martedì 21 maggio 2024
Da oggi su RaiPlay la serie tv per ragazzi tratta dal libro di Luigi Garlando ispirato alla storica palestra di O Maè, Gianni Maddaloni, che dice: «Abbiamo ribaltato il senso negativo di una parola»
Una scena delle 10 puntate della serie tv di Rai Kids “Clan - Scegli il tuo destino”

Una scena delle 10 puntate della serie tv di Rai Kids “Clan - Scegli il tuo destino” - Rai Play

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O Maè è il “mahatma” di Scampia, lo sanno tutti, anche quelli che vivono rintanati nell’ultimo tugurio sgarrupato delle Vele. Gianni Maddaloni, 68 anni, figlio e padre prediletto di Scampia, è la grande anima generosa che considera tutti figli suoi agli scugnizzi nati e cresciuti qui, ai bordi della periferia remota di Un Messico napoletano che Peppe Lanzetta dovrebbe aggiornare continuamente nelle pagine del suo romanzo (ripubblicato daRoberto Nicolucci Editore). Dieci anni fa, le pagine dedicate alla nobile stirpe partenopea del judo sono state quelle scritte da Luigi Garlando. Lo scrittore italiano più amato dai ragazzi - milioni di copie vendute dalla serie ventennale della squadra dei Cipollini raccontati in Gol, fino all’ultimo Siamo come scintille - era sceso a Napoli dalla sua redazione milanese della “Gazzetta dello Sport” per scoprire il fantastico e complesso mondo di Scampia, per poi narrarlo in O Maè – Storia di Judo e di camorra. Così dopo il film Rai L’oro di Scampia, con Beppe Fiorello nei panni, anzi con il kimono di O Maè e il docufilm Clan Maddaloni di Andrea Salomone, ora dal libro di Garlando è stata tratta la serie di Rai Kids Clan Scegli il tuo destino. Prodotta da KidsMe e Mosaicon la serie, in 10 puntate di 25 minuti ciascuna, verrà trasmessa da RaiPlay il 23 maggio in occasione della “Giornata della Legalità”. Un ulteriore capitolo, credibile e appassionante quello del Clan che, alla vigilia della messa in onda, trova concordi Garlando e Gianni Maddaloni: «A differenza di Mare Fuori , specie la seconda edizione, in Clan c’è meno violenza e intende trasmettere quella speranza che nasce dalla volontà di riscatto di quei ragazzi nati e cresciuti in realtà di estrema periferia ». In questo caso Scampia, dove l’avamposto della speranza e della legalità è rappresentato dalla Judo Star. La palestra aperta da Gianni Maddaloni per una promessa, fatta e mantenuta, ai Giochi olimpici di Sydney 2000, in cui in mondovisione annunciò: «Se mio figlio Pino vincerà l’oro, allora dovrò fare qualcosa per la mia gente e realizzare un posto dove i giovani di Scampia potranno fare sport gratuitamente e combattere assieme a noi per sconfiggere la camorra». Parole, a rileggerle oggi, quanto mai profetiche. Da allora è iniziata la sfida di O Maè per strappare la giovane manovalanza dalle lunghe mani sporche della camorra e farsi carico dei figli dei detenuti. Come Francesco (l’attore Mikol De Falco), il protagonista di Clan, un ragazzo di 15 anni, nato a Scampia, con un padre latitante e un fratello che per tutti quelli del quartiere è “Ninja”, giovane già avviato nel tunnel maledetto della malavita. E anche il percorso di Francesco sarebbe segnato in quella direzione se nel suo cammino non si frapponesse il percorso Maddaloni e gli insegnamenti paterni di O Maè che nella serie Clan è interpretato da Antonio Milo, attore teatrale della grande tradizione napoletana e che il grande pubblico conosce come Raffaele Maione della serie Rai Il commissario Ricciardi. «Il Francesco del film, nome di fantasia ovviamente, rappresenta le centinaia di ragazzi che in questi 24 anni ho accolto alla Judo Star e con i quali abbiamo ribaltato il concetto negativo del termine “clan” che per noi ha preso il significato di gruppo che attraverso lo sport educa alla legalità spiega Gianni Maddaloni - . Così abbiamo ribaltato anche l’immagine di Scampia che spero, grazie anche a questa serie, si stacchi una volta per sempre l’etichetta appiccicatagli dal film e dalla serie tv Gomorra ». «Il mio libro ispirato dal Clan Maddaloni, è uscito dieci anni fa, nel 2014, proprio mentre su Sky impazzava la serie crime di Gomorra», ricorda Garlando. «Da quella serie sono passati messaggi ambigui e pericolosi - prosegue Maddaloni -. Troppi personaggi malvagi del film e di quella serie non corrispondono alla realtà, perché Scampia non è fatta per il 95% di soggetti che delinquono o che spacciano droga, ma al contrario da un 95% di gente sana e onesta che vive quotidianamente del proprio lavoro. Da noi chi vive nell’illegalità non è un eroe, ma una vittima, e come si vede in Clan quei giovani che hanno smarrito la retta via vengono indirizzati alla nostra palestra. Gli dicono “vai da Maddaloni” se vuoi tornare a fare una vita normale. E noi del Clan Maddaloni gli abbiamo dimostrato che le cose nel tempo possono, anzi devono cambiare». Gomorra è finita al tappeto cento, mille volte, sul tatami della Judo Star. E l’oro di Scampia è andato oltre quello della medaglia olimpica di Pino Maddaloni che ora potrebbe ritornare a risplendere sotto i riflettori di Parigi 2024 con la 22enne Susy Scutto. «Susy ha conquistato il pass per le Olimpiadi. È nata e cresciuta con noi e dopo ogni gara torna a Scampia: viene a mostrare le medaglie vinte e a condividerle con i ragazzi della palestra», racconta emozionato O Maè che ricorda quali sono le regole di ingaggio della Judo Star. «Il reclutamento dei figli dei detenuti avviene nelle carceri e non solo in quelle minorili come Nisida. Quando vengo chiamato dal procuratore o dal direttore del carcere dei “grandi” io non mi siedo mai al tavolo dei relatori, ma vado in mezzo ai detenuti. Puntualmente vengo ripreso e i magistrati mi dicono: “Maddaloni, devi stare qui con noi”. Ma io civilmente mi rifiuto e gli faccio notare che loro, i carcerati, sono la mia gente. A quel punto i detenuti si fidano e mi affidano i loro figli. E appena ottengono la messa alla prova io mi prendo in “affido” anche loro. Il 50% dei detenuti che entrano nella palestra non solo vengono rieducati alla legalità, ma poi tornano a lavorare e sono in grado di costruire un futuro per sé e per le proprie famiglie». Questa è la forza del Clan Maddaloni che a Scampia non è isolato, ma si avvale del volontariato e della collaborazione preziosa di tanti. «La piaga della camorra non puoi curarla da solo e noi qui ci siamo riusciti grazie alla fusione completa delle associazioni del territorio, al lavoro incredibile delle scuole e non ultimo con l’appoggio e la presenza costante delle forze dell’ordine che non svolgono solo azione di controllo ma operano con continuità per ristabilire quella sicurezza che per troppi anni era stata cancellata, come la speranza nel domani che invece adesso c’è». Quello che ancora manca è l’appoggio costante delle istituzioni politiche. Sulla Judo Star da tempo incombe la minaccia delle pendenze assurde (385mila euro di affitto) rivendicate dal Comune di Napoli e non ancora sanate. «Ma noi ringraziamo il Comune perché di questo spazio ne abbiamo fatto “un bene comune” - dice convinto Maddaloni -. Qui dentro “inclusione” non è rimasta una parola, troppo spesso solo sbandierata dalla po-litica, ma è diventata una realtà concreta. Lo Stato dunque deve aiutare realtà come la nostra a vivere e non a sopravvivere come facciamo da sempre aggrappandoci al buon cuore della gente comune, specialmente del Nord. Come Angelo, un pensionato di Genova che ogni anno mi spedisce un bonifico per aiutarmi a pagare le bollette della luce e dell’acqua della Judo Star». Questo non si vede in Clan di cui Garlando è pienamente soddisfatto per la trasposizione: «Molto bravo il regista Daniele Barbiero nella ricostruzione dell’atmosfera della palestra e dei ragazzi di Scampia, alcuni dei quali sono degli allievi di O Maè». E a O Maè spetta l’ultima parola sulla serie: «Ho visto un paio di puntate e mi sono piaciute. Spero che possano andare anche in prima serata su Rai1. Lo dico perché sarebbe un bene se la maggior parte degli italiani vedessero e capissero una volta per tutte cos’è veramente Scampia. Questo è un momento molto difficile per i giovani di tutte le periferie d’Italia dove la violenza dilaga, e allora il nostro Clan può essere d’esempio, a cominciare magari per la vicina Caivano».

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