venerdì 5 novembre 2010
COMMENTA E CONDIVIDI
Doppio giro di vite, ieri, in Rai. Sul Sanremo «politico» legato ai 150 anni dell’Unità di Italia e sui bilanci, con un taglio di 10milioni di euro sulle spese del 2011. Se il primo tema è indubbiamente più popolare, il secondo è molto più sostanziale. «Entrambi però segnalano una profonda crisi dell’azienda», come ha sottolineato Luca Borgomeo, presidente dell’associazione di telespettatori cattolici Aiart.Partiamo da Sanremo. Il cda Rai ieri ha sonoramente (e giustamente, a detta di tutti i politici) bocciato l’idea di Morandi e Mazzi di far cantare nella serata dedicata ai 150 anni dell’Unità di Italia, brani come Giovinezza («Su Bella ciao nessuno nel cda ha avuto da obiettare», fanno sapere). «Non facciamo e non vogliamo fare politica» corre ai ripari Morandi. Il direttore artistico di Sanremo Mazzi rincara: «Siamo persone responsabili». Ma in Rai non la pensano (più) così. «Sarebbe stato utile evitare di affrontare in modo troppo superficiale – fa sapere l’azienda in una nota – questioni così delicate che riguardano la storia del nostro Paese. La ricerca del clamore rischia di causare un danno complessivo all’immagine dell’azienda».Parole durissime che suonano come una sconfessione in piena regola della strategie sanremese della coppia Morandi-Mazzi, la quale credeva di essere la padrona del prossimo Festival della canzone (ricordate il giochino delle finte dimissioni di Morandi, che serviva solo per proteggere l’ingaggio di Belen criticato da due consiglieri Rai?). Non a caso ieri il consiglio di amministrazione ha chiesto anche al direttore di Raiuno di vigilare di più sul Festival. Come a dire: ricordatevi che i padroni siamo noi. Meglio tardi che mai.Se per la politica e la cultura il punto nodale resta Sanremo e le sue implicazioni «politiche», per la Rai il problema è molto più ampio. E tocca anche i conti. Ieri il direttore generale, Mauro Masi, ha annunciato «una cura dimagrante» che consentirà all’azienda di risparmiare circa 10 milioni di euro nel 2011. Come? «Blocco del turn over e sospensione degli interventi di politica retributiva e dei passaggi di livello; tagli alle trasferte del personale; contenimento per almeno il 30% delle spese di rappresentanza; riduzione delle consulenze, dei consumi per la telefonia mobile e delle spese per le auto blu». Per il dg Masi «è un segnale molto significativo per dimostrare, al di là di critiche prevenute e assolutamente strumentali, che la Rai è un’azienda forte».Dura la replica dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai: «Tagli indiscriminati non trasformano in formica una cicala. Masi per noi non deve più prendere decisioni, ma solo la valigia». Critica anche l’Aiart: «Il blocco del turnover farà calare ancora di più la qualità dell’offerta Rai e non farà altro che avvantaggiare la concorrenza». Senza contare che dietro l’angolo c’è la questione Saccà. L’ex direttore di RaiFiction presto potrebbe essere l’ultimo di una lunga serie di soggetti a vincere una causa con l’azienda. Se così sarà, la Rai rischia di dover pagare ingenti danni. Da qui l’idea di «riparare» con un lungo e ben remunerato contratto con la società di produzione di fiction che Sacca sta aprendo. Un accordo che da solo rischia di costare più dei tagli proposti ieri. Altro che Giovinezza e Bella ciao.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: