lunedì 11 dicembre 2023
La stanza in cui lo scrittore raccontò l'orrore dei campi di lavoro siberiani di Stalin non sarà più accessibile al pubblico. Gli attivisti: le autorità tentano di cancellare la memoria collettiva
Varlam Šalamov

Varlam Šalamov - WikiCommons

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La stanza-museo dove Varlam Šalamov scrisse i Racconti della Kolyma non sarà più accessibile al pubblico. L’hanno deciso le autorità della regione omonima, collocata nell’Estremo oriente russo e diventata tristemente famosa in quanto uno dei teatri della narrazione della vita nei lager siberiani ai tempi di Stalin.

Parliamo di una delle zone più remote e fredde dell’intera Russia, dove la temperatura scende talora fino a 60 gradi sotto zero. Il memoriale si trova nel villaggio di Debin ed era stato aperto nel 2005, nel centenario della nascita dello scrittore. Šalamov era finito a Debin dopo il secondo arresto nel 1937, ricevendo una condanna a 5 anni per “attività controrivoluzionaria trozkista”. Era stato ricoverato nella clinica locale stremato per la fame e i pesantissimi lavori forzati. Sopravvisse miracolosamente dopo il ricovero e, nella camera dell’ospedale, si mise a scrivere poesie e racconti, che - pur essendo ancora detenuto - si diffusero attraverso i canali del samizdat per tutto il Paese, arrivando fino in Occidente. Insieme a capolavori quali Una giornata di Ivan Denisovic e Arcipelago Gulag di Aleksandr Solženitsyn e a Tutto scorre di Vasilij Grossman, i Racconti della Kolyma - che apparvero per la prima volta in volume nel 1978 in Occidente e solo nel 1992 in Russia rappresentano una delle più alte testimonianze letterarie sull’orrore dei gulag staliniani. Presentando la prima edizione in Occidente, Michail Geller scrisse: « Non era un inferno. Era un’industria sovietica, una fabbrica che dava al paese oro, carbone, stagno, uranio, nutrendo la terra di cadaveri. Era una gigantesca impresa schiavista che si distingueva da tutte quelle conosciute della storia per il fatto che la forzalavoro fornita dagli schiavi era assolutamente gratuita. Un cavallo alla Kolyma costava infinitamente di più di uno schiavo-detenuto. Una vanga costava di più».

Gli attivisti impegnati nel tener viva la memoria dei dissidenti avevano realizzato un piccolo museo all’interno della clinica, che ora è stata chiusa d’ufficio dal ministero della salute della regione di Magadan. Ma la decisione ultima è arrivata, con ogni probabilità, da Mosca. La decisione della chiusura del museo è stata provocata dal reportage di una giornalista che un mese fa ha visitato il Museo Šalamov raccontando delle condizioni precarie dell’edificio, invitandole autorità a intervenire. Come ha spiegato lo storico russo Ivan Džukha «la clinica era in effetti in cattive condizioni e la sua chiusura era prevista per il 2027, in vista di una ristrutturazione, perché nessuno aveva il coraggio di proporre apertamente la sua demolizione. Come sempre si voleva fare meglio, ed è andata come al solito». L’edificio era uno dei più imponenti di tutta la Kolyma e la sua importanza «lo rendeva un “luogo sacro” di una memoria che - ha commentato amaramente l’agenzia AsiaNews nel dare la notizia, - oggi diventa sempre più fastidiosa per un regime che assomiglia molto a quello staliniano».

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