martedì 30 novembre 2021
Affetta dall’età di 12 anni da disturbo borderline della personalità la ragazza è partita con un rider e l’inviato delle “Iene”. La meta è «credere nella vita e tornare a sperare»
Il rider Simone Zignoli, Camilla e l’inviato delle “Iene” Matteo Viviani

Il rider Simone Zignoli, Camilla e l’inviato delle “Iene” Matteo Viviani

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Camilla ha tutto, è bellissima, ha vent’anni, è intelligente, ha un corpo sano e nessun difetto fisico. È quella che il mondo d’oggi definirebbe «perfetta». Ma il mondo d’oggi che idolatra la «perfezione» si scontra sempre più spesso con la fragilità di chi, prigioniero di un corpo invidiabile, ha un’anima che non si accontenta. Anela ad altro, Camilla, solo che non sa nemmeno lei a cosa, e dall’età di 12 anni si trova a combattere con un nemico implacabile, fortissimo, temibile: se stessa. Quando l’avversario lo hai dentro, per batterlo non hai altro modo che distruggere te stessa e questo Camilla lo sa fare molto bene. Via via, si nega l’amore degli altri, poi il cibo, infine l’autostima, si vede orribile dentro e fuori, è convinta di essere una fallita.

«Ho paura di pensare positivo», è il suo mantra, «perché ho paura che le cose vadano male», quindi rinuncia a sperare. Ma se non si spera, che vita è? Cosa possono fare due genitori di fronte al granito di un dolore ineluttabile? Mamma Lorella e papà Toni se ne inventano di tutti i colori, ma la tentazione di morire di Camilla è più forte di tutto, perché la loro bellissima figlia non fa i capricci – dicono gli psichiatri – ma è affetta da «disturbo borderline della personalità», un malessere tipico dei «troppo sensibili». Finché una sera Camilla spicca il volo, ma non verso l’alto: il 6 gennaio del 2020, mentre la madre la attende in sala per disfare insieme l’albero di Natale, spalanca la finestra del bagno al sesto piano, rimuove con cura la zanzariera e cade in silenzio per 25 metri.

È la terza volta che ci prova, ma è la terza volta che «Lassù non la vogliono, lei deve stare qua», racconta la madre. Incredibilmente rimedia solo qualche frattura, soprattutto si spezza male un femore, ma è viva e dopo una lunga degenza ritorna a combattere. È allora che la incontrano le “Iene”, che questa volta rinunciano alla loro natura e sfoderano la più profonda umanità: Il viaggio di Camilla, iniziato in prima serata su Italia 1 venerdì 26 novembre, racconterà in più puntate la bellissima/difficile avventura in cui l’inviato Matteo Viviani e l’adventure rider Simone Zignoli hanno trascinato la ragazza i mesi scorsi, portandola a cavallo di una potente moto ad esplorare l’Italia e la vita semplice, fatta di piedi nell’acqua e fruscio di foglie, di pleniluni e tramonti, di notti in tenda e caccia alle stelle. «Spero tanto di ricominciare a sperare», mormora Camilla alla vigilia della partenza, in un involontario gioco di parole che ben traduce la sua accorata aspettativa… Non sono nuove le Iene a sfide di questo genere.

I due inviati della trasmissione avevano già intrapreso viaggi «speciali», uno con Nathan, 15 anni soltanto ma già completamente dipendente da droghe e farmaci: con lui hanno viaggiato dal Cile all’Argentina, per aiutarlo a trovare la forza di liberarsi dalle sostanze. Poi di nuovo con Marika, costretta dalla nascita su una sedia a rotelle per via di una tetraparesi spastica: in giro per la Sardegna la rabbia e la rassegnazione si sono trasformate in un’inedita gioia di vivere. Indimenticabile anche l’avventura di Nicole Orlando - campionessa paralimpica vincitrice di ori e record del mondo nonostante quel cromosoma in più che chiamiamo sindrome di Down accompagnata dalle “Iene” in Islanda (Paese che non si vergogna di dichiararsi nazione «Down free», ovvero efficientissima nell’abortire tutti i cittadini come Nicole) per intervistare gli scienziati locali e chiedere a brutto muso «tu perché ci vuoi eliminare?».

Nel mondo della presunta perfezione, ora arriva Camilla a rompere gli schemi, perché lei non è drogata, non è paraplegica e nemmeno ha un cromosoma in più, lei ha tutto «in regola» eppure non ha la forza di Nicole e nemmeno la sua gioia di vivere. Per questo ci costringe a meditare, e qualora ci colga la tentazione di non credere al suo dolore, visto il trucco sapiente che sa darsi sul viso e i sorrisi sensuali da ragazza sicura di sé, basta quel volo di 25 metri per farci capire ciò che la sua psicoterapeuta afferma in trasmissione: «Non è un tentato suicidio, lì c’era una volontà estrema, è la risposta a un livello di sofferenza talmente elevato da non vedere altra via d’uscita. Sono stati sette anni di angoscia, schiacciata da un’ansia di giudizio diventato intollerabile».

A raccontare in televisione questi anni di tribolazioni è sua mamma Lorella. Ci conduce con sé sulle montagne russe che a giorni alterni proiettano la figlia in ascese stellari e poi la affondano in abissi di depressione. Non sono bastate nemmeno le tante comunità di recupero, i reparti di psichiatria infantile, le passioni sempre assecondate e in cui eccelleva (ginnastica artistica, karaté, pittura, teatro…): «È come fossi divisa a metà – spiega la stessa Camilla alle telecamere e in fondo a se stessa – , la Camilla che sta bene è ironica, simpatica e ama tantissimo la vita. Quella che sta male è molto insicura, triste, delusa». Il motociclista d’avventura Simone Zignoli si è portato in sella tutte e due, e tutte e due le vedremo nelle prossime puntate su Italia 1, la Camilla che assapora la vita e intravvede un senso più alto delle cose, la Camilla che teme a tal punto la delusione che preferisce non illudersi, «questo mondo non mi appartiene – grida e piange – sono stanca, non mi piace questo viaggio, voglio tornare a casa».

Vedremo alla fine quale prevarrà, certamente non basteranno una magnifica avventura su due ruote e l’incrollabile empatia di Zignoli a guarire Camilla, ma di sicuro lasceranno un segno e forse saranno un nuovo inizio. «Abbiamo provato tutto – spiega sua madre, che è una roccia – ma nessuno si è voluto prendere un carico così importante, me la rimandano a casa, e poi?», resta solo la «mototerapia », come la chiamano loro, «altrimenti non abbiamo altro, solo le 15 pillole al giorno che deve prendere». E allora eccolo il vero senso di questa testimonianza: la solitudine. Alla fine è questa la denuncia delle “Iene”, che sono politicamente scorrette e non pensano che il suicida abbia bisogno di una spinta dal ponte, ma di una mano che lo tiri su.

In giorni bui in cui sentiamo parlare di «diritto alla morte» e mai di diritto ad essere salvati, le “Iene” vanno controcorrente, forse consciamente o forse no, e ci sbattono in faccia l’unica verità: è troppo vile accettare la rinuncia di Camilla, facilitarle la strada verso il suo 'diritto' a non farcela, molto più dispendioso (in tutti i sensi) strapparla al suo nemico interiore. A noi torna in mente la storia di Noa, la 17enne olandese che nel 2019 sconvolse il mondo chiedendo ai genitori un «suicidio assistito in casa» e ottenendo la morte grazie a una «clinica specializzata» (in Olanda tutto è possibile…).

Bionda, bella, «perfetta» come Camilla, l’ultimo giorno aveva postato sui social una faccina che sorride e manda un bacio, con l’estremo saluto al mondo, «con amore, Noa». Anche Camilla subito prima del suo folle volo aveva postato un video, capelli sbarazzini colorati di verde e sorriso smagliante, ma che occhi tristi… Lei però è viva e adesso supplica, «io voglio essere felice». È il sogno di tutti ma, lo sappiamo, non è scontato. Scontato invece dovrebbe essere il diritto a provarci.

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