martedì 7 gennaio 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
«Honda su Hon­da... », canta l’on­da anomala nip­ponica di Mila­no, sponda ros­sonera. Dal mare magnum del cal­ciomercato globale è sbarcato al Milan il centrocampista giapponese Kei­suke Honda. Per il ct del Giap­pone, il nostro Alberto Zac­cheroni, si tratta di un «top­player », per l’ad del Milan A­driano Galliani di un «grande acquisto». Il 27enne di Settsu, arrivato dal Cska Mosca (era svincolato), è un buon giocatore, ma come sempre quando si tratta di un campioncino made in Japan dietro, prima di tutto, c’è sem­pre il business.  Il Milan ha solo i diritti tecnici del nuovo numero “10” che dal Sol Le­vante si è portato in dote una ven­tina di sponsor personali, per un introito commerciale, dicono, da 10 milioni di euro l’anno. Manager e dottori del marketing da Tokyo stan­no già accendendo le loro calcolatri­ci e sono pronti a invadere Milano e i suoi 350 ristoranti giapponesi, o pre­sunti tali. Sushi e football, sarà il menù domenicale per molti dei circa 300mila turisti nipponici che ogni anno atterrano sotto la Madonnina e che da ora, fino all’an­no dell’Expo milanese (2015) nella lista della spesa - da “malati di shopping” - metteranno anche un biglietto di tribuna a San Siro. Con Honda torna in voga il “pacchetto giappo­nese” (visita alla città, con pernotto - minimo 4 stelle - e poltrona allo stadio) del quale fu pre­cursore Luciano Gaucci quan­do nell’estate del ’98 portò al Perugia Hidetoshi Nakata.  Il prode Hide, al quale ora viene paragonato Honda, arrivò in Umbria seguito da uno scia­me di con­nazionali attratti dal suo ta­lento, ma soprattutto dalla sua aurea di “fashion victim”. La stampa sportiva, nono­stante veniva da un ottimo Mondiale e dal 2° titolo conse­cutivo di “miglior giocatore a­siatico”, lo accolse cortese­mente dandogli del «mezzo bidone», stile Kazuyoshi Miu­ra, (l’ex genoano che nel ’94 fu il primo calciatore giapponese a giocare in Serie A, 21 presenze un gol, nel derby con la Samp). In­vece Hide-gol stupì subito al debutto con una storica doppietta alla Juventus e dopo essere diventato l’eroe degli ul­trà perugini e di un fumetto, chiuse la sua prima stagione italiana in doppia cifra (10 gol in 32 partite). Ad ogni sua rete corrispondeva un sensibile au­mento delle presenze giapponesi al Curi e per la gioia di “Big Lu­ciano” il cartellino di Nakata lie­vitò fino a 50 miliardi di vecchie lire. Tanto sborsò l’amico Franco Sensi, allora patron della Roma, al Perugia che nel con­tratto di cessione di Nakata inserì il famigerato “pac­chetto” di promozione turistica e commercia­le.  Nella capitale la pressione mediatica e la re­sponsabilità del ruolo di “vice-Totti”, bloccaro­no il timido e introverso Hide che segnò anco­ra alla Juve il “gol-scudetto” nella sfida di Tori­no, ma la torcida romanista quando l’anno do­po riparò al Parma (poi passò al Bologna e alla Fiorentina per chiudere con il calcio ad appe­na 30 anni) lo salutava con lo striscione «Naka­tastrofe ». Dopo il colpaccio di Gaucci, Zamparini, ai tem­pi padre-padrone del Venezia, volle emularlo acquistando il fantasista, sì fa per dire, Hiroshi Nanami. «Non si tratta di una operazione di marketing: lo abbiamo acquistato solo perché è il più forte giocatore giapponese», mise le ma­ni avanti Zamparini che, però, si accorse pre­sto di aver preso un abbaglio colossale come dimostrano le 24 presenze e una sola rete del­l’evanescente Nanami. Il Venezia scivolò dritto in B e del suo passaggio non restò traccia. Stes­sa sorte per Atsushi Yanagisawa, l’attaccante che svernò due anni in Italia, tra Samp e Mes­sina. Ha lasciato il segno, invece, in Calabria, Sun­shuke Nakamura che non era il “Baggio d’O­riente”, ma era dotato di un sinistro sopraffino e nella sua avventura alla Reggina ha realizza­to 11 gol in 81 partite. Un buon affare anche in termini di merchandising per il presidente Lil­lo Foti che sognava di piazzare in Giappone un numero di maglie di Nakamura pari a quelle che di Nakata erano state smerciate da Gaucci, oltre 50mila. Cifra distante, ma a conti fatti Nakamura rimane, comunque, l’ultima gioiel­lo che ha brillato al Granillo fino al 2005, quan­do si trasferì al Celtic Glasgow, prima di tornar­sene in patria. Viaggio di ritorno amaro per Takayuki Mori­moto che il Catania aveva scovato appena 18en­ne al Tokyo Verdy, ma che non è riuscito ad e­mergere sotto l’Etna e neppure nella seconda chance offertagli dal Novara. Perciò il neofita Honda, oltre al primato già acquisito di busi­nessman in campo, può insidiare anche quel­lo di “miglior giapponese” della Serie A che at­tualmente, però, spetta al suo amico e coscrit­to (classe 1986) Yuto Nagatomo che gioca nel-­l’Inter. Al suo ingresso alla “Scala del calcio” (nel 2011) era stato scambiato per l’ennesimo “man­dorlato tarocco”, oggi per gli interisti è sempli­cemente «Nagatomico». Un pilastro dei neraz­zurri che non avrà mai alle spalle gli sponsor munifici di Honda ma, in compenso, ha già se­gnato 8 gol e per uno che gioca da difensore è davvero un gran bottino.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: