sabato 15 aprile 2023
Parla il regista, fondatore della Compagnia della Fortezza nel carcere di Volterra, Leone d’oro 2023 alla carriera della Biennale. «Premio agli sforzi dei miei attori in questi 35 anni insieme»
Il regista Armando Punzo, Leone d'oro alla carriera 2023 della Biennale Teatro

Il regista Armando Punzo, Leone d'oro alla carriera 2023 della Biennale Teatro - foto di Nico Rossi

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«Questo Leone d’Oro alla carriera è un premio che condivido con gli attori della compagnia e che ripaga gli sforzi di tanti di loro, un premio dovuto a questa esperienza in carcere, quindi non solo mio». Il regista Armando Punzo, 64 anni, fondatore della storica Compagnia della Fortezza, la prima nata in un carcere nel 1988 e diventata una delle realtà più importanti della scena di ricerca, riceverà il Leone d'oro alla carriera della Biennale Teatro 2023. La premiazione si svolgerà il 17 giugno presso la sede della Biennale, nel corso del 51mo Festival Internazionale del Teatro che si svolgerà dal 15 giugno all’1 luglio a Venezia. Festival che verrà aperto dal nuovo spettacolo di Punzo Naturae il 15 giugno al Teatro alle Tese – Arsenale. E’ un importante riconoscimento al valore artistico del teatro in carcere quello assegnato dai direttori della sezione Teatro della Biennale Stefano Ricci e Gianni Forte (ricci/forte) che riconoscono a Punzo e alla Compagnia della Fortezza di avere utilizzato il teatro per «ricominciare a sognare un nuovo uomo e imporlo alla realtà», nonostante il pregiudizio, perché «lo spirito e la fantasia non hanno sbarre che contengano». Si snoda lungo trentacinque anni di lavoro quotidiano e a tempo pieno, con circa ottanta detenuti- attori, il percorso registico di un artista affascinante come Armando Punzo realizzando oltre quaranta spettacoli. Spettacoli pluripremiati in Italia e all’estero: Marat-Sade, I negri, I Pescecani ovvero quello che resta di Bertolt Brecht, Hamlice Saggio sulla fine di una civiltà, Beatitudo sono solo alcuni dei titoli che, attraverso l’indagine grandi temi umani, hanno fatto di un carcere penale come la Fortezza medicea di Volterra un centro culturale all’avanguardia.

Armando Punzo quanto è importante questo Leone d’Oro per il mondo del teatro in carcere?

Questo Leone d’oro è un qualcosa che viene da molto lontano e un po’ alla volta ha preso forma. Io sono felice che questa idea su cui lavoriamo da 35 anni si sia fatta apprezzare. E’ un premio per tutti. Era il 1988 e c’erano state altre esperienze di teatro in carcere, ma erano stati degli interventi estemporanei. Io sono il primo che ha deciso che il suo teatro è dentro a un carcere e da lì non me ne sono mai andato. Quella è la mia sede per un motivo: il carcere attraverso il teatro per me viene associato all’idea della libertà, contrapposto a quanto siamo prigionieri noi esseri umani.

Per lei attore e regista del teatro d’avanguardia, quando è arrivata la svolta?

Era appena finita la mia esperienza col gruppo Avventura che veniva da Grotowski, mentre ci trovavamo a Volterra. Dovevo decidere se tornare a Napoli o trasferirmi a Roma o Milano. Ho alzato gli occhi, ho visto la Fortezza medicea e ho avuto l’idea. Volevo lavorare con dei non professionisti e all’interno del carcere potevo ricominciare da zero con i detenuti, potevo riformulare l’idea del teatro. Ed è stato possibile grazie alla regione Toscana che ha sempre attenziognia ne per i diritti. Ho fatto richiesta, e un mese dopo ho cominciato a lavorare nel carcere. L’altroieri con la Compagnia della Fortezza abbiamo ricevuto il Gonfalone d’argento, la più alta onorificenza dell’Assemblea legislativa toscana.

Lei ha sempre asserito che per lei il teatro in carcere è soprattutto arte.

La scelta che mi caratterizza, e che segna la particolarità del lavoro quotidiano, è quella di fare vero teatro. E di non cedere ai discorsi tecnici o buonisti. Penso che una operazione artistica è trasformatrice dell’essere umano in qualunque cosa sia.

Da chi è composta la Compagnia della Fortezza?

Questa è una compagnia stabile proprio perché in un carcere penale le pene sono lunghe. C’è un aspetto terribile nelle lunghe pene, ma questi detenuti se decidono di fare qualcosa, lo possono fare sul serio. Sono circa un’ottantina, ed è rappresentato il mondo. Sono fortunato di avere una compagnia multietnica, l’Italia è rappresentata tutta, e poi ci cono persone che arrivano da Albania, Romania, Ucraina, Serbia, Nordafrica, Africa subsahariana. I miei attori sono stati molto contenti del Leone, mi hanno anche preso in giro. “Ma dove vogliamo arrivare?” hanno detto. Sono stati molto affettuosi.

La sua Compagnia ha anche prodotto un grande attore come Aniello Arena, candidato ai David di Donatello per Reality di Matteo Garrone.

Aniello ha scontato la sua pena, oggi lavora per il cinema e per il teatro. Sono felice che continui la sua strada di attore professionista.

Che tipo di cambiamento ha visto negli attori che lavorano con lei?

Lo stesso processo che vale anche per me. C’è una possibilità di aprire una breccia in noi e il nostro lavoro porta risultati in tutti noi.

Quanto ha dovuto lottare agli inizi per il suo teatro?

Quanto è difficile ancora oggi. Siamo nel carcere, il luogo di massima chiusura, e il teatro è il luogo di massima libertà. C’è un continuo scambio e sano conflitto quotidiano con l’idea che rappresenta, ma è stato molto difficile all’inizio. Perché nessuno capiva il perché e anche oggi nella pratica quotidiana trovi persone che non capiscono il perché. Ma per me è uno stimolo: non posso addormentarmi sugli allori.

Come sarà lo spettacolo Naturae che debutterà alla Biennale Teatro di Venezia? Naturae. La valle della permanenza è un lavoro che tende a non volere fare copia della realtà, un modo per indicare che c’è altro nell’essere umano. Questo lavoro dura da 8 anni, con diversi spettacoli dove abbiamo lavorato su tutta l’opera di Shakesperae. L’umanità che lui ci consegna è una gabbia, sembra che non ci sia altra possibilità di umanità. Quando dicono che Macbeth e Otello sono ancora attuali, vuol dire che l’essere umano non è modificato. Il nostro lavoro dimostra invece che è possibile allontanarci dall’essere umano come descritto da Shakespeare. Dopo abbiamo incontrato Borges che ha raccontato una umanità più bidimensiona-le, che comporta uno sforzo in più, un interrogarsi. Fino a Naturae che arriva alla concretezza dell’uomo.

A proposito di concretezza, presto avrete un vero teatro all’interno della Fortezza di Volterra.

Finalmente sì. E’ stato fatto un bando, vinto da Mario Cucinella un architetto importante, di sensibilità rara. Ha disegnato una sala polivalente all’interno del carcere in armonia con la struttura medicea. Col nuovo teatro immaginiamo una stagione teatrale anche in inverno, mentre ora le rappresentazioni sono solo d’estate nei cortili. Sarà importante anche per la formazione professionale ai diversi mestieri del teatro, che già abbiamo avviato, dove si formeranno macchinisti, scenografi, tecnici del suono e delle luci. Uno dei miei sogni è che il teatro venga aperto a tutte le scuole a livello nazionale affinché possano venire a discutere degli spettacoli. Io cerco di superare le barriere, di non fare teatro di rappresentazione, da spiare, ma che sia parte della nostra esistenza.

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