martedì 9 luglio 2024
Si è scoperto che le grandi isole del Mar Mediterraneo rappresentavano mete attraenti già per i popoli paleolitici, ben prima di quanto ipotizzato finora
Il sito scavato dalla “Missione archeologica italiana a Erimi” diretto da Luca Bombardieri

Il sito scavato dalla “Missione archeologica italiana a Erimi” diretto da Luca Bombardieri - Università di Siena

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Continue e preziose novità paleologiche e archeologiche arrivano da Cipro. La domanda centrale è questa: quando fu abitata per la prima volta quella zona? Quando iniziarono i primi contatti fra l’Oriente e il Mediterraneo? Già lo scorso maggio, è stata pubblicata una nota scientifica sui modelli demografici relativi alla fine del Pleistocene, grazie a una capillare indagine a cura di Corey Bradshaw, Christian Reepmeyer, Frédérik Saltré, Athos Agapiou, Vasiliki Kassianidou, Stella Demesticha, Zomenia Zomeni, Miltiadis Polidorou e Theodora Moutsiou. Dai loro recentissimi studi apprendiamo come i cacciatori-raccoglitori del Pleistocene si stabilirono, a Cipro, migliaia di anni prima di quanto si pensasse in precedenza. Esaminando la cronologia della prima occupazione umana di Cipro, in una ricerca guidata dalla Flinders University, si è scoperto che le grandi isole del Mar Mediterraneo rappresentavano mete attraenti per i popoli paleolitici. Questi risultati, dunque, confutano inequivocabilmente gli studi precedenti, secondo cui queste isole sarebbero state irraggiungibili (e addirittura inospitali) per le società del Pleistocene. Il gruppo di ricerca, qui citato, ha utilizzato dati archeologici, ma anche stime climatiche e modelli demografici per svelare i primissimi tempi del popolamento cipriota. L'analisi dei dati provenienti dai dieci siti più antichi dell’isola ha ipotizzato come la prima occupazione umana sia avvenuta tra i quattordicimila e i tredicimila anni fa. Già questo sarebbe moltissimo per far tremare i polsi dinanzi alla grandezza del tempo che ci ha preceduti; tuttavia, abbiamo ulteriori notizie strabilianti, giunte grazie al progetto di ricerca della “Missione Archeologica Italiana a Erimi” in stretta collaborazione con il Dipartimento delle Antichità di Cipro. L’Erimi Archaeological Project sviluppa un programma innovativo che promuove la sintesi di strumenti di indagine e conservazione (scavo stratigrafico, restauro, analisi archeometriche). L’obiettivo primario di questo gruppo è quello di fornire, grazie alle peculiarità insediative del sito, l’ampia sequenza di occupazione umana, attraverso l’intero arco dell’Età del Medio Bronzo. Inoltre i ricercatori cercano ancora di raccogliere nuovi dati per lo studio delle produzioni e delle relazioni culturali fra l’Antica e la Media Età del Bronzo, all’interno della transizione verso una società urbana cipriota.

Che cosa è venuto fuori in queste ore? Uno dei più antichi spazi sacri, mai ritrovati in quell’area, risalente addirittura a quattromila anni fa. Il professor Luca Bombardieri, direttore scientifico del Progetto Archeologico Italiano Erimi/Missione Archeologica a Erimi, con sede all'Università di Siena (Dipartimento di Filologia e Critica delle Letterature antiche e moderne), ci ha parlato degli affascinanti risultati della ricerca del suo team. “In occasione del quindicesimo anniversario delle prime indagini sistematiche nell’area di Erimi dell’età del bronzo a Cipro, – sostiene Bombardieri – il bilancio positivo dell’attività trova riscontro nei nuovi risultati di una serie di stagioni di ricerca particolarmente ricche nelle scoperte. Recenti scavi hanno portato al rinvenimento del più antico edificio sacro attestato a Cipro, la cui funzione rituale e il valore ideologico sembrano essere di particolare significato”. L'obiettivo primario del progetto di ricerca è quello di fornire nuovi dati per lo studio della produzione e delle relazioni culturali nell'ambito della transizione verso la società urbana in questo fondamentale contesto insulare a cavallo tra il Vicino Oriente e il Mediterraneo. “L’insediamento primitivo di Erimi – spiega il professor Bombardieri – è situato nell’entroterra di Limassol e si estende su un alto terrazzo calcareo, che domina il corso del fiume Kouris e un’ampia porzione della costa del Golfo di Kourion e la penisola di Akrotiri. Durante l’età del Bronzo Medio (2000-1600 a.C. circa) una comunità di artigiani scelse di insediarsi sul colle di Erimi e di costruire uno spazio abitativo comunitario dalle caratteristiche molto molto particolari”.

A tal proposito, è anche interessante sottolineare come le ricerche di Bombardieri, da anni, si concentrino anche su aspetti e resti cultuali a Cipro, relativi ai diversi periodi preistorici. “L’immaginario moderno ha creato l’Isola di Afrodite da una costola del mito – ha detto Bombardieri - con tale capacità e forza di impatto da intrappolare inesorabilmente il dibattito scientifico in una vera e propria ‘congiura romantica’, secondo una felice formula coniata da Diane Bolger, nel 2003. La tentazione di proiettare Afrodite, divinità erotica e dea della fertilità, nel passato delle comunità preistoriche dell’isola, ha rappresentato la premessa su cui si è invariabilmente confrontata, e scontrata, ogni analisi delle rappresentazioni femminili diffuse nell’arte cipriota dal Neolitico al Calcolitico fino all’Età del Bronzo. Ognuna di queste, di volta in volta, è stata interpretata come figura variabile di una unica ‘proto’ Afrodite. A questa tendenza peculiarmente cipriota, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, hanno dato nuova inattesa linfa le gynecentric theories, che devono la loro fortuna anzitutto alle teorie di Marija Gimbutas. La popolarità della teorizzazione femminista, legata alla natura primigenia della società matriarcale, si deve soprattutto all’immagine suggestiva (e pervasiva) della Grande Dea o della Dea Madr,e che ‘regna’ sullo psichismo e sull’ideologia religiosa delle comunità della Preistoria più profonda per poi venire ‘sconfitta’ e brutalizzata. La sconfitta, consumata nella sopraffazione, coinciderebbe con lo snodo, che vede l’affermazione di società generalmente basate sul dominio dell’uomo, nel corso dell’Età del Bronzo”.

A proposito dell’impatto di questo modello sul dibattito antropologico, è senza dubbio molto interessante rilevare come uno dei padri dell’archeologia cipriota, Vassos Karageorghis, pur senza esaltazioni femministe, abbia appoggiato questa teoria. E poi? A fronte di questo modello interpretativo, gli ultimi decenni hanno segnato una rincorsa di segno opposto verso la svalutazione di ogni indulgenza verso la Goddess theory; Robert Merillees ha proposto di interpretare le rappresentazioni femminili preistoriche come figure non divine, bensì legate al concetto di continuity of human existence through procreation and life after death. La proposta di Merillees, pur spazzando il campo dal binomio immediato donna-divinità, ha suggerito, nel tempo,un legame fra queste rappresentazioni e l’espressione della religiosità, che nelle comunità preistoriche cipriote si manifesterebbe in un culto funerario ideologicamente strutturato e organizzato su base sociale. Riflettere su questo nuovo spazio sacro ritrovato potrebbe aiutarci a saperne di più sulla religiosità di Cipro prima della cosiddetta “trappola-Afrodite”.

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