giovedì 5 maggio 2011
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Il suo «sguardo profon­do sull’essere umano» è evidente, noto. Ma nell’esprimere la sua visio­ne della vita e delle perso­ne, intrisa di fede, mostra riservatezza, quasi pudore: perché la considera «un’esperienza molto intima», mentre desidera che i pro­tagonisti dei suoi libri e dei suoi reportage rimangano in primo piano e lui sullo sfondo, come semplice narratore di storie viste da vicino. Padre Tomasz J. Chlebowski, poeta pluri­premiato e studente tren­tasettenne alla Pontificia Università della Santa Cro­ce, entra in punta di piedi nell’esistenza del reporter Ryszard Kapuscinski, suo connazionale, per svelarne la spiritualità discreta, mai sbandierata. Ne danno u­no spaccato intenso e sin­tetico due brevi liriche del famoso reporter scompar­so nel 2007, che «si è gua­dagnato un posto nella storia del giornalismo del Novecento con il suo lavo­ro in Africa, in America La­tina e in Russia».«E non mi è rimasto altro che Dio / significa / è ri­masto tutto / se credi»: versi lapidari, nella loro essenzialità. E nella poesia intitolata 'Rosario', Kapu­scinski afferma: «Di legno / di osso / di vetro / decina dopo decina / infilzato / annodato / minuzzoli ar­rotati / con cui componi la strada / per il cielo». Parole che attestano limpida­mente come la gerarchia dei suoi valori fosse «fino in fondo intrisa dello spiri­to del Vangelo», sottolinea ancora Chlebowski nell’in­tervento su 'La fede e la religione secondo Ryszard Kapuscinski', che svolgerà oggi a Roma al convegno 'Scrittori del Novecento e mistero cristiano'. Autore di tanti libri di suc­cesso, ritenuto un maestro da molti giornalisti, lo scrittore polacco «non si presenta come un cristia­no dichiarato, anche se al­la domanda sulla sua fede rispondeva di essere catto­lico », afferma Chlebowski, citando i ricordi di Jerzy Nowak, uno degli amici del reporter: «Non tollera­va la cattiveria, la disugua­glianza e la miseria, tanto che si creò una sua conce­zione di autosacrificio. […] Ryszard era colpito da San Francesco e dalla sua con­cezione della ricompensa delle colpe, anche di quel­le non commesse da noi. Questo può sembrare in­genuo, ma viveva con la sensazione della missione, la missione francescana di salvare del mondo». E pro- segue: «Gli è stata data la possibilità di rendere con­sapevole il mondo di che cosa succede in Africa, sentiva il dovere di parlare alle coscienze umane. E per dare testimonianza doveva vivere tra gli uomi­ni che descriveva, dividere, per quanto riusciva, con loro la sorte, prendere le loro malattie, insieme pro­vare la fame. Era pronto a sacrificare la salute e la vi­ta».Chlebowski analizza l’ap­proccio alla fede di Kapu­scinski; in una delle inter­viste rilasciate, sostiene: «Non scrivo nei miei re­portage direttamente di Dio, perché il reportage forse non è un genere per considerazioni metafisi­che. Tuttavia mi sembra che la discussione della vi­ta spirituale degli uomini è uno dei temi più impor­tanti dei tempi moderni». Il bisogno di trascendenza viene riconosciuto nelle culture intercettate: «Già la prima esperienza all’este­ro del reporter aveva come obiettivo rilevare l’impor­tanza della dimensione re­ligiosa degli uomini del luogo. Durante il soggior­no in India si sorprende perché le divinità indiane 'non si fanno concorrenza tra loro, ma coesistono in armonia e unità'». Questa concezione della religiosità fondata sulla comprensione degli altri parte di un imprinting dia­logico: nella sua città nata­le, Pinsk, convivevano di­versi credenti. Suo padre, insegnante, il sabato ac­compagnava i bambini e­brei in sinagoga, la dome­nica alla chiesa ortodossa o cattolica. L’humus multi­religioso ha contribuito a formare in Ryszard «la straordinaria apertura mentale verso gli altri e le diverse confessioni religio­se ». Successivamente, in base alle sue osservazioni, affermerà che l’«uomo del Terzo Mondo» è molto più religioso di quello occi­dentale. Ma l’attenzione all’incontro tra spiritualità, civiltà e culture, in vista di un «miglioramento della situazione d’ogni uomo, affinché possa vivere con la dignità che merita e nel reciproco rispetto della di­versità », resterà sempre un chiodo fisso per Kapuscin­ski. Di estrema attualità.
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