mercoledì 14 settembre 2022
L’autrice di “Dove si nasconde il lupo”: «Diciamo ai nostri figli “voglio che tu sia felice” e non ci preoccupiamo molto del fatto che facciano o meno felici gli altri»
Ayelet Gundar-Gosheb

Ayelet Gundar-Gosheb - Tal Shahar /Neri Pozza

COMMENTA E CONDIVIDI

Lilach Schuster ha tutto: una casa con piscina nel cuore della Silicon Valley, un marito di successo e la sensazione di essere arrivata in un Paese dove non ci si deve sentire in costante pericolo come nella sua terra natale, Israele. Ma poi un compagno di classe di suo figlio Adam muore durante una festa, ed è costretta a mettere in dubbio la sua intera esistenza, quando arriva a porsi la più terribile delle domande: mio figlio è un assassino? Questa è in estrema sintesi la trama di Dove si nasconde il lupo( Neri Pozza, pagine 304, euro 19,00), della scrittrice israeliana Ayelet Gundar-Goshen, psicologa e attivista per i diritti civili, oltre che autrice di sceneggiature ed ex allieva di Eshkol Nevo. Domani Gundar-Goshen sarà a Pordenonelegge per presentare il suo romanzo.

Lei dice che i bambini sono un mistero e i genitori li ve-dono senza guardare le parti negative, sperando solo che siano felici e non che siano brave persone.

La maggior parte dei genitori si preoccupa della possibilità che il proprio figlio subisca qualche forma di abuso a scuola, ma quanti di noi si chiedono se il proprio figlio possa traumatizzare gli altri? Nel mio romanzo, la madre israeliana che vive in America dapprima sospetta che suo figlio sia stato vittima di bullismo e in seguito inizia a temere che il proprio figlio abbia commesso un terribile crimine per vendetta. Non volevo scrivere solo un thriller psicologico, ma esplorare le questioni legate alla genitorialità. Credo che questa generazione di genitori voglia proteggere i figli dalla realtà.

Per le generazioni passate era diverso?

Le generazioni precedenti hanno educato i figli a credere in qualcosa di più grande di loro, come un’ideologia. Oggi, con il declino delle grandi ideologie, i bambini stessi sono diventati il centro dell’attenzione, al di sopra di ogni altra cosa. Diciamo ai nostri figli “voglio solo che tu sia felice” e non ci preoccupiamo molto del fatto che facciano o meno felici gli altri. Spesso i bambini cercano di affrontare l’ansia sociale sfidando lo status dei loro coetanei. Se non si è sicuri del proprio posto nella gerarchia della classe, si è tentati di abbassare gli altri per sentirsi superiori. Una madre interverrebbe se sentisse che il figlio provasse ad acquisire uno status sociale danneggiando l’autostima di un altro bambino? Non sto parlando di bullismo vero e proprio, lì sarebbe più facile prendere posizione per un genitore, ma i bambini possono farsi del male in modi molto più sottili. E questo ci pone di fronte a una domanda: meglio che i nostri figli stiano bene o che siano bravi?

E oggi come sono le cose?

Oggi tutti vogliono solo crescere un bambino felice. È un bene che ci siamo lasciati alle spalle le grandi ideologie che hanno dettato le nostre vite, ma a volte sento che abbiamo una nuova dittatura, quella del “benessere”.

Il suo romanzo affronta anche temi come l’antisemitismo e il razzismo, ma senza moralismi.

La sfida, quando si scrive di temi attuali, è che il libro diventi un manifesto. Come autore, la mia arte è raccontare una storia, non dettarla. Sono una persona molto politica sia nella vita privata che in quella pubblica, e lo dico molto apertamente. Per esempio, posso gridare ad alta voce in una manifestazione: “Dobbiamo fermare l’occupazione!”, ma quando scrivo un romanzo preferisco fare domande piuttosto che gridare. Ogni volta che osiamo pensare che il tema dell’antisemitismo o del razzismo non sia più attuale, siamo smentiti.

I suoi personaggi sono complessi, non vanno in una sola direzione, e allargano i confini tra bene e male, li rendono meno netti.

Credo che sia la psicologia che la scrittura siano mosse dallo stesso desiderio: comprendere l’animo umano. In entrambi i casi, si tratta di cercare di capire cosa rende le persone ciò che sono. Sia in letteratura che in psicoterapia a volte una bugia è molto più reale della “verità”. Per esempio, come psicologa trovo i sogni più interessanti della quotidianità. Come psicologo, quando un paziente mente su qualcosa, ritengo che la bugia sia ancora più importante della verità, perché la bugia indica il vero desiderio o la vera paura. Nel trattamento, una bugia spesso rinfaccia una verità che era così insopportabile da non poterla gestire. Il modo migliore per conoscere gli aspetti nascosti più importanti della vita di un paziente è chiedergli su cosa mentirebbe. Questo vale anche per la letteratura: si usa la menzogna per arrivare alla verità.

Oggi c’è più empatia nel comprendere queste sfumature?

Credo che la letteratura ci chieda di metterci, come lettori, nei panni dell’altro, e questa è una parte fondamentale dell’empatia. Più cerchiamo di capire le motivazioni delle persone invece di giudicarle, più diventiamo empatici.

Quali cambiamenti vorrebbe vedere nelle nostre società?

Più compassione, credo che sia essenziale per qualsiasi forma di cambiamento, in qualsiasi società.

Cosa ne pensa del senso di appartenenza? Può creare dilemmi morali?

Abbiamo bisogno di questo senso di appartenenza, la vera domanda è: possiamo sentirci felici di appartenere a un gruppo, senza per ciò sminuire l’altro gruppo?

L’attuale situazione tra Israele e Gaza la preoccupa?

Sì, molto. La società israeliana e quella palestinese dovranno lavorare insieme per risolvere il conflitto in corso. Lo dobbiamo ai nostri figli.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: