giovedì 7 luglio 2011
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Chissà se Super 8, il nuovo film di J.J. Abrams dal 10 giugno in vetta ai botteghini Usa (e che sarà presentato oggi in Italia), piacerà più ai giovanissimi ai quali si rivolge o ai loro genitori quarantenni che hanno amato pellicole come Stand By Me, ET e i Goonies. Ma in fondo sono proprio queste le intenzioni del regista, classe 1966, già celebre per Star Trek, Mission Impossible 3 e le serie tv Lost e Alias: realizzare un classico film per ragazzi, molto personale, con tutti gli elementi (commedia, avventura, horror, romanticismo, azione, dramma) al posto giusto e al tempo stesso richiamare nelle sale gli ex bambini cresciuti con Steven Spielberg. Che non a caso è il produttore di Super 8, omaggio appassionato e cinefilo ai film prodotti dalla Amblin negli anni Settanta e Ottanta. Tant’è che il regista ha persino rinunciato alla tecnologia 3D colpevoli, a suo parere, di rendere sfuocate le immagini. Ma gli effetti visivi sono imponenti, curati dalla Industrial Light & Magic di George Lucas, un altro mito di Abrams. Ma veniamo alla storia del film, che in Italia il pubblico vedrà a settembre. Siamo nell’Ohio del 1979 (ma potrebbe essere anche oggi) e un gruppo di ragazzini con il pallino per il cinema sta girando un filmino amatoriale in super8 sugli zombie. Ma proprio durante le riprese della scena madre assistono a un misterioso incidente ferroviario che avrà conseguenze inimmaginabili. Tornati sul luogo della catastrofe infatti i giovani protagonisti scopriranno che la loro macchina da presa, rovesciatasi durante la fuga di quella notte, ha in realtà registrato qualcosa che loro non avevano potuto ancora vedere. Ci fermiamo qui per non rovinarvi la sorpresa, ma diciamo che stiamo parlando di segreti militari e incontri ravvicinati del terzo tipo, quelli che tanto piacciono a Spielberg, appunto. E poi naturalmente assisteremo a storie d’amore e d’amicizia, scontri tra padri e figli, famiglie che si spezzano e si ricompongono, sogni, piccole gioie e grandi lutti, perdita dell’infanzia e dell’innocenza, il tutto secondo le più classiche regole del romanzo di formazione e crescita. «In fondo tutto il genere fantasy ruota intorno a un’unica idea: il bisogno del padre e la paura di perderlo» ha più volte dichiarato il regista. Con il film, privo di star hollywoodiane e costato solo 50 milioni di dollari, un budget ridicolo rispetto ai kolossal estivi, si affaccia inoltre una nuova generazione di giovanissimi attori (protagonisti anche del film nel film e "autori" di alcune scene), capeggiati da Elle Fanning (sorella dell’enfant prodige Dakota), già famosa dopo Somewhere di Sofia Coppola che l’anno scorso ha vinto a Venezia. Certo, il film non raggiunge le vette di poesia e l’abisso di mistero toccato dai capolavori spielberghiani: le sue creature, buone o mostruose che siano, restano insuperabili. Però il film è la risposta "umana" all’infernale macchina hollywoodiana sempre più freddo e impersonale nello sfornare film tutti uguali, nati solo per far soldi. E a questo proposito un consiglio: non lasciate la sala prima della fine dei titoli di coda perché c’è ancora qualcosa per voi.
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