mercoledì 21 luglio 2021
Sarà presentato oggi uno studio sul siluramento del piroscafo postale che univa Ponza e Ventotene. Sfatando un mito: a bordo non c’era il Duce
Il piroscafo Santa Lucia

Il piroscafo Santa Lucia - dal libro "Libro Silurate! 24 luglio 1943"

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24 luglio 1943, ore 08.00: la nave postale Santa Lucia parte da Ponza per seguire la sua rotta quotidiana. A bordo ci sono persone, corrispondenze, medicinali e generi di prima necessità. Tutto quello che serve per rifornire le isole Pontine, ma due ore dopo alle 10 al largo di Ventotene una squadriglia di otto aerei britannici del 47° Stormo Aerosiluranti decollati dalla base tunisina di Protville si accorge della nave, che a prua aveva installato un cannoncino, così come molte unità civili requisite dal regime durante la Seconda guerra mondiale, e sgancia due siluri contro il piroscafo. Uno lo colpisce in pieno facendolo esplodere e affondare in meno di un minuto. Il bilancio è drammatico: 65 morti, solo cinque superstiti, uno dei quali, il comandante Cosimo Simeone, morirà due giorni dopo. Dalla vicina isola di Ventotene sono in molti ad assistere alla tragedia e alle operazioni di soccorso, ma nessuna notizia viene data ai familiari delle vittime. L'inchiesta della Capitaneria di Porto di Gaeta si perderà nella confusione in cui l’Italia cade il giorno dopo l’affondamento del Santa Lucia. Il 25 luglio, infatti, è la data che segna la caduta del fascismo alla quale seguiranno i momenti convulsi che porteranno all'8 settembre e alla proclamazione dell’armistizio da parte del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Sono mesi di caos con gli Alleati anglo-americani che dopo lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943 risalgono lo stivale e puntano a liberare Roma. Quel tratto di mare in cui avviene il siluramento del Santa Lucia per un solo giorno diventa lo specchio di un Paese allo sbando e l’attacco al “tram dei ponzesi” suscitò, allora come nel dopoguerra, misteri e leggende per via del silenzio attorno alle vittime scomparse in mare, ma anche tanti dubbi e interrogativi. Perché il piroscafo venne attaccato? Forse trasportava un passeggero illustre, Benito Mussolini? O qualche confinato politico importante? Chi avvertì gli inglesi?

L'appunto di Churchill ai suoi generali che lo storico Zani ha inserito nel libro sull'affondamento del Santa Lucia

L'appunto di Churchill ai suoi generali che lo storico Zani ha inserito nel libro sull'affondamento del Santa Lucia - documento dai Kew Gardens di Londra


“Il Santa Lucia venne affondato perché era necessario bonificare tutta l’area del Mar Tirreno davanti alla costa campano-laziale per preparare, dopo lo sbarco in Sicilia, lo sbarco degli Alleati a Salerno del 9 settembre del 1943” - spiega lo storico della Sapienza Università di Roma, autore del libro Silurate! 24 luglio 1943 (All Around) -; “nel procedere tra documenti e libri mi sono reso conto che la piccola storia del Santa Lucia fa parte di due grandi storie, nelle quali va inserita e che danno senso a quelle morti, mentre le leggende sorte per farsene una ragione hanno lasciato l’amaro in bocca, perché nulla hanno davvero detto, anzi hanno lasciato una scia di credulità o incredulità, di insensatezza e di sfortunata casualità. Il Santa Lucia è stato, senza volerlo e senza saperlo, al centro di due grandi momenti chiave della Seconda guerra mondiale. Il primo è la decisione degli Alleati di dare una svolta alla campagna d’Italia con uno sbarco sulla costa campano-laziale del Tirreno, che trasforma repentinamente le isole Pontine, prima risparmiate dalla guerra, in uno dei vertici del fronte di operazioni più delicato, decisivo e strategico, come confermato dal fatto che Gaeta diventa uno dei luoghi più fotografati dai ricognitori inglesi. Il secondo è l’irrompere attivo nella storia d’Italia di buona parte dei confinati politici che in quei giorni, con la caduta di Mussolini subito dopo l’affondamento di quello che consideravano il loro piroscafo, prendono coscienza che il momento è arrivato, che da prigionieri devono trasformarsi nel lievito della nuova Italia”. I protagonisti di questi due momenti sono il premier britannico Winston Churchill, il Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, Dwight Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate, ma anche Pietro Nenni, Alberto Jacometti, Emma Turchi, Camilla Ravera, Giorgio Braccialarghe, Giovanni Ferro, Riccardo Bauer, Giovanni Pesce, Vincenzo Calace, Altiero Spinelli e Sandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica Italiana. “Mi piace pensare che il sacrificio di quelle vittime innocenti non sia stato solo parte dell’abisso della guerra – aggiunge Zani – ma anche il segno di una svolta vitale. Certo, altri due anni di guerra, e di guerra civile, aspettano l’Italia, ma il 24 luglio del Santa Lucia è lì, a precedere indiscutibilmente e significativamente le due date chiave della guerra, 25 luglio e 8 settembre”.

Al momento del suo affondamento la nave aveva un equipaggio civile composto da 17 persone e un equipaggio militare, usuale in tempo di guerra, di altre sette persone, destinate alla difesa da eventuali attacchi nemici. Sull’albero sventolava infatti la bandiera della Regia Marina, quella triangolare simbolo del servizio postale e il vessillo della compagnia di navigazione Span, acronimo che sta per Società Partenopea Anonima di Navigazione. L’unità aveva fiancate ed estremità del fumaiolo nere ma il 25 maggio 1940, quindici giorni prima dell’entrata in guerra dell’Italia, venne trasformata da nave postale in nave militare con compiti di dragaggio foraneo nel Golfo di Napoli. Così venne riverniciata di grigio e dotata di un cannoncino da 76/40 risalente alla Prima guerra mondiale. La vocazione bellica del Santa Lucia finì qualche mese dopo, cioè il 30 agosto, quando sostituirà il Regina Elena nel collegamento postale sulla linea 99 tra Gaeta, Napoli e le isole Pontine. Tuttavia non cambia l’aspetto esteriore e questo, molto probabilmente, solleciterà gli inglesi a fare fuoco nonostante quel cannoncino in tutta la guerra non abbia mai sparato un colpo.

Quelle isole, che potevano sembrare dei puntini sulla carta geografica, rappresentarono quasi un prolungamento della linea Gustav e “l’estremità di una linea sulle mappe militari del generale George Marshall, capo di stato maggiore dell’esercito degli Stati Uniti, che univa Napoli, il porto e il nodo ferroviario, a Foggia – prosegue Zani -. Una linea strategica decisiva per le sorti dello sbarco a Salerno. Ma c’è di più: Ventotene al riguardo rivestirà un ruolo di primissimo piano per la buona riuscita dello sbarco, essendo l’estremo confine Ovest e avamposto della difesa tedesca fino all’8 settembre 1943. Dal 9 settembre, infatti, sarà la prima isola ad essere liberata con un colpo di mano degli Alleati frutto di un diversivo organizzato per favorire e proteggere proprio lo sbarco a Salerno”.

Si comprende bene perché il piroscafo postale venne affondato con il suo prezioso carico di persone, corrispondenza e speranze dall’aerosilurante britannico Beaufighter della Royal Air Force. L’obiettivo era quello di “sgombrare” l’area del Tirreno e il primo ministro Winston Churchill, già primo lord dell’ammiragliato, consapevole che le battaglie spesso vengono vinte dal mare, aveva galvanizzato i suoi generali dopo l’esito positivo dell’Operazione Husky in Sicilia.

“Sembra che la resistenza in Sicilia sarà di gran lunga meno ostinata del previsto – dice Churchill in un documento pubblicato nel libro di Luciano Zani -. Ora si pone una domanda: perché dovremmo arrampicarci su per la gamba come un insetto, dalla caviglia in su? Colpiamo piuttosto il ginocchio”. Parole schiette come era nel carattere di Churchill, ma che rendono l’idea su quanto erano motivati gli inglesi nel liberare l’Italia insieme ad americani e canadesi. Da Ponza, da Ventotene, da Ischia non solo cittadini, ma confinati politici aspettavano con trepidazione che la penisola venisse liberata. Le lettere dei confinati ai familiari, ma anche tra i prigionieri politici venivano trasportate grazie a piroscafi come il Santa Lucia. Una nave che voleva dire speranza.
“Nel 2008 l’ammiraglio Raimondo Pollastrini, allora Comandante generale del Corpo, che mi volle come suo assistente, diede impulso alla ricostruzione storica dell’evento e il sottotenente di vascello Giulio Cargnello si occupò di trovare, negli archivi del Comando Generale, l’inchiesta sommaria sull’affondamento del Santa Lucia – scrive nell’introduzione al libro di Zani l’ammiraglio Giovanni Pettorino, Comandante generale del Corpo Capitanerie di Porto-Guardia Costiera -. Solo allora si poté stabilire, per la prima volta, l’elenco dettagliato delle vittime. Si arrivò a consultare gli archivi della Raf, per verificare l’ipotesi di un bombardamento pianificato. Probabilmente, come accadde pochi giorni prima, con la distruzione del quartiere San Lorenzo, importante scalo merci ferroviario di Roma, anche l’affondamento del Santa Lucia, intercettato dagli aerei inglesi davanti all’isola di Ventotene, faceva parte di quelle azioni di guerra mirate a fiaccare le residue resistenze dell’allora alleato dei nazisti” aggiunge Pettorino. “Di storie così il nostro Paese ne ha molte – sottolinea l’ammiraglio -. Per questo motivo, sul solco di quanto fu avviato dall’ammiraglio Pollastrini durante il suo periodo di comando, dal 2007 al 2010, il Corpo ha intrapreso collaborazioni con l’Istituto Luce e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali per quanto attiene il patrimonio culturale immateriale”.

Una storia nella storia, quella del postale Santa Lucia, su cui dopo quasi ottant’anni si fa piena luce per dare ai ponzesi, ma soprattutto ai familiari e agli eredi delle vittime, la versione definitiva di un episodio delle vicende italiane immerse negli eventi di quella insensata guerra in cui piombò l’Italia dal 10 giugno 1940.

A bordo del "Santa Lucia" lavorava come fuochista anche Giovanni Pettorino nonno dell’ammiraglio Pettorino che si salvò per un caso fortunato: sbarcò dal traghetto qualche tempo prima e questa casualità gli salvò la vita.


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