domenica 30 gennaio 2011
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La stagione invernale si è aperta a dicembre, con alcune nevicate robuste. I turisti hanno cominciato ad arrivare alla spicciolata, percorrendo in macchina la strada che parte dalla pianura di Haouz e si inerpica per la valle di Ourika. Il Kenzi Louka, hotel da trecento posti letto, funziona a pieno regime nei fine settimana e le aspettative del migliaio di lavoratori della neve sono quelle di ripetere la stagione 2009-2010, la migliore degli ultimi dieci anni. Visti i nomi, non siamo ovviamente in una meta turistica alpina, ma in una landa africana: a Oukaimden, in Marocco, sui Monti Atlante, la più alta e meglio attrezzata stazione sciistica del continente, a una settantina di chilometri da Marrakesh. Se qualcuno fosse infatti stanco di solcare l’autostrada del Brennero, fare la coda per lo skipass e trovarsi su piste intasate di connazionali, e volesse un’alternativa veramente esotica, può sbizzarrirsi con il mappamondo. Lasciando da parte luoghi lontani ma ormai affermati, dalle Ande alle Montagne Rocciose in Usa all’isola di Hokkaido in Giappone. Con sei skilift, una seggiovia, tre piste verdi, quattro blu, otto rosse e tre nere, per un totale di 25 chilometri compresi tra 2.650 e 3.273 metri di altezza, Oukaimden è certamente una delle opzioni. Le altre che offre l’Africa, con il Kilimangiaro o i monti Simien in Etiopia ancora privi di impianti, non sono un gran che. Giusto Tikjda e Chrea in Algeria, rifiorite dopo essere diventate basi degli estremisti islamici del Gia (Gruppi islamici armati) negli anni ’90, Tiffindell sui monti dei Draghi, in Sudafrica, o il comprensorio Afri Ski costruito da imprenditori sudafricani sui monti Maluti, in Lesotho. Più interessante è il Medio Oriente. Per chi amasse il brivido di sciare in zone 'calde' – in senso geopolitico, ancor più che climatico – c’è il Monte Hermon, il cui versante siriano con le alture del Golan fu annesso da Israele durante la Guerra dei Sei giorni. Nei pressi di una postazione militare che monitora i movimenti di Siria e Libano (Mitzpe Shlagim, 'Vista sulla neve', a 2.200 metri), si dipanano 45 chilometri di tracciati di varia difficoltà. Sconsigliato vivamente dalla polizia il fuori pista, per il pericolo di incappare in qualche zona minata.Quest’anno anche il Monte Hermon ha beneficiato di 150 centimetri di neve caduti agli inizi di dicembre, una manna dopo due anni di magra. Tanto per stare in zone 'calde', passando in Libano, a poca distanza da quella Valle della Bekaa già roccaforte di Hezbollah, c’è il complesso sciistico di Faraya Mzaar, con 42 discese per un’ottantina di chilometri. Qui lo sci alpino vanta una storia quasi centenaria, essendovi stato introdotto nel 1913 da Ramez Ghazzoui, un ingegnere che tornò dai suoi studi in Svizzera con una strana passione per un paio di assi di legno da attaccare ai piedi. Nel 1950 c’erano già seggiovie funzionanti. Dal 1999 è stata ripresa la Settimana internazionale di sci, la principale competizione nazionale, e qualcuno sogna addirittura di candidare Faraya Mzaar assieme al complesso sciistico dei Cedri, località più piccola a due ore da Beirut, per future Olimpiadi invernali. Si scia anche in un Paese ricco di montagne come la Turchia: a nord di Antalya (Isparta e Usak), a nord di Ankara (Ilgaz nel Çankiri) e a Bursa. Il governo Erdogan ha più volte dichiarato di voler investire negli sport invernali e non è un caso che proprio venerdì scorso sia siano aperte a Erzurum, nell’Anatolia orientale, le Universiadi, i giochi per gli studenti/atleti universitari. Il clou del Medio Oriente resta però l’Iran. Sono tredici le stazioni sciistiche nel Paese degli ayatollah, di cui la più importante, Dizin, si avvicina agli standard europei (a parte forse gli impianti di risalita e le piste divise per sesso...). Ai piedi della catena montuosa dell’Alborz, a 110 chilometri dall’aeroporto internazionale di Teheran, la 'Cortina d’Ampezzo' persiana offre nevi Sabbondanti per quattro, cinque mesi all’anno, e discese spettacolari sopra i 3.000 metri. postandosi più a Est, si apre il capitolo Asia. Inutile cercare in Nepal, che nonostante le cime più alte del mondo non conosce strutture sciistiche. Sopperisce un poco più a sud l’India, con la cittadina di Gulmarg, nel Kashmir, discretamente attrezzata, con tanto di funivia e di vedute panoramiche del Nanga Parbat. La Cina , di cui anni fa si prevedeva una rapida ascesa nel business del turismo sulla neve, è rimasta invece in mezzo al guado. Yabuli, in Manciuria, nonostante una massiccia campagna di marketing non ha attratto le folle che le autorità locali speravano. Ping Tian, nella regione del Guangdong, uno dei più ambiziosi progetti per quanto riguarda gli sport invernali, avanza a passo di tartaruga. Certo, se e quando arriverà a maturazione, l’impatto potrebbe essere considerevole. Se solo il 5% dei cinesi prendesse gusto alle settimane bianche – uno degli obiettivi degli investitori – il turismo sciistico potrebbe contare su 60 milioni di praticanti. Se e quando il gigante asiatico imboccherà la via già tracciata dal Giappone (come sembra stia facendo la Corea del Sud, tra l’altro), che ha già ospitato due edizioni delle olimpiadi invernali (1972 e 1998), si potrà dire che la globalizzazione dello sci è davvero iniziata.
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