ponte pioneristico finanziato con l’unico “interesse” di impiegare gli operai disoccupati della città.

Nel 1934, la Bank of America contava 423 filiali in 255 città della California e, tra il 1936 e il 1952, finanziò oltre 500 film. Durante la Seconda guerra mondiale, Amedeo incaricò il figlio Mario di occuparsi degli italiani confinati nei campi di internamento, quindi anticipò senza interessi gli importi di tutte le spedizioni dirette in Italia attraverso il Piano Marshall. Quando nell’ottobre del 1945, a 75 anni, ne lasciò definitivamente la presidenza, la Bank of America era diventata la più grande banca del mondo.

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