venerdì 14 settembre 2018
Il cantautore celebra il mezzo secolo di carriera con tre serate-kolossal a Verona (e sabato sera su Raiuno). Con un pensiero ai giovani e al prossimo Sanremo
Foto Angelo Trani

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Il gladiatore. Si chiama Claudio, è di Roma ed è “Al Centro” dell’Arena di Verona. Il suo gladio? Microfono e chitarra elettrica. Il suo “trono” sale e scende, si trasforma, s’illumina: sono otto pedane computerizzate in continua evoluzione, per 450 metri quadrati di palco, dall’incipit di “Questo piccolo grande amore” al congedo di “Con voi”. Baglioni ha da immortalare 50 anni di carriera. E per farlo “l’uomo della storia accanto” stavolta ha deciso di scendere nell’arena. E provare a universalizzare la sua storia nella Storia di
tutti coloro, e sono tanti, per cui le sue canzoni dal ’68 ad oggi hanno fatto da quotidiana colonna sonora. Così ieri sera il gladiatore si è catapultato in saliscendi su quel palco collocato, per la prima volta in cent’anni di musica areniana, al centro dell’anfiteatro romano, a combattere anzitutto contro se stesso. Sì, perché avere inanellato 33 pezzi, per tre ore di spettacolo, della sua e nostra vita musicale e non solo (in rigoroso ordine cronologico) è un’impresa olimpica, ancor più che gladiatoria.

“Volevo proporre tutte le 400 canzoni del mio mezzo secolo di carriera “ ironizza l’uomo dei record. Ma c’è poco da scherzare per colui che nell’86 fu l’one man show di “Assolo”, il tour in cui Baglioni era la sua stessa band suonando, con il solo aiuto di un tecnico del suono, tastiera, pianoforte, chitarra e sequencer.

Erano in 17mila ieri sera, e altrettanti saranno stasera e domani, sulle areniane gradinate reduci dalla estiva stagione lirica e dallo

show tele-lirico di Andrea Bocelli la settimana scorsa, per questo debutto kolossal del tour celebrativo di Baglioni. Un’Arena per l’occasione con i posti numerati che stasera allargherà i suoi spalti alla platea televisiva con la diretta su Rai 1, evento nell’evento. Un “total show”, lo definisce Baglioni, che vede il dispiegamento del miglior arsenale tecnico e professionale della rete
ammiraglia, con la regia di Duccio Forzano. Riprese anche aeree per rendere al meglio la forza scenica ed evocativa di uno spettacolo che, con la regia teatrale e le coreografie di Giuliano Peparelli, fa andare a braccetto la liturgia del concerto e la dimensione spettacolare del musical. Fan e pubblico televisivo sono accontentati, messi d’accordo dalla debordante generosità di
Baglioni che ha messo a dura prova “animus pugnandi”, tenuta fisica e corde vocali.

Tra rituale tour e maratona telesanremese, insomma. E Sanremo è infatti alle porte, anche se in mezzo c’è la ritrosia a parlarne e il vero tour “Al Centro” (da metà ottobre a Firenze fino a fine novembre a Torino e poi da metà marzo a fine aprile), di cui questo
trittico areniano è il prologo più simbolico e prestigioso. “Da cento anni si tradisce la vocazione dell’Arena di Verona – dice Baglioni – trasformata da anfiteatro a normale teatro. Ora è tornata con la scena al centro. E’ anche il senso del nuovo brano che fa da da leitmotiv a questo tour dei 50 anni”.

Una roboante e imperiosa suite strumentale, da ieri online, che vede una crescente moltitudine di persone seguire un irresistibile richiamo verso l’Arena e verso il gladiatore Baglioni armato di chitarra elettrica. Nel video anche diverse star dello spettacolo, da Abatantuono a Paola Cortellesi, da Favino a Michelle Hunziker. Seguiranno Baglioni anche al prossimo Sanremo, a bissare la formula vincente dell’anno scorso? Ma il Festival per ora è tabù. Bocche cucite tra il confermato direttore artistico e conduttore e i dirigenti Rai. “Avere questo tour in corso e dunque qualcosa da fare la sera mi evita per ora di pensare ossessivamente al Festival – taglia corto Baglioni –, che rifaccio per non dare l’idea che sia stato soltanto un colpo di fortuna. Certo, ci saranno novità
discografiche. Oltre al fatto che i Giovani avranno il loro spazio riservato a fine dicembre. Bisogna dare loro delle possibilità. Il talento nei giovani c’è per poter durare nel tempo, ma bisogna vedere se perché possano durare c’è anche il riscontro dell’ascolto, del mercato. Oggi e in futuro credo proprio che far durare una carriera come è successo a me sia davvero molto difficile”.

Un unicum, insomma. A partire dai numeri. Con ventidue musicisti polistrumentisti, straordinari nel gestire e dominare la ricchezza e complessità di arrangiamenti che ridanno nuova luce e colore a brani sì evergreen, ma proprio per questo anche fatalmente datati. Come la capostipite di una carriera, “Signora Lia” (apripista eseguita solo in versione strumentale come entrée), e soprattutto “Questo piccolo grande amore” in cui spiccano da subito le coreografie di Peparini (“sono tra quelli che hanno avuto come colonna sonora le canzoni di Baglioni – racconta – e così non mi è stato difficile disegnare i quadri di questo spettacolo”) che da subito suggerisce il senso del viaggio musicale ed esistenziale facendo entrare in scena il suo corpo di attori e performer con
una valigia in mano.

E’ l’inizio di una cavalcata che vede Baglioni, i musicisti (ottime le sezione di fiati e archi), le brillanti coriste, i ballerini, gli acrobati e tutti i performer dare vita e plasticità scenica a una scaletta monstre. Magnifica così la resa di “Porta Portese” con l’evocazione di una Roma variopinta e popolare, come la coreografia in suggestivo bianco e nero di “Con tutto l’amore che posso” o quella accattivante anche se didascalica di “W l’Inghilterra” con il corpo di ballo con immancabile kilt, bombetta e ombrello. Una commedia musicale che nella rima parte prorompe nelle acclamate “Strada facendo” e “Vedrai” passando per la ispirata e commovente interpretazione in solitaria de “I vecchi”. La maratona ha anche qualche momento meno spumeggiante, ed è lì che le coreografia si fanno ancor più efficaci ancelle del gladiatore Baglioni.

Come, nella seconda parte dello show, in “Acqua dalla luna” con una folgorante parata di mascheramenti in salsa saga fantasy, ma anche citazioni un po’ meno congrue di “Arancia meccanica”. In “Tutti qui” Baglioni si siede al piano e torna in solo, come a riassumere il viaggio di una vita in musica, condivisa eppure sempre in fondo intimamente solitaria. Fino alla finale liberazione in cielo di uno stormo di colorati palloncini rossi che, mentre si canta quel “tornare piccoli”, simboleggia la musica che facendoci bambini ci salva facendoci sognare di “tornare liberi”.

Ogni album di Baglioni ha posto in questo tour kolossal. Tranne l’ultimo, quello in cantiere, ma stoppato. “Ci stavo lavorando con Celso Valli – svela Baglioni – ma con il tour in corso e il Festival di Sanremo ho dovuto fermarlo. Quindi niente nuove canzoni per ora. Eppure qualcuno mi chiede quali sono i miei progetti per il futuro. Questi 50 anni da rivivere”.

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