venerdì 9 marzo 2012
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​Respira di antico quel tratto di costa tirrenica che dal Garigliano si estende fino a Terracina: circa sessanta chilometri di luce e mare, di rive basse e sabbiose alternate a falesie, a piccole, solitarie insenature. Un mare di spiagge famose, come quelle di Serapo e di Sperlonga e di meno note ma frequentatissime in estate, come quelle di Scauri e Terracina. Un mare celebrato dai romani, le cui testimonianze nel territorio sono numerose. Tra di esse il teatro con i resti dell'acquedotto a Minturno, il porticciolo romano a Gianola, la tomba di Cicerone a Formia, la villa di Tiberio a Sperlonga. Gaeta è la perla di questo lembo di costa in parte ancora incontaminato, caratterizzato da importanti aree protette, riunite nel Parco Regionale "Riviera di Ulisse". Venendo da Formia, elegante cittadina commerciale, il promontorio dell'antica Cajeta lo scorgi subito, proteso al mare come una nave in procinto da salpare. La storia di Gaeta, e della sua gente è straordinaria. Tra favola e verità non è ragione/ che sovrasti la fiducia di una gente/ votata al mare comunque alla conquista/ necessaria di approdi più lontani, scrive intensamente il poeta Giuseppe Napolitano. Qui si rifugiarono i Borboni al tramonto del loro regno; qui Pio IX trovò riparo durante la presa di Roma e concepì nella preghiera il dogma della Immacolata Concezione. La bellissima cattedrale di Sant'Erasmo è del X secolo. Interessante il Museo Diocesano, sito nel palazzo De Vio; contiene una pinacoteca con opere di Sebastiano Conca, Solimena, Santafede e soprattutto di Giovanni da Gaeta, artista del XIV secolo, a cui è intestata la giovane ma già ricca Pinacoteca Comunale d'Arte Contemporanea. Alla Chiesa dell'Annunziata concattedrale della città, è annessa la splendida Cappella dell'Immacolata, detta Grotta d'oro, la volta a botte interamente affrescata dal Criscuolo. In alto è la scenografica chiesa di San Francesco, edificata in stile neogotico su di una preesistenza medievale; sul monte Orlando è il santuario della Santissima Trinità, presso la «Montagna spaccata», dove è l'impronta nella roccia dell'incredulo saraceno. La pietra si liquefò sotto le sue dita, dice la leggenda. Se fino al formiano l'entroterra è fertile e fruttifero e le terre coltivate si distendono tranquille fino alle solatie falde dei Monti Aurunci, più avanti, oltre Gaeta, il territorio diventa roccioso. Proprio per questo il contrasto col colore intenso del mare è stupefacente. L'acqua ha una gradazione dal blu intenso al verde chiaro, un colore che in certe giornate di vento si fa luminescente, come se il mare fosse illuminato da dentro. Piccole spiagge pressoché deserte a tratti si intravedono oltre gli strapiombi delle falesie, dall'alto in basso, tra le forre di calcare e la rada vegetazione mediterranea. Più avanti è Sperlonga, città del mito. Qui, la villa di Tiberio, del primo secolo, ha segnato l'antichità romana. Il borgo antico è tra i più suggestivi d'Italia, col suo dedalo di stradine bianche e gli scorci mozzafiato e la torre Truglia più volte distrutta dai saraceni. Terracina è la meta conclusiva di questo affascinante microviaggio. Una città incredibile. Si è lontanissimi dalla capitale partenopea e sembra di esservi improvvisamente tornati. Tale è il dinamismo della gente, la sua generosa estroversione. Ha tutte le caratteristiche della città di mare. È popolosa, trafficata, con la teoria di botteghe del pesce lungo il canale dove è possibile all'istante consumare una gustosissima frittura.  In alto domina l'Acropoli, col tempio di Giove Anxur, eretto dagli Osci e ricostruito in parte in epoca romana, più in basso èil borgo medievale innestato sulle antiche vestigia romane. I resti sono dappertutto. Si intravedono colonne incastonate nelle mura di una abitazione, edicole, fregi, capitelli. Per via resta a tratti l'antico basolato. Il duomo è dell'undicesimo secolo, il museo archeologico è intitolato al suo fondatore, Pio Capponi. La piazza del Municipio è il cuore di questo straordinario borgo, su cui affacciano decine di botteghe artigiane. Terracina è stata una città di confine. Lo è stata anche nell'anima. Fino al milleottocento era dello Stato Pontificio, ma risentiva della influenza del Regno delle due Sicilie e ciò si riconosce nella parlata, nello stesso clima urbano. Il Circeo è poco oltre. Ma è un altro mondo.
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