lunedì 22 gennaio 2024
La disciplina è una variante senza contatto del tradizionale football americano: per fermare l’avversario bisogna staccare la bandierina attaccata alla cintura
Una partita di flag football sport molto simile al football americano ma senza contatto

Una partita di flag football sport molto simile al football americano ma senza contatto - Fidaf

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Quelli del touchdown sbarcano ai Giochi. Ma non sono i bestioni del football americano classico, bensì i più agili e scattanti cacciatori di bandierine della versione flag. Appuntamento a Los Angeles nel 2028 per vedere per la prima volta in azione nel contesto olimpico uno sport tipicamente a stelle e strisce, ma nel quale l’Italia recentemente ha fatto parlare di sé fuori dal campo, per saluti romani o nostalgie per il Ventennio fascista. Qui ci soffermiamo sugli aspetti sportivi e diamo voce a un movimento che sogna i cinque cerchi.

«Speravamo in questo ingresso, perché la Federazione internazionale dal 2019 in avanti ha cominciato una incessante azione di promozione. Nel 2022 siamo stati inseriti come disciplina dimostrativa ai World Games (le Olimpiadi degli sport non olimpici) di Birmingham in Alabama, ma poi il cammino ha subito un’accelerazione nell’estate scorsa, quando si sono intensificati i colloqui con gli organizzatori americani e col Cio», racconta Alessandro Zarbo, team manager delle rappresentative azzurre.

Fondamentale per avere la strada spianata è stato l’appoggio della Nfl, la lega professionistica statunitense, che ha capito come l’ingresso nell’agenda olimpica del flag avrebbe generato ripercussioni positive sul campionato più famoso del globo. Sarà un unicum l’edizione californiana, oppure ci sarà un seguito anche a Brisbane? Prematuro affermarlo adesso, quando ancora non sono note le formule dei due tornei che andranno in scena nel 2028.


Nato negli States, adesso è pronto a debuttare ai Giochi del 2028 a Los Angeles. Oggi il nostro Paese è secondo nel ranking dopo gli Usa. Il team manager azzurro Zarbo: «Abbiamo duemila praticanti e puntiamo a coinvolgere anche le donne»

È certo invece come l’Italia sia ottimamente piazzata nel ranking mondiale: seconda in campo maschile, sesta tra le donne. «Nel nostro Paese – continua Zarbo – i campionati Seniores sono tre. Uno femminile a 14 squadre dove le campionesse in carica sono le Mad Cats Milano, e due maschili: la prima divisione a 12 team (il detentore è il Refoli Trieste) e la seconda a 39 squadre miste, detenuta dai Lions Bergamo. I praticanti sono circa duemila, per lo più in Lombardia, la regione con la più ricca tradizione nel football americano».

Ovviamente nessuno è professionista, il flag si gioca dopo il lavoro o la scuola, ma in Nazionale gli oriundi (professionisti all’estero) sono solo un paio. «Storicamente il flag era considerato un passaggio intermedio verso il football americano tradizionale, adesso la concezione è cambiata, perché ci sono atleti specialisti che non puntano a transitare al classico».

In campo scendono due squadre di cinque giocatori, una attacca, l’altra si difende. Nel team offensivo sono presenti il quarterback, che è il direttore d’orchestra, un centro, che muove la palla per avviare l’azione, e tre ricevitori che dovranno acchiappare l’ovale lanciato dal regista e portarlo in meta. A differenza del tackle football (la versione che si gioca in Nfl), nel flag non esiste il running back, perché la palla si lancia sempre, il campo è più piccolo (due quadrati di 25 metri, più 10 yard di end zone) e soprattutto non si vedono i placcaggi. Per fermare l’avversario non occorre buttarlo a terra, ma è sufficiente staccare una delle due bandierine (da qui il nome flag) attaccate alla cintura.

È uno sport senza contatto, pertanto meno pericoloso dell’altro e quindi senza necessità di avere un fisico oltre la norma. Inoltre la dinamica è molto veloce. Partendo dalle proprie 5 yard, il team in attacco ha quattro tentativi per superare la metà campo e successivamente altri quattro per andare a meta. Non occorre quindi completare il down da 10 yard come avviene nel tackle e di conseguenza raramente una partita dura più di un’ora e un quarto: due tempi da 18 minuti effettivi più gli ultimi due minuti gestiti dall’arbitro a uso e consumo delle tv.

Il touchdown vale sei punti, mentre la trasformazione successiva ne porta in dote due se l’azione muove dalle 10 yard o uno se la palla è sulle 5 yard. Non esistono i calci e pertanto in campo non ci sono i pali, così come è bandito ogni gioco di piede, quindi nella rosa non trovano posto i punter o i kicker. Nella fase difensiva in campo di sono quattro defensive back, i marcatori dei ricevitori, e un blitzer, che partendo a 7 yard di distanza dalla palla e mantenendo un braccio alzato ha il compito di raggiungere il quarterback e fare il sack, ossia togliergli la bandierina.

«Oggi negli Stati Uniti a scegliere il flag sono coloro che non riescono a giocare in Nfl, quindi i giocatori provenienti dal tackle hanno alzato la qualità e abbassato l’età media. Per incentivare anche in Italia il passaggio da una specialità all’altra, i campionati del flag si svolgono da luglio a ottobre, dopo la conclusione della stagione tradizionale».

Un asso che il flag potrebbe calare sul tavolo per restare all’interno dei Giochi è la sua promiscuità: «Nel nostro sport è normale che le squadre siano composte da uomini e da donne, perché non essendoci contatto le ragazze non sono penalizzate». Ovviamente la prospettiva olimpica avrà conseguenze anche a livello federale.

«Attualmente – conclude Zarbo – la Federazione Italiana di American Football (Fidaf) è una disciplina sportiva associata (Dsa). Da qui al 2028 l’obiettivo è diventare una Federazione sportiva nazionale (Fsn) ». Intanto il prossimo agosto ci saranno i Mondiali in Finlandia, mentre nel 2025 i World Games in Cina. Due occasioni in cui l’Italia maschile dovrà confermarsi come seconda potenza mondiale dietro gli States nell’arte di rubare la bandierina.




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