sabato 21 febbraio 2009
Da pochi mesi è il presidente del club felsineo: «Il pallone è maschile ma non maschilista. Cosa trovo assurdo? Il livello degli stipendi»
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«Chi del Bologna s’inten­de... », come canta Lu­cio Dalla, sa che que­sta volta la casa rossoblù è nelle ma­ni giuste. Sono le mani gentili di u­na donna, Francesca Menarini, «45 anni», dichiara senza alcun pudore: la prima “presidentessa” in 100 anni di storia del Bologna Fc, fondato il 3 ottobre 1909. Ci accoglie in tailleur d’ordinanza in una breve pausa di lavoro nella se­de della Cogei, l’azienda di famiglia specializzata in costruzioni. La gior­nata di questa giovane imprenditri­ce elegante, dal fisico atletico che ri­manda a Lady Diana, comincia pre­stissimo e si divide tra le ore in uffi­cio a seguire i nuovi progetti edili e il “cantiere” aperto del Bologna, im­pegnato nella missione salvezza. Un compito arduo, portato avanti con estrema decisione, dribblando sicu­ra le critiche, ogni insinuazione per­fida o satirica (compresa quella di Teocoli: «Lei non potrà mai entrare nello spogliatoio a strigliare la squa­dra ») sul suo ruolo “anomalo” di nu­mero uno di un club di serie A. Signora, come nasce questa sua pas­sione per il Bologna? «Da bambina mio padre Renzo mi portava al Dall’Ara, lì è scoccata la scintilla. La prima cotta calcistica è stata per il Bologna di Beppe Savol­di. Crescendo ho continuato a se­guire la squadra, ma a distanza. Mi sono riavvicinata quattro anni fa quando siamo diventati soci di mi­noranza nella gestione Cazzola. A­desso che la proprietà è nostra, na­turalmente non perdo una partita in casa e quando posso cerco di anda­re anche in trasferta». Un impegno costante e quotidiano, ma quante ore lavora? «Dalla mattina alla sera mi divido tra la Cogei e il Bologna. Un sacrificio certo, ma sono la mia vita. Riuscire a conciliare non è semplice, però sia nell’azienda che nel calcio ognuno sa qual è il suo compito e lo assolve nel migliore dei modi. Mi piacereb­be avere più tempo per andare a Mi­lano in Lega, ma il più delle volte al­le riunioni partecipa mio padre». Come l’hanno accolta i “megapre­sidenti” della serie A? «Ho trovato un ambiente molto di­sponibile, maschile, ma non ma­schilista. Sono stata accettata da su­bito, ma più come persona e im­prenditrice coraggiosa che come donna prestata al calcio». Le quote rosa nel Palazzo del pallo­ne sono ancora rarità. «Intanto la vicepresidente di Lega è Rosella Sensi che è anche patron del­la Roma. In campo cominciano a ve­dersi delle guardalinee e questo mi pare un ruolo di una certa respon­sabilità. Magari prima o poi arriverà anche l’arbitro donna». Se lo augura perché potrebbero far meglio degli arbitri uomini? «Da quando sono entrata nel calcio sento sempre parlare dell’arbitro co­me di un problema; io penso che sia necessario valutare il loro operato partendo dal fatto che in quanto es­sere umani sbagliano come tutti noi. È capitato che qualche decisione ab­bia danneggiato il Bologna, ma ho sempre visto la buona fede anche negli errori più grossolani». C’è un aspetto del sistema-calcio che non la soddisfa? «Gli ingaggi dei calciatori, sono trop­po elevati. In un tempo di crisi nera, in cui tanta gente fa fatica ad arriva­re a fine mese, credo che dovremmo collaborare tutti per evitare gli ec­cessi e cercare di venire incontro a quelle fasce che sono in difficoltà e per le quali il calcio rappresenta u­na boccata d’ossigeno, un gancio con la normalità». Questo rientra nel suo progetto di fare del Bologna un vero “prodotto sociale”. «Abbiamo cominciato con il ridurre i prezzi dei biglietti per i giovani e per gli anziani e con il rendere più age­vole l’accesso e la visione della par­tita alle scolaresche e alle persone disabili. Inoltre stiamo aderendo al progetto di riciclaggio Last minute market. I cibi che non vengono con­sumati nel catering domenicale che offriamo agli abbonati della Tribuna platino, con appositi contenitori lo portiamo alle associazioni che poi si occupano di distribuirlo alle mense dei poveri». Un altro obiettivo che si è data è quello della valorizzazione del set­tore giovanile rossoblù... «Dopo tanti anni siamo tornati al Torneo di Viareggio. Il nostro patri­monio da qui in poi dovrà essere il vivaio che deve dare un’opportunità a tutti quelli che da bambini comin­ciano a giocare nei campetti di quar­tiere. Andrò a conoscerli e a parlare con ognuno di questi ragazzi del no­stro settore giovanile per dirgli che il loro sogno di arrivare in prima squa­dra è anche il nostro». Quanto è stato vicino al suo Bologna quel “genio ribelle” di Mario Balo­telli che gioca nell’Inter, vostra av­versaria di oggi? «Lo abbiamo cercato, era nella lista dei rinforzi con Paz­zini e Osvaldo, che poi è arrivato. Balotelli è un giocatore che mi piacerebbe vedere nel Bologna, ma siccome è un grande talento gli auguro di realizzarsi lì nell’Inter». Ha notato che più che dell’Inter si parla esclusivamente di Mourinho? «Rientra nel gioco dei media. Mourinho è un personaggio ac­cattivante che ha fat­to presa con la sua ag­gressività. Qui a Bolo­gna accade la stessa cosa con Mihaj­lovic, di cui si parla molto più di quanto non si faceva con Arrigoni». Dopo due mesi al comando del Bo­logna lei con Arrigoni ha conosciu­to e messo in atto anche la pratica dell’esonero dell’allenatore. «Purtroppo è una delle tante leggi non scritte del calcio che certo non posso cambiare io che sono l’ultima arrivata. Comunque il cambio era necessario e visti i risultati anche az­zeccato. Mihajlovic è un eccellente allenatore e soprattutto una perso­na di grandissima umanità». La Bologna di sinistra non la pensa proprio così e non perdona al serbo le simpatie per la “ Tigre” Arkan. «La politica deve stare fuori dal cal­cio, così come ogni forma di stru­mentalizzazione che il più delle vol­te genera violenza. Io non conside­ro nostri sostenitori quelli che si so­no macchiati dell’aggressione al tifo­so juventino fuori dallo stadio». La violenza si combatte anche con stadi più accoglienti e sicuri? «Certo e ci stiamo già lavorando, ma la volontà di costruire un nuovo im­pianto sul modello inglese non di­pende solo dal Bologna. Mi auguro si arrivi presto a uno stadio per le fa­miglie, di proprietà del club con par­cheggi comodi e strade di accesso che evitino di partire 3 ore prima per andare a vedere una partita». Queste famiglie di tifosi del Bolo­gna cosa devono aspettarsi dal fu­turo della loro squadra del cuore? «Quest’anno dobbiamo pensare so­lo a salvarci. Poi l’obiettivo minimo del Bologna dovrà essere la zona Ue­fa. E l’obiettivo massimo sarà - Fran­cesca fa una pausa, poi sorride di­vertita - … Ancora la zona Uefa».
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