sabato 28 maggio 2022
Un secolo fa la nascita del grande compositore greco che lavorò anche con Le Corbusier affiancando nelle sue ricerche sul suono ingegneria e architettura dando vita alla cosiddetta “musica stocastica”
Jannis Xenakis

Jannis Xenakis - Wikimedia commons

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Cento anni fa cominciava una nuova era della musica con la nascita di un autentico pioniere della ricerca sonora. Del genio di Iannis Xenakis, di cui oggi si celebrano i cento anni dalla nascita (il 29 maggio 1922), sono ancora testimonianza le sue composizioni, che vanno dallo strumento solo al gruppo da camera, dal quartetto d’archi alla grande orchestra, dal gruppo di voci sole fino alle composizioni elettroniche per nastro magnetico, facendone una delle voci più significative del secondo Novecento, di «fisicità pura e sconvolgente».

Nato in Romania da famiglia greca amante della musica cui lo introdusse sin da bambino, si trasferì in Grecia a 10 anni e vi arrivò agli studi di Architettura e Ingegneria, abbandonati nel 1941 per prendere parte alla Resistenza contro l’invasione nazista, finendo nel 1945 gravemente ferito, col viso sfigurato e la perdita di un occhio, durante la guerra civile. Perseguitato per l’opposizione alla legge marziale nella Grecia liberata, decise di fuggire, procuratosi un passaporto falso, in Francia. Fu quindi condannato a morte in contumacia.

«Per anni sono stato tormentato dal senso di colpa per aver lasciato il Paese per cui avevo combattuto – ha scritto anni dopo –. Ho lasciato amici in prigione, altri morti. Sentivo di essere in debito con loro e sentivo di avere una missione. Dovevo fare qualcosa di importante per riguadagnare il diritto alla vita. Non era solo una questione di musica, era qualcosa di molto più significativo». A Parigi cominciò a lavorare come ingegnere nello studio di Le Corbusier, oltre che a studiare musica con Olivier Messiaen (con cui studiavano anche Stockhausen e Jean Barraqué), che lo incoraggiò a pensare a come si potesse costruire un suono come si costruisce una struttura fluida.

È lì che collabora alla progettazione di opere storiche, modelli architettonici di forma ondulata, concava o convessa, dando anche un contributo sostanziale alla realizzazione nel 1958 del Padiglione Philips alla fiera di Bruxelles, dove è con Edgar Varèse quando vi si esegue Poème électronique. Nel frattempo (1953/54) aveva composto Metastaseis e Annestenaria considerata la sua prima vera cosa matura, basate su concetti architettonici. Nel 1954 Xenaxis entra nel Groupe de Recherches de Musique Concrète dedito allo studio e produzione di musica elettronica e poco dopo incontra il direttore d’orchestra Hermann Scherchen, colpito da Metastaseis, che volle eseguire.

Con lui nacque un rapporto fruttuoso che andò avanti per molti anni. La sua notorietà fu immediata e la musica divenne il suo lavoro. Nel 1965 diventò cittadino francese. Nel 1966 fondò l’Equipe de Mathématique et Automatique Musicales. In seguito ideò un sistema informatico chiamato Upic, in grado di tradurre immagini grafiche in risultati musicali, e più avanti lavorò sulla legge delle probabilità e sviluppò quella che definì “musica stocastica”, riferita a quel ramo della matematica che studia l’attività casuale delle particelle. Ha insegnato all’Università dell’Indiana dal 1967 al 1972 e ha lavorato come professore in visita alla Sorbona dal 1973 al 1989 e tenuto lezioni al Gresham College di Londra.

Nel 1983 è stato eletto membro dell’Académie Française. Colpito da una malattia degenerativa, dal 1997, dopo aver composto O-Mega per percussione solista e orchestra da camera, non fu più in grado di lavorare. Morì il 4 febbraio 2001 in casa a Parigi. La sua è stata una produzione ricchissima, basata su una ricerca sperimentale d’avanguardia, eppure con radici nella classica cultura greca dionisiaca che crea una tensione interna ai lavori migliori, pronta a venire in superficie appena gli stimoli tecnologici della gabbia teorica si allentano.

Alex Ross ha scritto che Xenakis «ha prodotto alcune delle musiche più crude e selvagge della storia, suoni che esplodono intorno alle orecchie, impiegando metodi rari per liberare energie primordiali». Compositore «delicatamente poetico e/o violentemente brutale», secondo una definizione di Messiaen, sin da Orient-occident del 1960, per nastro magnetico con un accordo finale in re minore straniante e poetico, o Nuits del 1968 per dodici voci soliste che è una vera esplorazione del suono. Compone così lavori elettronici ma anche con strumenti tradizionali da Pithoprakta per orchestra a Eonta per piano e ottoni. Sempre partendo da basi matematiche, dagli anni ’80 punta su più immediatezza e un’apparente semplificazione delle strutture, come, solo per fare un esempio, in Pour la paix per coro, voce recitante e nastro.

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