giovedì 5 maggio 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
Francesco Biribanti ha schiacciato il dito sul mappamondo, ed è uscita Teheran. Un volo storico fino alla capitale persiana: Biribanti è il primo giocatore italiano di pallavolo a militare nel campionato iraniano. Dopo aver fatto lo “schiacciatore” per tutta Italia da Treviso - è cresciuto nella Sisley - alla calabra Corigliano, ora lavora sotto rete per il prestigioso Paykan Teheran, vincitore degli ultimi 5 titoli iraniani di fila e detentore della Coppa d’Asia. Un’avventura che ha preso con il solito spirito appassionato e guascone, questo gigante ternano classe 1976 che per affinità elettive è lo “Zampagna della pallavolo”. In Iran Biribanti c’è arrivato passando per il Montenegro, «giocavo nel Budva. Mi schieravano solo per le gare di Champions. E poi a un certo punto hanno smesso di pagarmi...». Una condizione imprescindibile nella sua filosofia. «Non sono un venale, ma la vita dello sportivo professionista è breve e vorrei cercare di guadagnare ancora un po’ nei prossimi 3-4 anni, in modo da garantirmi un futuro tranquillo». Intanto il presente è in un appartamento a un’ora dal centro di Teheran, dove ha aperto la strada all’arrivo di Julio Velasco, nuovo ct della nazionale iraniana. «A dire la verità la loro prima scelta era caduta su Silvano Prandi che è stato il mio coach a Modena, poi hanno ripiegato su Velasco». Un ripiego di lusso, visto che l’Iran si è affidata al plurititolato ex ct della Nazionale, in cui Biribanti fece il suo debutto proprio su convocazione del tecnico argentino. «Velasco mi chiamò una sola volta quando ero “piccolo”, avevo 22 anni. Poi ho vinto un Europeo nel 2003 e sono stato 3 anni nel gruppo azzurro di Paolo Montali che mi ha mandato via un’ora prima che l’aereo decollasse per i Giochi di Atene 2004. Al mio posto chiamò il bulgaro, Simeonov che non aveva fatto neppure un allenamento con l’Italia...». Una ferita aperta nel suo passato, che è una terra straniera quanto l’Iran, in cui punta a vincere il suo secondo titolo nazionale in carriera, dopo quello conquistato a Treviso nel lontano 1996. Le premesse ci sono tutte per questa squadra, terza all’ultima Champions, che ha appena staccato il pass per la finalissima scudetto dopo una semifinale “bollente” con il Kashan.«Per la prima volta da quando sono qui ho visto scene di violenza: 200-300 tifosi ospiti inferociti che hanno cominciato a tirare in campo bottiglie, chiodi, accendini. A me è arrivato uno swatch in faccia e la ciliegina è stato un petardo che ha strappato un un pezzo di parquet e sono dovuti correre ad incollarlo». Momenti caldi come i 30° di questi giorni a Teheran dove però lo schiacciatore italiano assicura: «La gente ha un grande spirito di accoglienza, tutti sono estremamente educati e mi fermano in continuazione a chiedermi gli autografi». Piacevolmente stupito dall’atteggiamento popolare, così come dal livello del volley iraniano. «Si gioca una grande pallavolo e sono tutti talenti locali. Nel campionato oltre a me hanno tesserato solo due brasiliani e un bulgaro. Gli ingaggi? Un buon giocatore arriva a prendere sui 250-300 mila dollari a stagione. In Italia per lo stesso pallavolista non si arriva a 100mila euro». Clima giusto, ottimi guadagni, ma il punto debole sono gli impianti sportivi. «La maggior parte sono bruttini e poco funzionali. Quello del Paykan è il migliore, ma le nostre docce sono fuori dal palazzetto... Quando i miei compagni si lavano devono tenere le mutande. Inoltre è usanza che al capitano i più giovani lavino le spalle». Il capitano, Amir Hosseini, è anche il ct della nazionale femminile e la pallavolo con il calcio è lo sport più amato dalle donne iraniane. «In ogni palazzetto c’è un settore apposta per le donne, tutte con il viso coperto dal velo naturalmente: fanno un tifo spietato e riempiono d’insulti la squadra ospite. E anche noi se sbagliamo troppo». Parolacce volano anche in campo, ma poi c’è sempre un terzo tempo per espiare. «I miei compagni pregano continuamente. Prima di ogni partita poi c’è un rito imprescindibile: uno per uno sfilano davanti al custode che tiene in mano il Corano, baciano il libro tre volte e poi ci passano sotto... Sono l’unico cristiano, ma non mi hanno mai chiesto di farlo, hanno un profondo rispetto per il mio credo religioso». Un mondo quasi perfetto per vivere e giocare, ma non il massimo per un italiano, quanto a mangiare e dormire. «Da quattro mesi vado avanti a riso e pollo, nient’altro. Ho perso 4-5 chili, ma in compenso sono un fascio di muscoli tesi, in forma come neanche a vent’anni. Del resto non puoi permetterti nient’altro. Se ce la fai, sottobanco, ma stando molto attento a non trasgredire le leggi coraniche, puoi avere una bottiglia di birra o di vino, ma devi pagare dai 15 ai 60 euro. In ritiro sia in casa che fuori, i miei compagni non conoscono il letto. Per dormire, tutti sdraiati sui tappeti o una semplice coperta a terra. Io anche in questo resto fedele alla nostra tradizione, un bel due piazze e sogni d’oro». Il suo prossimo sogno è quello di una notte di mezza estate. «A luglio vorrei tanto partecipare con il Paykan alla Coppa d’Asia, in Indonesia. Rimarrò in Iran? Ho avuto offerte dalla Turchia e da Dubai. Ma il mio futuro, da “grande”, sarà in Italia. La mia fidanzata Serena mi ha raggiunto a Teheran per le finali scudetto, ma poi torneremo a Terni, lì mi piacerebbe che crescesse il figlio che desideriamo. E poi vorrei aprire un ristorantino, dove invitare Zampagna e quegli amici veri ai quali poter raccontare un giorno di quando ero finito a giocare a pallavolo a Teheran».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: