venerdì 15 dicembre 2023
Il presidente della Figc: abbiamo incentivato i corsi di formazione ed educazione. Fagioli vittima di ludopatia è un patrimonio che va recuperato. «Il ct Spalletti grande motivatore»
Il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina con il commissario tecnico della nazionale Luciano Spalletti

Il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina con il commissario tecnico della nazionale Luciano Spalletti - Ansa

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Con il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina c’eravamo lasciati sulla piazza Mario Pagano, a Potenza, alla Festa di Avvenire (presente con noi anche il calciofilo, di fede juventina, cardinal Mauro Gambetti), con l’impegno di tenere sempre alti quei valori di sport e legalità che animano il suo mandato, da n.1 del calcio italiano, iniziato nell’ottobre del 2018. Poi ci siamo un attimo “disuniti” sulla candidatura e l’assegnazione congiunta Italia-Turchia degli Europei del 2032. Però, considerandoci da sempre equi e solidali anche nello sport, non ci piace neppure che ogni frase o gesto del presidente della Figc venga sempre liquidata con il deplorevole e qualunquista “grave, gravissimo, Gravina”.
Quindi, senza ergerci a censori, né a difensori della patria pallonara, andiamo alla fonte e cominciamo dalle sue ragioni presidente, riguardo alla scelta accordata dalla Uefa dell’Europeo Italia-Turchia 2032.
Innanzitutto sono partito dalla non condivisione di un accordo con Egitto e Arabia Saudita, con cui saremmo stati sudditi e non avremmo potuto competere. Avremmo sicuramente avuto grossi vantaggi economici e di relazioni internazionali, ma i “muscoli” degli arabi sono essenzialmente i soldi, e noi saremmo usciti pesantemente sconfitti nel confronto finanziario e specialmente sotto il profilo valoriale. Le ragioni dell’accordo per Euro 2032 sono essenzialmente tre: la Turchia ha rapporti di dialogo all’interno della Nato e buoni rapporti bilaterali con l’Italia, non esistono problemi diplomatici e casi tipo Zaki e Regeni, e poi l’accordo si basa su una gestione autonoma e parallela. E quest’ultimo punto vi prego di tenerlo a mente: organizzeremo al meglio la nostra metà di Europeo e i turchi la loro, con un vantaggio finale considerevole per il nostro Paese che fra otto anni sarà un Paese diverso e migliore. E lo stesso sono convinto sarà anche per la Turchia.
Ma Luigi De Siervo, l’ ad della Lega di Serie A, ha “minacciato” che se entro il 2026 non saremo a posto con gli stadi la candidatura verrà clamorosamente revocata.
Io capisco cosa intende dire De Siervo, ma la realtà dei fatti è un’altra. Tutti pensano che la Figc con Euro 2032 diventerà l’azienda costruttrice degli stadi, ma non è così. Noi abbiamo solo offerto l’opportunità di realizzare strutture e infrastrutture per quell’evento, certo parleremo con i sindaci e dialogheremo con il governo per sburocratizzare le attività imprenditoriali, ma non siamo noi i costruttori. Noi, come Federazione del Paese che si è proposto per organizzare gli Europei di calcio, entro ottobre 2023 dovevamo indicare le 10 città e non eravamo in grado di fornire altro che le foto dei progetti degli stadi da realizzare. Oggi però abbiamo la possibilità di indicare entro l’1 ottobre 2026 le cinque sedi di Euro 2032 e a marzo 2027 di cantierare quei progetti. E questa scusatemi, ma è un’opportunità storica che ci siamo conquistati davvero sul campo.
Ma sarà un’opportunità esclusiva per le cinque città designate come sede degli Europei.
Esaurire Euro 2032 con 5 città sarebbe una sconfitta. Tre sedi, Milano, Torino e Roma sono già a posto, ma tutti sanno che Firenze sta partendo, Bari e Napoli sono interessate, Cagliari e Bologna sono due realtà molto avanti. Questi Europei devono funzionare da “elettrochoc nazionale”. Cinque saranno le sedi, ma il traino prevede scenari futuri con una Serie A che al 2032 potrebbe contare su almeno dieci stadi di proprietà e allora sarebbe davvero un’altra Italia.
Un altro calcio italiano sarebbe anche quello delle società dalle gestioni più oculate.
Un nostro mantra è: aumentare il valore di produzione e tenere i costi sotto controllo. Vero che il Pil è cresciuto del 2 % ma la crescita va sempre messa in relazione con i costi, i quali se aumentano a dismisura ogni stagione questi sul lungo periodo mineranno in maniera irreversibile l’intero sistema calcio. Occorre quindi uno sviluppo sostenibile: crescita sì, ma costi sotto controllo. Il 20 dicembre approveremo le licenze nazionali per consentire alle società di spendere quello che possono. Fare il passo secondo la gamba vuol dire creare quelle imprescindibili condizioni di equa competizione che al momento non ci sono.
Venendo alla prossima competizione, Germania 2024, il clima creato dai tanti detrattori è da “Europeo gate”, con l’Ucraina vittima degli “aiutini” all’Italia. Alla fine siamo diventati più nemici noi dei russi?
Ma non scherziamo. Andrij Shevchenko al termine della gara con l’Ucraina è stato il primo a venire da noi a complimentarsi per la qualificazione. Andrij è un amico con il quale ho da anni un filo diretto, quindi sa chi siamo e apprezza di cuore quello che la Figc sta facendo e farà per il popolo ucraino. In quella partita l’Italia ha strameritato, così come ci siamo giustamente guadagnati la qualificazione in un girone che nessuno lo dice ma era il più duro con 4 squadre difficili a partire dall’Inghilterra, per finire con l’ipotetica cenerentola Malta.
Ma qualcuno insinua che la Uefa ha “regalato” il pass agli azzurri campioni d’Europa con il rigore negato agli ucraini...
Ridurre la prestazione a un singolo episodio mi pare puro masochismo, così come trovo una grave mancanza di rispetto verso gli azzurri non riconoscere il giusto merito per una qualificazione ottenuta in una dimensione straordinaria, per il bel gioco espresso e per la reazione di tutti i ragazzi al momento difficile che dovevamo superare culminato con il cambio in corsa del ct. Ai tanti detrattori, più o meno anonimi, poi vorrei chiedere: ma se non l’avessimo acquisita questa qualificazione? Immagino che avrebbero detto che il Pil crolla per colpa di Gravina che ha fatto calciare il rigore a Jorginho che lo ha sbagliato… Scherzando, chiederò al presidente Giovanni Malagò di inserire nello statuto che il presidente federale che non ottiene la qualificazione d’ora in avanti deve essere considerato decaduto.
E a quelli che gli rimproverano l’assenza dell’Italia a “due Mondiali di fila” cosa manda a dire?
Ribadisco che non tiro rigori e non vado in campo se non per salutare la squadra azzurra. Se vogliono – sorride divertito - mi prendo anche la responsabilità del Mondiale di Russia 2018, in cui non ero ancora presidente della Figc... La memoria in questo Paese è sempre troppo corta, allora è bene ricordare che siamo l’unica Nazionale che ha portato alle fasi finali tutte le sue selezioni giovanili. L’Under 19 ha vinto gli Europei, l’Under 20 è vicecampione del mondo e queste squadre hanno lanciato giovani come Parisi, Esposito, Baldanzi, Pafundi, Casadei… che presto saranno pronti per la Nazionale A. Ma al sottoscritto più che il palmarès da “record” interessa come è posizionato, oggi, in termini di appeal il calcio italiano agli occhi del mondo: il dove eravamo e dove siamo. Alla nostra gestione, più che la massimizzazione del risultato sportivo, che pure conta ovviamente, sta particolarmente a cuore la parte progettuale e la visione del calcio come patrimonio sociale condiviso dalla collettività.
A che punto siamo allora sul fronte solidale?
Siamo l’unica Federazione al mondo che organizza campionati per persone con disabilità cognitivo relazionali grazie ad un’apposita Divisione Calcio Paralimpico e Sperimentale. Sempre nel campo del sociale, c’è il Progetto di Rete “Refugee Teams” che consente a 4mila minori non accompagnati, sbarcati in Italia, di venire tesserati per disputare un campionato dedicato con le finali che si disputano a Coverciano e all’Olimpico. Il progetto “Tutti in gol” consente di sostenere e valorizzare studenti e scuole dei luoghi più decentrati e disagiati del Paese. Ricordo sempre poi che la Figc è stata la prima federazione a riconoscere il professionismo al calcio femminile.
Incentivare il “calcio rosa” può essere un deterrente al femminicidio?
Fare squadra aiuta sempre a non sentirsi soli e a difendersi dai pericoli e dalle violenze. Abbiamo esteso all’Under 16 il tesseramento gratuito per le bambine. E il finanziamento deliberato di recente per tutto il calcio giovanile, femminile e maschile, copre tutti i costi, dall’abbigliamento tecnico, ai trasporti fino allo psicologo, che sono tutte spese a carico della Figc. Un dato di cui andiamo fieri è l’aver recuperato gli oltre 200mila giovani tesserati vittime della dispersione nelle scuole calcio causata dal Covid. Infine, l’ultimo progetto, “Freed by football” è entrato nelle carceri e i coordinatori ci dicono che non hanno mai visto una fase di recupero così efficace come quella offerta dall’introduzione del calcio che sta formando detenuti che saranno futuri allenatori e arbitri.
Un percorso di recupero adesso serve anche a quei giovani calciatori professionisti (i casi Tonali e Fagioli) affetti da ludopatia e denunciati dalle procure per le scommesse illecite online.
Stiamo parlando di una piaga sociale che riguarda circa due milioni di italiani ludopatici e noi abbiamo registrato qualche caso su una popolazione di 1 milione e 400mila tesserati. Sono ragazzi fragili che hanno ceduto alle loro debolezze, per i quali essere stati beccati alla fine è stata un po’ una liberazione. Ora vanno assolutamente recuperati. Fagioli al momento sta seguendo la fase di recupero psicologico, poi da gennaio sarà a disposizione della Figc per proseguire il suo percorso che prevede incontri nelle scuole calcio e in quei luoghi in cui la sua testimonianza potrà essere molto utile a tanti coetanei.
Lei parla spesso di «fragilità» dei giovani calciatori.
Fragilità e solitudine si avvertono osservando le giovani generazioni, parlo in generale, che hanno voglia di “sballare”, ma il compito degli adulti è quello di dargli la possibilità di farlo con qualcosa che sia più stupefacente dello stupefacente, quindi con lo sport, la cultura, la musica. Dobbiamo dargli l’ebbrezza con materie e valori concreti che li aiutino a crescere rendendoli stabili. Per questo abbiamo incentivato i corsi di educazione e formazione in tutte le nostre nazionali giovanili.
Molti giovani calciatori depressi hanno confessato di essere “malati di noia”. Ma oltre al calcio non ci dovrebbe essere di più?
C’è lo studio. Per questo la Figc ha appena avviato una collaborazione con l’Università San Raffaele di Roma. Nel disegno di legge “alternanza scuola lavoro” abbiamo preteso che ci fosse un percorso che desse vantaggi fiscali alle società. Personalmente sono stato uno dei primi ad assumere in Lega Pro e poi in Figc ex calciatori, convinto che l’esperienza di chi ha giocato e ha anche conseguito un titolo di studio come la laurea può essere un doppio valore aggiunto. Anche Gigi Buffon, il nostro capo delegazione si è rimesso a studiare.
Grazie a lei il ct Luciano Spalletti dopo anni ha riabbracciato Francesco Totti. Ora chi aiuterà Gravina a riabbracciare l’ex selezionatore azzurro Roberto Mancini?
Io e Roberto faremo da soli, senza l’ausilio di intermediari. Nella vicenda non si è distinto a dovere l’aspetto tecnico da quello della sensibilità umana. Io ho condiviso con Mancini cinque anni, nei quali ho investito prima di tutto sul piano della relazione amicale e non mi aspettavo di trovarmi in difficoltà sul piano tecnico, come è accaduto lo scorso 16 agosto. Nella sua scelta, forse hanno prevalso appunto le fragilità umane, ognuno di noi in certi momenti della vita avverte paure e preoccupazioni difficili da confessare… Roberto aveva già ricevuto altre offerte importanti, ma a quella di fare il ct dell’Arabia Saudita evidentemente non poteva rinunciarci.
Dica la verità, se Spalletti non fosse stato libero avrebbe puntato su Claudio Ranieri ct?
C’erano diverse ipotesi, a partire da Antonio Conte. Claudio mi ha scritto un bellissimo messaggio. Tutti sanno che io adoro lo “stile” Ranieri, tecnico eccellente, uomo paterno, carismatico e coinvolgente, ma aveva un impegno con il Cagliari. Ma visto che si era liberato il tecnico campione d’Italia quale prospettiva migliore se non lui? Luciano Spalletti è un uomo straordinario, un grande motivatore, uno che ama il “bel calcio” che è quello che gli italiani vogliono. E poi mi hanno sorpreso due aspetti che comunque sospettavo: la grande umanità che abbiamo visto anche nella festa annuale che organizza a Montaione in memoria del fratello scomparso e poi la sua totale dedizione al lavoro, quasi maniacale, di chi interpreta il ruolo del ct come quello dell’allenatore di club. I ragazzi della Nazionale se lo vedono arrivare agli allenamenti nelle loro squadre e con un app li segue a distanza dandogli consigli e indicazioni utili per farsi trovare sempre pronti ad ogni convocazione.
Convocazioni sempre più difficili, perché c’è una carenza allarmante di talenti in attacco.
Si, è per questo ora facciamo fatica anche a trovare difensori. Il problema degli attaccanti è che è un ruolo che è stato completamente rivoluzionato. Il vecchio bomber che staziona in area di rigore nel calcio moderno non è più consentito. L’attaccante di oggi deve avere rapidità, fisicità e tanto spirito di sacrificio per la squadra. Forse anche un Pierino Prati o un Boninsegna in questo calcio farebbero fatica. Spalletti ci ha confessato: «Se oggi siedo sulla panchina azzurra è anche perché allenare un talento come Totti mi ha dato delle conoscenze in più». Il primo vero “falso nueve” è stato Totti. Per questo ora segue attentamente l’evoluzione tattica di Raspadori e soprattutto di Zaniolo.
Due possibili protagonisti di Euro 2024? Presidente, ci spera in un bis in Germania.
Il sogno è quello. Far appassionare gli italiani alla Nazionale come tre anni fa invece è l’obiettivo. La Coppa è importante, ma il percorso conta di più. La “grande bellezza” dello scorso Europeo - con la riapertura dell’Olimpico al 25% della capienza - è stata ogni singola gara, a partire dalla qualificazione culminata nell’emozione del 7 ottobre 2019, Italia-Grecia, la partita del “Rinascimento”, con la maglia verde che nella storia dell’Italia è stata indossata solo due volte: nel ’54 per l’amichevole con l’Argentina e poi quella sera con i greci. Un pezzo unico. Come unica è l’atmosfera di ricompattamento del tifo italiano che avverto intorno agli azzurri. E grazie a questo sentimento popolare, sento che faremo un altro buon Europeo.

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