martedì 24 settembre 2019
Arriva in italiano l’ultima raccolta della vincitrice del premio Pulitzer nel 1996: «Scrivere poesie significa entrare in un fiume infinito, in molte lingue e persino in molteplici forme d’arte»
La poetessa Jorie Graham nel suo studio all’Università di Harvard

La poetessa Jorie Graham nel suo studio all’Università di Harvard

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Jorie Graham, premio Pulitzer per la poesia nel 1996, ricopre a Harvard la cattedra che fu di Seamus Heaney. La sua poesia è stata paragonata dal “New York Times” al rock di Bob Dylan per la potenza espressiva con cui ha modificato irreversibilmente il panorama culturale. In questi giorni esce per Garzanti la sua ultima raccolta, Fast (traduzione di Antonella Francini, pagine 288, euro 20). «Scrivere poesie – ha confessato la Graham, premio Nonino nel 2013 – significa entrare in un fiume infinito, in molte lingue e persino in molteplici forme d’arte, oltre che nella storia, nella filosofia e nella scienza. Se i poeti non parlano adesso, chi lo farà?».

Professoressa Graham, quali sono le seduzioni del postumano di cui parla nella silloge?

Sono le stesse seduzioni di tutti gli impulsi totalitari – e di ogni altra abdicazione dell’umanità individuale – , e sono le seduzioni di una sospensione dagli obblighi della moralità – cioè l’imperativo di mantenere un centro morale, di agire secondo un nucleo etico, di sentire il 'pizzico' della coscienza, riconoscere il bene e il male, provare empatia, comprendere i nostri limiti, osservare i diritti di un 'altro', sentire e rispettare l’'alterità' sia delle altre persone che degli altri esseri viventi. L’uomo è una creatura gravata dalla moralità. Ha un disperato bisogno di abbandonare i propri obblighi in questo senso. Fa troppo male provare non solo la sensazione – e gli uomini sono felici di scambiare la sensazione con l’informazione, la conoscenza del corpo con la conoscenza della macchina – ma anche i sentimenti che accompagnano o sorgono dal proprio nucleo etico. C’è un’enorme differenza tra informazione e conoscenza. Quest’ultima può condurre alla saggezza. L’informazione, invece, può solo portare a maggiori informazioni. È sterile.

Il titolo del libro allude all’eccessiva velocità con cui stiamo modificando le nostre abitudini...

Sì, in qualità di aggettivo. Ma in qualità di verbo, 'digiunare', significa anche rinunciare a mangiare volontariamente, rinunciare al nutrimento reale, al frutto della vita, al frutto che desideravamo così tanto nel giardino originale, così tanto che abbiamo disobbedito a Dio per mangiare quel frutto. Ora siamo disposti a soffrire la fame – a non mangiare il frutto della conoscenza –, per avere quella fame che accompagna velocità e accesso. Il desiderio di essere ovunque e subito sta prevalendo sul desiderio di essere da qualche parte. Per 'essere da qualche parte' devi rinunciare a cercare di essere 'ovunque'. L’esperienza corporea – l’esperienza dell’evanescenza, del mistero della carne, della tua stessa mortalità – te lo dice. Non puoi cercare te stesso su Google per capire dove sei veramente. Eppure, ti convincono che puoi. Ma non troverai il tuo posto sulla terra, troverai soltanto la tua posizione su una mappa. È una dipendenza come qualsiasi altra, ma è la dipendenza più potente che abbiamo mai creato.

Fast parla anche della Sacra Sindone...

Sì, il libro cerca tutte le modalità in cui gli uomini hanno lasciato una traccia. Un atto corporeo tangibile. La Sacra Sindone, qualunque cosa sia, è fatta di fluidi corporei, tracce di sofferenza e di scelta umana. Scelta di fronte al destino. Di fronte all’incomprensibile. Scelta fatta per istinto, con informazioni insufficienti, un salto di fiducia. Scelta umana, in altre parole. Una macchina intelligente avrebbe visto molto rapidamente, in modo algoritmico, come non finire su quella croce. E dove saremmo, allora?

Qual è il legame tra la sua poesia e il mondo spirituale, metafisico?

Che moriamo. Questo è il legame. Che sappiamo di vivere e non sappiamo cosa sia la vita – quindi la subiamo come un mistero. E che moriamo e non sappiamo cosa sia la morte. Una macchina ci convincerà che possiamo risolvere questo problema. Non sono sicura che senso avrebbe vivere, allora. Reddito minimo di base? Sopravvivenza senza dignità di lavoro o lotta? Potremmo anche prendere una pillola per diventare amnesici totali. Il che è praticamente ciò che i nostri smartphone e i social ci stanno imponendo di fare. Ogni volta che premiamo il pulsante 'mi piace', stiamo intraprendendo una piccola cancellazione di ciò che veramente significa scegliere e amare, e ancor di più della complessità di 'ciò che piace'.

A proposito: i social...

Questo è, appunto, il modello di business che segue Facebook. E, attenzione, non è un effetto collaterale. È ciò per cui è stato creato. Per controllare totalmente ed essere in grado di scegliere il target adatto di gran parte dell’umanità. Nessun dittatore è stato in grado di farlo nella storia dell’umanità. Ma siamo diventati noi stessi il dittatore definitivo attraverso queste minuscole abdicazioni quotidiane, quasi invisibili, di responsabilità. La sostituzione della scelta con la falsa scelta. Consiglio a tutti di guardare un film intitolato The Great Hack - Privacy violata su Netflix. Le nostre scelte non sono le nostre scelte. In alcuni angoli dell’anima, ovviamente, prevale l’umanità. Non siamo ancora completamente hackerati. Qualcosa in ognuno di noi resiste. Ma ci dobbiamo svegliare presto. Stiamo lasciando che le tecnologie assumano il difficile compito di 'vivere' per noi, perché siamo così esausti. E non possiamo permetterci di essere esausti. Ci è stato dato un giardino dell’Eden che stiamo distruggendo. 'Prendersi cura' del pianeta implica ammirazione, divertimento, esperienza di estasi, mistero e bellezza. Ma noi vogliamo sbarazzarci a tutti i costi della nostra soggettività. Per le persone che preferiscono aumentare l’intorpidimento, la sensazione del 'sentire' si avvicina a una forma di dolore.

La sua poesia esplora le dualità dell’esistenza. Qual è il nesso con la filosofia e le scienze cognitive?

Ogni poesia scritta nel corso di una vita è la registrazione di un corpo e un’anima, nello spazio e nel tempo, entro un’unica esistenza mortale. Non si può dividere in categorie di esperienze separate. La mente umana organizza l’esperienza in quel modo, ma l’artista non la sperimenta così. Ovviamente le nostre menti organizzano l’esperienza per poterne dare un senso. Ma scrivere una poesia è come attraversare un fiume, e ogni volta devo imparare a intervenire nuovamente. Non vedo questo filo d’acqua separato da quel filo d’acqua. Spero solo di trovare la corrente. Direi che la maggior parte degli esseri umani vive in questo modo, quando cerca di vivere al massimo. Direi persino che devi entrare in quel fiume per fare qualsiasi tipo di vera scelta. Perché quel fiume è anche il tuo corpo. Ma non posso parlare per gli altri. Ognuno ha il proprio fiume.

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