giovedì 7 dicembre 2023
Il patron del club lucano, che lotta per la promozione in B, racconta la sua storia di imprenditore negli Usa e il legame viscerale con il paese dove è nato
Il “Presidentissimo” del Picerno, Donato Curcio, qui, al centro, con Zdenek Zeman

Il “Presidentissimo” del Picerno, Donato Curcio, qui, al centro, con Zdenek Zeman - Collaboratori

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Ha la simpatia e la veracità di un Costantino Rozzi (padre patron dell’Ascoli anni ’70-‘80), il vulcanismo di un Luciano Gaucci (leggendario n.1 del Perugia anni ’90 inizi 2000) e l’accento marcato con slang italoamericano («allright!») dell’attuale patron della Fiorentina, Rocco Commisso. Miscelate tutti questi ingredienti originali da autentico patron del pallone, metteteci l’anima del lucano, per niente amaro, ed ecco il ritratto del presidente Donato Curcio, picernese classe 1942. Il Presidentissimo del Picerno dei miracoli.

L’Az Picerno, il piccolo grande club di Serie C, momentaneamente 2° in classifica (a due lunghezze dalla capolista Juve Stabia) che sta scompaginando quel girone C in cui annaspano i cugini del Potenza, liquidati nel derby con un perentorio 3-1. Il Picerno di mister Longo viene da una striscia di 6 vittorie consecutive, in cui ha annichilito l’ambizioso Avellino (2-0) e nell’ultimo turno è andato a sbancare l’ostica tana dell’Audace Cerignola (0-1).

Match che il Presidentissimo, “lo Zio d’America” per i suoi compaesani, ha seguito «soffrendo come sempre» dalla tv di casa, «a Buffalo, nello Stato di New York, dove risiedo». Curcio, appartenente alla nobile stirpe dei presidenti pane e salame, «quello di Picerno, il salame, è il più buono del mondo, allright!», ha una storia da C’era una volta in America che meriterebbe davvero un sequel di qualche film di Sergio Leone. «Già, ma manca Clint Eastwood, chi lo fa?», dice bofonchiando allegro con la sua risata contagiosa che spiove dall’altra parte dell’Oceano.

Ma come c’è finito in America Presidente Curcio?

Sono arrivato negli States negli anni ’60. Dopo le scuole tecniche a Potenza, ho girovagato per l’Europa: ho lavorato in Svizzera dove ho seguito dei corsi serali, poi in Francia, Inghilterra e Germania. Ma il mercato europeo per uno che non è nato figlio di papà era chiuso: le banche appena parlavi ti liquidavano con un «no grazie» e ti mettevano alla porta. Così volai Oltreoceano e prima di sbarcare negli Usa sono stato in “Canadà” dove ho iniziato a prendere contatti con il settore dell’ingegneria meccanica. Ma un mercato vastissimo e pieno di opportunità come quello americano non ce n’è, e così mi sono fermato qui, a Buffalo, capitale della siderurgia che però negli anni ’70 stava vivendo la peggiore crisi del secolo.

Ma da buon imprenditore la crisi locale l’ha fatta diventare una risorsa.

Infatti, trovando tanta manodopera disoccupata mi sono inventato un business nel settore delle macchine per stampaggio e decoro su materie plastiche per prodotti che vanno dal cruscotto dell’auto, alla tastiera dei computer, fino agli imballaggi delle confezioni per la farmacia… Ho iniziato con 2 dipendenti e sono arrivato ad assumerne 340. Poi dopo 25 anni di attività, secondo le dinamiche del mercato Usa, le piccole e medie aziende vengono assorbite dai colossi, e così anche io ho ceduto. Ora mi occupo di altri business.

Tra questi c’è l’Az Picerno Calcio.

No, il Picerno prima di tutto è una questione di cuore. Ridare indietro qualcosa al paese dove sono nato. Da ragazzino mi immaginavo di essere Puskas quando ogni giorno andavo a giocare al campetto spelacchiato e pieno di pietre. Allora ho promesso a me stesso: quando sarò grande se farò fortuna torno a Picerno e regalo alla mia gente un campo vero, con l’erba e con gli spalti per assistere tutti insieme, parenti e amici, alla partita della domenica.

Promessa mantenuta, con tanto di stadio, l’unico intitolato a un vivente: il “Donato Curcio” di Picerno.

Quando nel 2008 l’abbiamo inaugurato non sapevo che fosse l’unico stadio italiano che porta il nome di una persona viva – dice ridendo e facendo capire di fare adeguati scongiuri transoceanici - . Il mio desiderio si era avverato e sono stato felice di dare l’esempio alla mia comunità. È stato anche un regalo alla mia famiglia, ai miei genitori, per papà Vito e soprattutto per mamma Elvira che era tanto cara. Quando me ne sono andato, l’ho fatto solo per un motivo: non essere un peso in casa e lasciare la possibilità alle mie due sorelle e a mio fratello, a cui sono molto legato, di potersi garantire un futuro. E anche questo è un desiderio che si è realizzato.

Ma prima della squadra del paese il suo cuore di tifoso per chi batteva da ragazzo?

Da uomo del Sud avevo scelto il Napoli come squadra del cuore. Se conosco il presidente Aurelio De Laurentiis? Sì, di nome, ma io e lui siamo due caratteri un po’ diversi – sorride - … Certo lo scorso anno col Napoli vincendo lo scudetto ha fatto un capolavoro, quest’anno un po’ meno.

Il suo Picerno invece la passata stagione, la seconda in C, ha fatto bene e adesso alla terza prova a far cantare il gallo: realizzare il capolavoro della promozione in B.

Piano, piano. Quanti posti ci vogliono allo stadio per fare la B? Ah, 5mila… Ma noi al momento ne abbiamo 2mila, e gli abitanti di Picerno sono 5mila in tutto. Ora se la promozione arrivasse noi ce la “pigliamo” per carità, ma siamo consapevoli che il nostro è un mercato piccolissimo, anche se grazie al ai risultati di quest’anno il bacino d’utenza si è allargato ai paesi vicini e possiamo contare su almeno 30mila persone. Il passaparola dice: «Venite a Picerno che ci si diverte con il “bel calcio”». E questo ha incuriosito anche gente che adesso arriva da Salerno. Loro c’hanno la serie A, comunque in amichevole quest’estate con la Salernitana abbiamo perso solo 1-0... Oh, voglio essere sincero: il nostro campionato l’abbiamo già vinto, mica possiamo andare in Serie A... – sorride divertitissimo-. La mia filosofia è “step by step”, passo dopo passo di sicuro arrivi e magari conquisti pure.

Pare che la favola Picerno abbia conquistato anche gli americani…

In America abbiamo sicuramente aperto una grande finestra a milioni di figli di italiani che adesso seguono anche la C grazie alla nostra squadra. E in Italia ho visto che anche a Milano ora sanno che il Picerno è la squadra di un paesino della Basilicata che sta diventando famoso, quasi come i Sassi di Matera. Quindi vuol dire che il calcio serve ancora a qualcosa di utile. Serve ad allargare gli orizzonti.

I materani pare che abbiano esultato quando avete sconfitto il Potenza del vicepresidente Angelo Chiorazzo che è candidato alla presidenza della Regione Basilicata. Presidente Curcio, ma lei ha mai pensato di entrare in politica?

No, la politica proprio non rientra nei miei interessi. Ho conosciuto Joe Tacopina che è stato l’avvocato di Donald Trump e da tempo fa affari con il calcio italiano (ora èpresidente della Spal, ndr)… So di Chiorazzo, ma io voto in America – sorride –. Stimo il presidente del Potenza, il signor Macchia, so che sta soffrendo per i risultati della sua squadra e mi dispiace, sono sincero. Ho visto che il Potenza ha perso con il Taranto e pensano di cambiare allenatore: certo il terzo cambio, e siamo solo a Natale, mi pare un po’ troppo...

Il suo allenatore, mister Emilio Longo, invece mangerà serenamente il panettone a Natale.

Longo è il migliore allenatore e non della C, ma in Italia. È un professore di calcio e soprattutto una grande persona. Per questo l’anno scorso quando le prime dieci partite il Picerno andava malissimo tutti abbiamo creduto in lui e questa fiducia gli ha fatto chiudere bene il campionato. Adesso Longo sta facendo delle cose eccezionali.

Merito anche del ds, Vincenzo Greco, che pare sia molto corteggiato da club di categoria superiore.

La mia esperienza di imprenditore mi insegna che i risultati arrivano se sei capace di circondarti di un gruppo di professionisti: noi abbiamo scelto Vincenzo Greco che è nel calcio da 20 anni e qualcosa di buono avrà pure imparato… Sicuramente ne sa di più di tanti direttori sportivi di quelle categorie superiori di cui parlate voi. Ma magari ,lassù,ci sale con il Picerno no? – sorride -

Il colpaccio di Greco all’ultimo mercato è stato prendere l’ex Potenza, il “Samurai” Jacopo Murano, il Lautaro Martinez della C, 13 gol realizzati finora.

Prima del bomber dobbiamo parlare di Jacopo, che è un gran bravo ragazzo. L’ultima volta che sono stato a Picerno per il derby con il Potenza, dopo abbiamo organizzato una cenetta tra amici e la cosa che mi ha fatto più piacere è stato sentire le parole della mamma di Murano che ci ringraziava al telefono dicendo: “Mio figlio da quando è da voi è rinato, è una persona felice e serena”. E noi questo vogliamo. Chi gioca nel Picerno si deve sentire accolto come se fosse in una seconda famiglia.

E nella sua famiglia, a cominciare da sua moglie, cosa pensano del suo impegno con il Picerno, sono contenti?

Mia moglie è contenta fino a un certo punto, perché sa che ci perdo tempo e denaro. Però sa anche che faccio tutto questo per la passione e la nostalgia che ho per il mio paese. Io di notte mi sogno Picerno, con le sue belle colline, e la buona cucina… Vorrei essere sempre lì, specie quando gioca la squadra e invece fino a quando non si scalderà l’aria dovrò guardarla da qui, alla tv. A Natale me ne starò a Buffalo, in famiglia: tra figli, generi, e nipotine siamo 18 – ultima risata di gusto – , come il Picerno, una squadra, senza riserve, tutti titolari. Il mio sogno per il 2024? Uno lo sapete già… L’altro, il più importante è vivere sempre bene in questa mia famiglia, allegra, piena di salute e in grazia di Dio. Questa dovrebbe essere la vera ricchezza, per ogni uomo.




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