venerdì 20 marzo 2015
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Si dice che l’unione fa la forza. E che la lirica sia un’eccellenza italiana. Due verità che lasciate a se stesse sono solo luoghi comuni. Ma se ci si crede veramente, possono essere una risorsa autentica. Sembrano crederci i cinque festival dedicati ai maestri del melodramma dalle loro città di origine: Rossini a Pesaro, Donizetti a Bergamo, Bellini a Catania, Verdi a Parma e Puccini a Torre del Lago. Si tratta di cinque realtà con storie e pesi specifici diversi, ma che in questi giorni sono al lavoro per trovare strategie comuni, con una prospettiva a lungo termine.«Si tratta di fare fronte comune per valorizzare il patrimonio dell’opera lirica e, attraverso di essa, i nostri territori», spiega Daniele De Plano, direttore artistico del Festival Puccini: «Abbiamo ripreso l’idea di una vecchia proposta di legge che aveva intuito le potenzialità del legame tra cultura musicale e territorio». L’obiettivo è quello promuovere in modo congiunto a livello internazionale i cinque festival monografici: «A partire dalla programmazione, che pubblicheremo come un unico cartellone, fino alla biglietteria unificata. Questo ci consentirà di avere un grosso impatto a livello di comunicazione e turismo culturale. Ogni festival rilancerà l’altro: in questo modo andremmo a creare una “stagione” lunga da maggio fino a novembre. L’attrattiva per i tour operator, che possono così concatenare titoli e località, è forte. È un lavoro in divenire, ma siamo consci che fare cartello ci consentirà di avere un maggiore peso anche nei confronti di sponsor e istituzioni».Il target dichiarato è quello estero. A Pesaro e Torre del Lago il pubblico straniero arriva già ai due terzi del totale. «Il Festival Puccini – conclude De Plano – chiama pubblico soprattutto da Inghilterra e Francia. L’anno scorso gli spettatori sono stati 40mila, quattromila in più rispetto al 2013». Ma in cartellone non c’è solo opera: «Il nostro teatro all’aperto contiene oltre tremila persone, per questo abbiamo bisogno di attrarre masse importanti. Per la prossima stagione a oggi abbiamo raddoppiato le prevendite rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso».Può apparire brutale, ma la lirica è davvero un brand vincente. Il pubblico melomane è disposto a viaggiare e si difende meglio di altri dalla crisi. Ma è anche esigente. Su questo aspetto il Rossini Opera Festival ha fatto scuola: «Quando abbiamo cominciato 35 anni fa avevamo contro la città, dalla politica ai commercianti: avrebbero voluto che mettessimo in programma solo Barbiere e Gugliemo Tell. E noi abbiamo battuto chiodo con Donna del lago e Ermione...». Ha ragione Gianfranco Mariotti, sovrintendente del festival fin dall’inizio, a essere orgoglioso. Senza quell’intuizione oggi quello di Pesaro non sarebbe il festival italiano più noto a livello internazionale. La percentuale di stranieri è stata il 63%, da 36 nazioni: ai primi posti Francia, Germania e Giappone. E 150 sono state le testate giornalistiche accreditate. «Il doppiaggio degli stranieri rispetto agli italiani è accaduto nel ’95. È un pubblico fidelizzato, che torna perché sa che qui troverà qualcosa di inedito». Il territorio ringrazia: uno studio dell’Università di Urbino del 2013 ha dimostrato che per ogni euro investito nel festival se ne producono sette di indotto. È chiaro che i risultati del Rof sono una credenziale importante per l’intero progetto. Ma occorre anche lo stesso standard di qualità.La promozione congiunta può essere una risorsa per uscire dalle difficoltà che alcuni di queste realtà vivono ormai da tempo, come il Verdi a Parma. La storia recente del Regio, di cui il festival è costola, ricalca le difficoltà che la città sta attraversando in questi anni. Stagioni ridotte all’osso, un festival che nel 2014 è arrivato a una sola opera in cartellone, consiglieri d’amministrazione e dirigenti dimissionari. Anna Maria Meo, da fine gennaio nuova direttrice generale del teatro, ha davanti a sé un compito difficile. Il rilancio del festival potrebbe avere un ruolo chiave: «L’iniziativa ha lo scopo di favorire la promozione all’estero, questo obbliga tutti a programmare in anticipo per metterci al pari con altre manifestazioni europee». La vera sfida è coinvolgere partner privati: «Stiamo facendo un grande sforzo. Mi sembra che la città sia ricettiva e ci sia voglia di essere in prima linea». Resta il nodo del contenuto: «Presenteremo il cartellone entro il 18 aprile, con un mese e mezzo di anticipo rispetto alla data consueta di maggio. Saranno due opere: una nuova produzione e una ripresa». Le vicissitudini possono avere appannato all’estero l’immagine del festival? «Per fortuna Verdi è un mito inscalfibile, certo è che l’attrattività va di pari passo con la qualità del programma. Sono certa che con una proposta adeguata il riconoscimento arriverà».
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