mercoledì 11 novembre 2009
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Davvero La prima linea è un film di cui tutti hanno parlato, ma che nessuno ha ancora visto. Liberamente tratto da Miccia corta (l’autobiografia di Sergio Segio, il terrorista di Prima Linea), il film di Renato De Maria, in 150 sale dal 20 novembre, getta acqua sulle polemiche create intorno a questa storia. Polemiche che hanno portato il produttore Andrea Occhipinti a rinunciare, alla vigilia della presentazione del film alla stampa, al finanziamento statale, dopo le dichiarazioni del ministro per i Beni e le Attività culturali, Sandro Bondi, sulla non opportunità di usare fondi pubblici «in rispetto della memoria di tutte le vittime del terrorismo, nonostante il film non sia un’apologia del terrorismo». Equilibrato e duro, Prima Linea racconta attraverso la voce narrante di Sergio Segio (interpretato da Riccardo Scamarcio) la nascita e la fine di Prima Linea, dai picchetti agli omicidi, fino all’organizzazione dell’evasione di alcune terroriste, tra le quali Susanna Ronconi, fidanzata di Segio, interpretata da Giovanna Mezzogiorno. «Volevo raccontare – ha spiegato il regista – il tono crepuscolare di quegli anni, descrivendoli con rigore. Sono rimasto colpito dalla giovane età dei terroristi: Sergio aveva compiuto omicidi quando aveva appena 22 anni. Riprendendo solo l’impianto narrativo del libro, abbiamo raccontato il film attraverso la separazione dei terroristi dalla realtà che li circondava. Vedevano il mondo attraverso una parete, un finestrino di una macchina e una cabina telefonica». E proprio per questa scelta stilistica i fratelli Dardenne, che coproducono il film, hanno subito aderito al progetto: «Non volevamo – spiega Luc Dardenne – che il film fosse un tribunale sui terroristi, ma che fosse l’itinerario di un uomo consapevole di essere un assassino. Il ritmo del film è un ritmo di agonia, dove le macchine che si preparano ad affrontare l’evasione dal carcere, si muovono tra le strade come macchine funebri, come se portassero cadaveri, di quell’ultimo uomo che uccideranno (un pensionato che passeggiava per caso vicino al carcere, ndr) e dell’amore tra i due protagonisti». Un ritmo che scandisce tutto il film, capace di entrare nella testa e nel cuore di quel terrorismo che ha portato la morte e non un mondo migliore: «Abbiamo per questo inserito nel film – spiega lo sceneggiatore Sandro Petraglia – la figura di Piero (Lino Guanciale) un amico "inventato" che, dopo aver militato in Lotta Continua, ricorda a Segio l’inutilità della violenza». Il film, che non è stato ancora visto anche se messo a disposizione delle associazioni delle vittime del terrorismo («non andrò a vedere il film – spiega Maria Teresa Furlan, figlia della vittima di Rovigo – per non rivivere il dolore di 27 anni fa»), non è stato apprezzato proprio da Sergio Segio e da Susanna Ronconi perché non farebbe emergere la genesi di quel fenomeno, «con il rischio che si tratteggi un Romanzo criminale, anziché fornire necessari elementi di lettura, comprensione e contestualizzazione».
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