giovedì 19 maggio 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
«In Italia dovremmo insegnare la chimica già nella scuola materna, per poter colmare i ritardi causati da decenni di indifferenza per la scienza di Alberto Magno e Raimondo Lullo. Solo un forte rilancio di  questa disciplina ci permetterebbe di affrontare la competizione con le nuove potenze della scienza, che oggi si svolge in gran parte proprio  sul terreno della chimica». Non è una battuta, la chimica all’asilo, ma una brillante, anche se provocatoria, proposta, lanciata da Enrico Drioli, che insegna Chimica ed elettrochimica all’Università della Calabria e ha ricevuto numerosi riconoscimenti accademici a livello internazionale per le sue ricerche sulle membrane artificiali.Professore, nelle nuove tecnopoli che spuntano in Oriente e Medio Oriente la chimica tende ad assumere il ruolo di scienza regina. Come partecipa l’Italia a questo risveglio?«Assistiamo alla nascita di vere "città della scienza". E spesso a dirigere le ricerche, o comunque a portarle avanti da posizioni di alta responsabilità, sono talenti italiani. La chimica italiana è presente con eccellenti individualità, ma il sistema Italia è assente. Colpisce il fatto che in molti Paesi a questa disciplina siano dedicati non soltanto dipartimenti o istituti (come da noi) ma intere università. In Arabia Saudita, in Kuwait e negli Emirati Arabi sono stati realizzati massicci investimenti per l’apertura di nuovi atenei, per esempio la Kaust (King Abdullah University of Science and Technology) a Gedda, o tecnopoli come il Masdar ("sorgente") ad Abu Dhabi. Penso inoltre alla World Class University di Seul, in Corea, che ha attratto ventisette Premi Nobel e ad analoghi programmi in corso a Singapore e in Cina. E mentre in queste sedi si introducono nell’affascinante regno della chimica schiere di migliaia e migliaia di giovani stimolati e motivati, provenienti da tutto il mondo, in Italia le ore di chimica vengono tagliate e si chiudono i laboratori. Nelle nostre scuole, in pratica, questa disciplina non si insegna più; negli atenei, i laureati in Chimica e in Ingegneria chimica sono in netta diminuzione».Perché da noi si acuisce il rifiuto della chimica (perfino come studio)?«La pessima fama di cui gode questa disciplina rimanda a una delle questioni di base della nostra società e della civiltà occidentale. Spesso la mancata conoscenza della chimica è all’origine delle preoccupazioni legate allo sviluppo industriale, all’impatto ambientale, alla qualità delle acque. Il più accelerato ritmo di crescita, il maggior numero di persone coinvolte nello sviluppo dell’industria, non accompagnato da un’adeguata comprensione delle trasformazioni in atto, scatena i timori. La paura della chimica negli adulti è come la paura del buio per i bambini. È l’effetto della non conoscenza. Perciò bisognerebbe spiegare la chimica fin dalla scuola materna. Solo così attecchirebbe l’interesse per questa disciplina, per i suoi segreti da svelare».Quale grado di conoscenza della chimica occorre per rimuovere i sospetti che ne ostacolano il cammino?«Basterebbe che molti arrivassero a capire che oggi esistono le tecnologie per controllare, minimizzare e anche eliminare le emissioni tossiche e i fenomeni di inquinamento delle acque. Premessa: è ora di dire che emissioni tossiche e inquinamento delle acque (problemi di cui oggi tutti parlano, senza conoscerli bene) ci sono sempre stati e non hanno impedito un crescente miglioramento della qualità della nostra vita».La storia della chimica è fatta anche di gravi incidenti...«Ma la soluzione dipende sempre più da una maggiore conoscenza della chimica. In questa direzione, nonostante tutto, qualcosa si sta muovendo anche in Italia. Oggi sono già disponibili soluzioni per gran parte delle questioni create dall’inquinamento nelle sue varie forme, ambientali, alimentari, dell’aria».E allora perché la cosiddetta "chimica verde" non ha ancora raggiunto un soddisfacente ritmo di diffusione?«Sono i costi delle nuove tecnologie a rallentare le applicazioni su larga scala. Bisogna essere consapevoli che non affrontare un costo (anche elevato) oggi, significa dover sopportare costi molto più pesanti domani. È essenziale una più larga fiducia nel progresso scientifico, un riconoscimento del ruolo centrale della ricerca, per la soluzione di tutte queste difficoltà e di quelle che ci troveremo di fronte nel futuro».Con quali ricerche partirà lo scatto della nuova chimica?«Progressi sono in atto in vari campi. Quello in cui sono direttamente coinvolto, la scienza e l’ingegneria delle membrane, è un tipico esempio. La ricerca ci ha fatto scoprire diversi fenomeni che avvengono nei sistemi viventi, ottimizzati in milioni e milioni di anni di esercizio. I chimici e gli ingegneri chimici sono in grado di realizzare membrane artificiali e macchine basate sul loro impiego, che ben riproducono le operazioni che avvengono in natura. Queste ricerche gioveranno a tanti settori: la dissalazione delle acque, la realizzazione di celle a combustibile per motori elettrici, la purificazione di innumerevoli scarichi civili ed industriali e il reimpiego delle acque purificate. Nella vasta area delle applicazioni rientrano gli organi artificiali e gli organi ibridi a membrana, dal rene al fegato, dal pancreas al cervello. Si tratta di realtà poco note al grande pubblico, molto poco "televisive", ma già ben presenti, e in vari casi già dominanti nei rispettivi settori».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: