venerdì 8 maggio 2009
Il premio Scarpa, massimo riconoscimento su architettura e natura, viene consegnato domani all’opera di Kaija e Heikki Siren, costruita a metà ’900 Tra le migliori espressioni dell’arte del secolo scorso, la Cappella premiata sorge in una radura di un bosco, nella penisola dove ha sede il politecnico della capitale
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Alla fine degli anni ’ 80 fece un certo scalpore la ' Cappella sull’acqua' progettata da Tadao Ando a Tomamu, nell’isola di Hokkaido. Dall’interno di tale chiesa, attraverso una vetrata che occupa tutta la facciata, si osserva una grande croce che sorge all’esterno, da uno specchio d’acqua in cui si riflettono le cime dei vicini alberi. Una magnifica idea: l’architettura si fonde nella natura. Senza nulla togliere alla genialità di Ando, il concetto basilare di quel progetto era già stato esplorato diversi anni prima ( 1957) in Finlandia, dagli architetti Kaija e Heikki Siren, nel realizzare la Cappella di Otaniemi, che quest’anno sale agli onori della ribalta perché riceve il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino. Giunto alla ventesima edizione, questo Premio, che sarà attribuito nell’ambito di una cerimonia domani a Treviso ( informazioni nel sito www.fbsr.it), si distingue nettamente dalle molteplici iniziative che nel mondo mirano a segnalare opere architettoniche di pregio: si incentra infatti non tanto sulla produzione progettuale, quanto sulla composizione paesaggistica e sull’equilibrio tra intervento umano e natura. Pertanto la specificazione "per il giardino" è da intendersi nell’accezione più vasta: il mondo nel suo complesso potrebbe, e dovrebbe, esser inteso responsabilmente come luogo in cui realizzare con pacata sapienza un misurato insieme in cui si riconoscano come non contrapposti, ma contigui e mutuamente interdipendenti l’opera dell’uomo e il creato. Così le scelte compiute dalla giuria del Premio derivano dal valutare la compiutezza di tale equilibrio ambientale, in cui l’aspetto estetico non è inteso quale impatto emotivo sconvolgente, né quale semplice ' inserimento' delle architetture nel contesto ( l’idea di ' inserire' infatti contiene in sé una invincibile alterità tra ciò che sopravviene e quanto esso incontra), ma quale convincente reciproco completamento di sintropiche presenze. Vista sotto questa luce, l’attribuzione del Premio alla Cappella di Otaniemi diviene espressione di notevole forza emblematica. Come si dice nella motivazione del Premio, la Cappella « trova posto dalla metà del Novecento in una radura dentro un brano di foresta nel punto più alto della penisola nella quale viene trasferito il prestigioso campus universitario del Politecnico di Helsinki » . Il masterplan del nuovo insediamento era stato affidato fin dagli anni ’ 40 a Alvar Aalto, ma la decisione di costruire la cappella universitaria fu degli studenti, che reperirono anche i fondi ( negli anni successivi diverrà di pertinenza parrocchiale). I due Siren, marito e moglie, avevano aperto il loro studio da pochi anni e avevano cominciato a progettare per la città giardino di Tapioca che sarà in parte legata al loro nome, insieme con altre realizzazioni quali la Sala concerti Bruckner di Linz ( Austria, 1973) e il Parlamento di Baghdad ( 1982). La semplicità del progetto può apparire disarmante: due muri laterali definiscono un sagratello in mezzo al quale si erge un parallelepipedo di legni allineati su cui si eleva una croce; più avanti, ai muri si appoggia una tettoia che funge da ingresso e, oltre questa, una vetrata verticale e il tetto che digrada con unica falda all’indietro; l’altare sta in prossimità della vetrata e, nel rivolgervisi, con lo sguardo si abbracciano i vicini alberi. Non è un’architettura fatta per essere guardata ma, al contrario, per guardare: è un punto di osservazione sul bosco, mediato attraverso la catasta crocifera, in cui il segno cristiano diventa elemento ordinatore che dà il senso all’insieme di linee parallele e ortogonali disegnate nella foresta. L’intimità del rapporto tra chiesa e intorno naturale è resa tanto evidente quanto sovradimensionata è la finestra che funge da parete di fondo per l’altare: l’edificio nel suo complesso altro non è se non una struttura che trasforma una vetrata in finestra, un cannocchiale che sceglie attraverso quali prospettive volgere lo sguardo alle fronde. E queste sono l’altare e la croce, in un allineamento che vincola la presenza umana e il bosco entro un unico slancio. «La foresta viene convocata nell’assemblea - scrive la giuria - nel ruolo di L’interno della Cappella di Otaniemi e uno scorcio dell’esterno protagonista nell’aula rettangolare… natura e architettura dispongono delle stesse materie eppure restano figure radicalmente diverse. Nella loro alterità entrano in dialogo e vanno a far parte dello stesso luogo… » .
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