venerdì 27 settembre 2013
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Per gran parte dei bambini, soprattut­to nel mondo occi­dentale, l’accesso all’istru­zione è una pura formalità e l’andare a scuola una passeggiata, spesso resa ancora più gradevole da automobili o pulmini confortevoli e climatizzati. Ma non per tutti è così. Qualcuno deve lottare per la conoscenza, consapevo­le che studiare e imparare sono le uniche armi per sperare in un futuro mi­gliore.
Nel suo commoven­te documentario, Vado a scuola, in arrivo questa set­timana nelle nostre sale, il francese Pascal Plisson rac­conta la quotidiana avven­tura di quattro bambini che per raggiungere la pro­pria classe devono affron­tare ogni giorno un lun­ghissimo viaggio non privo di pericoli. L’idea gli è ve­nuta quando, realizzando un documentario sui gio­vanissimi guerrieri Masai, uno di loro gli ha confes­sato di voler cambiare vi­ta, di non voler più com­battere, ma andare a scuo­la. Da qui la voglia di cer­care in altre parti del mon­do altri bambini disposti a enormi fatiche e sacrifici pur di arrivare a scuola in orario. Jackson ha dieci anni e vi­ve in Kenya. Ogni mattina insieme alla sorellina per­corre a piedi quindici chi­lometri nella savana schi­vando pericolosissimi ele­fanti. L’undicenne Zahira, sulle tortuose montagne dell’Atlante, in Marocco, dove la temperatura d’in­verno scende a 25 gradi sotto zero, impiega addi­rittura un giorno intero per arrivare alla meta, un col­legio dove poi alloggerà per tutta la settimana. Samuel, un ragazzino del Sud del-­l’India, non può cammina­re, ma i suoi fratelli lo spin­gono fino a scuola per otto chilometri su una malcon­cia sedie a rotelle. Carlito infine percorre a cavallo con la sorella venticinque chilometri attraversando sterminati altopiani della Patagonia, in Argentina.
Per poter filmare questi piccoli eroi con naturalez­za e cogliere i momenti fondamentali della loro impresa, il regista si è piaz­zato ogni giorno sul loro cammino, senza modifica­re le loro abitudini, sugge­rire dialoghi o inserire la voce di un narratore fuori campo. Ciò che colpisce del docu­mentario non è solo il fat­to che questi bambini ri­schiano quotidianamente la vita per poter usufruire di un loro diritto, ma sono estremamente consapevo­li di quanto la scuola abbia un ruolo fondamentale per il loro futuro. Vogliono di­ventare medici e piloti, vo­gliono fare qualcosa non solo per la propria famiglia, ma per il paese in cui vivo­no e lottano con i denti per raggiungere il loro obietti­vo. Le scritte in coda al film ci raccontano che le cose stanno procedendo per il meglio. Jackson, ad esem­pio, grazie a una borsa di studio, alloggia un in col­legio e non deve più teme­re gli elefanti. E un giorno forse potrà volare in aereo su tutta l’Africa, come so­gna da sempre. 
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