mercoledì 22 febbraio 2012
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​Nel 1945, al momento della disfatta nazista, una compagnia francese occupa un villaggio tedesco e il capitano Louyre, che la comanda, in una fattoria abbandonata trova una ragazzina inselvatichita con un cadavere carbonizzato nel fienile. Sembra l’inizio di una trama in giallo, ma L’insonnia delle stelle (Marco Tropea, pp.174, euro 14,90) di Marc Dugain va ben oltre la ricerca di un colpevole d’omicidio: attraverso il dramma dell’adolescente, la cui madre era scomparsa dopo l’internamento nella clinica psichiatrica del villaggio, porta allo scoperto la pratica dell’eliminazione dei malati mentali perpetrata dalla follia eugenetica del nazismo.Marc Dugain, cinquantacinquenne, è stato imprenditore aeronautico prima di debuttare come scrittore nel ’98 con il romanzo La chambre des officiers, un best seller pluripremiato che divenne anche un film, e da allora ogni suo romanzo si attesta sulle 100.000 copie.Ci sono tanti romanzi ambientati durante l’occupazione tedesca della Francia, è interessante che questo riguardi invece la Germania occupata dai francesi. Si basa su una storia vera?«Si tratta di una fiction, ma ispirata alla storia familiare del musicista Stockhausen la cui madre, affetta da depressione, fu internata prima della Seconda guerra mondiale in un ospedale psichiatrico da cui non ritornò mai». Il genocidio degli ebrei è in testa alla lista dei crimini nazisti, ma lei ha voluto puntare il dito anche contro tante altre vittime innocenti, come i malati mentali?«Si è parlato poco di questa pratica del nazismo che anticipa la Shoah e la prefigura. Però in questo caso Hitler ha dovuto fare marcia indietro davanti a un’autorità, in particolare la Chiesa Cattolica, perché è stato per primo monsignor Von Galen che ha espresso indignazione sulla sorte dei malati mentali. E poi ho voluto lanciare un allarme sul fenomeno dell’eugenetica, che oggi dovrebbe essere al centro del dibattito etico».Nel senso che la chirurgia estetica e le pratiche anti invecchiamento potrebbero snaturare l’uomo?«Con la scusa di migliorarsi, l’uomo di oggi è capace di modificarsi geneticamente, penso che sarà il più grande dibattito filosofico e morale al quale assisteremo, perché si ha l’intenzione di costruire un uomo perfetto biologicamente e intellettualmente. In questo modo ci allontaniamo sempre più dalla natura per diventare una specie in gran parte costruita da noi stessi. A questo riguardo nascono secondo me delle questioni morali e anche politiche fondamentali, non sufficientemente dibattute».Il capitano Louyre, nella sua inchiesta, agisce sempre nel rispetto dei valori umani. Che rapporto ha, questo suo tipo di approccio, con il fatto che nella vita civile lei gli ha scelto la professione di astronomo?«Mio padre era un grande fisico atomico e la figura del protagonista è un omaggio a lui. Ho sempre avuto grande considerazione per gli uomini e le donne che spingono la loro coscienza abbastanza lontano per posizionarsi tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, e accettano che la questione della verità non sia qui ma al di là, e hanno una vera preoccupazione metafisica».Nel romanzo si fronteggiano vincitori e vinti: è la metafora di tutti gli irriducibili conflitti storici?«In un conflitto come l’ultima guerra mondiale, c’è stato un unico vinto: l’umanità. Per fortuna, ci sono stati anche uomini e donne che hanno mostrato il valore della specie umana. È l’eterna storia dello scontro tra le forze del bene e del male. Vedo il bene e il male come elementi che reggono l’umanità nell’intimo, e lo studio di questo fenomeno è la problematica che più m’interessa come scrittore».Pensa che gli odi e le rivalità che hanno messo gli uni contro gli altri i popoli europei durante i conflitti mondiali incidano sugli attuali equilibri della Ue?«La volontà di superare questi antagonismi ha contato molto sullo sviluppo dell’Europa, che però secondo me è stata fatta un po’ troppo affrettatamente e su valori ereditati dal modello americano, senza che facessimo lo sforzo di costruire un’entità basata sui nostri propri valori. Presi tra differenti imperialismi economici, stiamo per esplodere perché affidiamo il nostro destino di Europei al mercato e agli interessi che vengono dal di fuori».Quali potrebbero essere questi nostri valori?«Dobbiamo opporci al materialismo che distrugge la nostra civiltà, ci mostriamo incapaci di imporre la nostra cultura come fermento per l’Europa di domani. Parliamo più spesso delle nostre colpe invece che di quello che ha fatto grande l’Europa, e abbiamo anche un’inquietante tendenza a dimenticare la nostra eredità cristiana. Io sono un europeista convinto, a condizione che l’Europa si faccia sui nostri valori e non su quelli altrui, che oggi dominano a Bruxelles».
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