domenica 13 settembre 2009
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Le sorelle Vincenziane a Minga, un villaggio nella foresta tropicale della Tanzania del Sud, a pochi chilometri dal confine con il Mozambico, raccontano con semplicità di «produrre l’energia elettrica in giardino». I Padri missionari in Guinea Bissau la coltivano da anni. I Frati Cappuccini Minori hanno avviato in Madagascar un progetto con la Delta Petroli. I missionari dell’Aefjn (Africa Europe faith and justice network), una rete di 43 congregazioni religiose maschili e femminili presenti in Europa e in Africa, l’hanno piantata in Togo, Ghana, Senegal, Mali, Costa d’Avorio e Niger: stiamo parlando della Jatropha Curcas grazie alla quale tantissime missioni e villaggi dei Paesi in via di sviluppo si sono resi autosufficienti dal punto di vista energetico. «Tre semi per la green economy»: uno slogan efficace se riferito a questa pianta originaria dei Caraibi e appartenente alla famiglia delle Euforbiacee. Traghettata nelle colonie in tutto il mondo dai marinai portoghesi da cui veniva usata per costruire recinzioni a protezione di orti e giardini e, addirittura, per recintare tombe e cimiteri, solo di recente ne sono state scoperte le preziose e molteplici qualità. Ogni frutto contiene tre semi che, dopo la semplice spremitura a freddo, producono un olio combustibile che – quando brucia – non produce fumo ed ha un impatto zero in termini di emissioni di anidride carbonica. Può essere coltivata in condizioni di scarsa piovosità, sopravvive anche a due anni di siccità e vive in ogni tipo di terreno, persino nelle zone in prossimità del deserto dove non si riesce a coltivare altro. È quindi accessibile anche nelle zone rurali più povere e, a differenza della maggior parte delle altre piante che producono semi oleosi (grano, mais, soia, eccetera), non è commestibile, né per gli uomini né per gli animali. I residui dei semi spremuti sono un ottimo fertilizzante e le sue radici proteggono il terreno e con l’olio si fabbricano saponi. Ha una vita media tra i 40 e i 50 anni. Può esser piantata in posizione ravvicinata con una maggior resa: un ettaro coltivato a Jatropha può produrre fino a 1900 litri di olio combustibile, quasi quattro volte più della soia e dieci volte rispetto al mais. Infine sul suo fusto si arrampica come pianta parassita la vaniglia: un connubio che potrebbe rivelarsi ulteriore fonte di guadagno. Non è un caso che questa pianta abbia destato anche l’interesse di molte nazioni, come l’India, che l’ha inclusa nel piano per l’indipendenza energetica entro il 2012: nel solo Stato del Chhattisgarh ne verranno piantate 160 milioni di esemplari. Ma anche il mondo delle industrie ne sta facendo oggetto di ricerca e di sviluppo: la società finlandese Wärtsilä ha dato avvio alla prima centrale elettrica a biocarburante a Merksplats in Belgio.Nata da una joint venture con la Thenergo, società belga di progetti di energia sostenibile e le aziende agricole locali, sarà una centrale da 9 Megawatt per un costo di 7 milioni di euro. «Inizialmente – ha detto Ronald Westerdijk, responsabile dello sviluppo della Wartsila – l’impianto produrrà energia elettrica per 20.000 abitazioni mentre il calore prodotto verrà utilizzato da agricoltori locali per riscaldare le serre ed in particolari processi di asciugatura di fertilizzanti». In Sardegna il gruppo internazionale Icq ha presentato un progetto per trasformare e riavviare la centrale elettrica della ex cartiera di Arbatax utilizzando l’olio vegetale a basso tasso di inquinamento ricavato dalla Jatropha, che già coltiva in Benin e Brasile su una superficie di mezzo milione di ettari. In provincia di Ascoli Piceno la Jatropha Curcas verrà utilizzata per un’altra centrale: la società impiantistica Troiani e Ciarocchi di Monteprandone ha stipulato un accordo con il governo del Madagascar per la coltivazione di 100.000 ettari a Jatropha. L’investimento ammonta a 5 milioni di euro grazie ai quali si prevede di poter ricavare 300.000 tonnellate di olio vegetale. «L’obiettivo – spiegano i titolari dell’azienda – è quello di poter favorire entro due o tre anni la costruzione nel territorio ascolano di tante centrali elettriche di piccole dimensioni, alimentate proprio con quest’olio».
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