mercoledì 26 agosto 2009
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Sul più grande conflitto che la storia ricordi c’è la sua firma: Adolf Hitler. Non si discute. Fu il Führer a far precipitare gli eventi il primo settembre di settant’anni fa, invadendo la Polonia e provocando la reazione delle altre potenze. Ma la seconda guerra mondiale può essere addebitata soltanto ai tedeschi? Siamo proprio certi che i governi occidentali agirono unicamente per fermare la barbarie nazista? Sono questi gli interrogativi sollevati da Richard Overy, storico inglese dell’università di Exeter, autore di un interessante saggio in uscita Le origini della seconda guerra mondiale (Il Mulino, pp. 206, euro 13,00). Oltre a un volume più di taglio narrativo Sull’orlo del precipizio. 1939 I dieci giorni che trascinarono il mondo in guerra (Feltrinelli, pp. 160, euro 14,00).Professor Overy perché la seconda guerra mondiale non può essere considerata solo la «guerra di Hitler»? «Innanzitutto la guerra venne dichiarata dalla Gran Bretagna e dalla Francia contro la Germania, e non viceversa. Poi ovvio che le ostilità si aprirono dopo che Hitler invase la Polonia. Ma bisogna considerare l’instabilità del contesto internazionale. Negli anni fra le due guerre la maggior parte degli statisti europei condivideva un senso di superiorità culturale e razziale che non fu un appannaggio esclusivamente tedesco: secondo un pregiudizio diffuso il potere bianco fuori dall’Europa era benefico per tutti, dominanti e dominati. E l’imperialismo forniva uno sbocco all’emigrazione e al commercio europei. Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra nel 1939 per cercare di stabilizzare un ordine mondiale, di cui erano stati i principali beneficiari. Dopo la prima guerra mondiale per loro era cominciato un progressivo declino, acuito dalla crisi economica. Mentre in alcuni Paesi erano emerse ideologie nazionalistiche come in Germania, Italia, Giappone...». Che cosa potevano fare le potenze occidentali dopo l’occupazione della Polonia? «Era di sicuro una situazione che non potevano accettare. Ma la loro reazione non fu, come spiegano alcuni storici, solo la semplice risposta all’aggressività di Hitler. C’erano in gioco le loro ambizioni di ristabilire un ordine internazionale. La lotta per la Polonia era insomma un mezzo per affermare la potenza francese e britannica nei Balcani, nel Mediterraneo e anche nell’Estremo Oriente. L’immagine tradizionale delle democrazie occidentali che agivano per difendere lo spirito della Società delle Nazioni contro i totalitarismi non regge. Badavano più alla difesa dei loro interessi che al "salvataggio" dell’Europa orientale. E se non avessero raggiunto una posizione sufficientemente forte per dichiarare guerra alla Germania, la Polonia sarebbe stata probabilmente sacrificata come era accaduto per la Cecoslovacchia».La guerra poteva essere evitata se le potenze occidentali si fossero opposte prima ad Hitler, evitando la politica delle concessioni (l’appeasement)?«In quel periodo avevano anche altri problemi, come la guerra italiana in Etiopia e l’espansione giapponese in Cina. E all’interno l’opinione pubblica inglese e francese era fortemente contraria a un conflitto. Ma soprattutto né Francia né Gran Bretagna si sentivano abbastanza potenti da sconfiggere le potenze dell’Asse con la forza. Con il Patto d’Acciaio poi l’Italia fu utile ad Hitler come mezzo di pressione nel Mediterraneo, riducendo la possibilità che inglesi e francesi potessero intervenire in Europa orientale». Perché Usa e Urss non intervennero prima che si aprisse la crisi mondiale?«In parte perché solo la grande depressione rivelò che Francia e Gran Bretagna non erano più superpotenze. Però le ragioni principali del loro isolazionismo erano interne. Negli Usa l’opinione di non coinvolgersi nel conflitto era troppo forte per Roosevelt impegnato in una campagna senza precedenti per il terzo mandato. E in Unione Sovietica, Stalin era troppo intento a consolidare il potere comunista. Poi, al di là di quello che dicono oggi Putin e i russi, con il Patto Molotov Ribbentrop l’Urss cercò di estendere la sua influenza in Europa orientale, dando tra l’altro ad Hitler l’illusione che le altre potenze non sarebbero intervenute. C’è sempre stata nella storiografia occidentale la tendenza a mettere in risalto più le atrocità naziste che quelle sovietiche. Come nel caso del massacro di Katyn in cui la polizia sovietica fucilò migliaia di ufficiali polacchi».Oggi la situazione mondiale, con l’emergere di pulsioni nazionaliste, può generare una nuova guerra globale?«Non credo. La possibilità di conflitti che coinvolgono un numero limitato di Stati è già stata dimostrata in Afghanistan e in Medio Oriente. Però più ci allontaniamo dall’epoca delle due guerre mondiali, più diventa chiaro che si trattava di un periodo particolare con una serie di influenze destabilizzanti. Oggi ci sono nuove fonti di potenziale instabilità, ma per ora non sono così forti da creare una crisi globale. Anche se, come con la guerra al terrorismo, la minaccia può essere amplificata».La Chiesa fece abbastanza per scongiurare la guerra?«Ci furono gli appelli per la pace da parte del Papa. Ma i leader politici e militari non erano inclini ad ascoltarli perchè c’erano in ballo questioni di interesse nazionale. La pace avrebbe potuto esserci soltanto attraverso l’auto-controllo dei governi coinvolti… Ma quando fu chiaro che Hitler minacciava gli interessi francesi e inglesi anche il primo ministro britannico Chamberlain scrisse all’arcivescovo di Canterbury: "Ho sperato tanto che avremmo evitato queste tragedie. Ma credo sinceramente che con quel pazzo fosse impossibile"».
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