giovedì 6 febbraio 2020
L’economista riflette sul futuro digital-robotico destinato in pochi anni a cancellare tante nostre situazioni di lavoro dando vita a una nuova economia Che non sarà necessariamente più alienante
Il centro di distribuzione Amazon di Madrid

Il centro di distribuzione Amazon di Madrid - Epa/Emilio Naranjo Richard Baldwin

COMMENTA E CONDIVIDI

Dalla combinazione di un’intelligenza artificiale sempre più raffinata e performante, di una rete informatica diffusa capillarmente sull’intero pianeta, di un trasferimento dei dati vieppiù veloce e istantaneo nascerà un terremoto sociale e politico capace di far tremare le fondamenta delle società occidentali. Si tratta di un autentico sconvolgimento capace di fare evaporare in un breve lasso di tempo numerosi posti di lavoro. «Tsunami di talenti» lo definisce Richard Baldwin nel suo Rivoluzione globotica. Globalizzazione, robotica, futuro del lavoro (pagine 316, euro 22), da oggi in libreria per il Mulino. Il docente di economia internazionale della Graduate School di Ginevra e un tempo consulente della Casa Bianca reputa che l’innovazione tecnologica oggi in gioco porterà all’estinzione di molti posti di lavoro, non solo a causa della diffusione dell’intelligenza artificiale, ma anche sotto la pressione di quanto definisce «intelligenza remota » e «telemigrazione», forza lavoro abitante l’altra parte del globo capace di contribuire alla produzione in mercati lontani grazie alla ubiquità garantita dalla rete.
Cosa intende con Rivoluzione globotica?
Globotica è un neologismo nato dalla combinazione di globalizzazione e robotica. Il termine allude a due fattori dalla cui azione simultanea divamperà una rapida trasformazione che sconvolgerà il nostro mondo. Sia la globalizzazione sia la robotica sono guidate dalla tecnologia digitale. Entrambi i processi avranno conseguenze sul settore dei servizi, sia sul lavoro dei colletti bianchi che sui lavori fortemente specializzati e non più solo sui lavori meccanici, come accadeva in passato.
Perché sarà sconvolgente?
La tecnologia digitale, a differenza di quanto accaduto nei secoli passati, si diffonde rapidamente, provocando una riduzione dei posti di lavoro. Ne deriverà uno sconvolgimento sociale ed economico tale da coalizzare i colletti bianchi con i colletti blu per resistere alla rapida implementazione della tecnologia nei posto di lavoro.
Automazione e globalizzazione non sono una novità. Perché il loro effetto congiunto, a breve, sarà devastante?
In passato gli effetti di automazione e globalizzazione ricadevano prevalentemente sul lavoro industriale e agricolo. Ora invece anche il lavoro d’ufficio può essere sostituto da robot software. L’automazione rende possibile l’informatizzazione di parti sostanziali del lavoro u- mano, dal rispondere al telefono alla lettura delle e-mail, dal lavoro di traduzione al riconoscimento facciale. Poiché questi servizi sono immateriali, come l’informazione e la comunicazione, la loro propagazione e l’impatto sul lavoro sarà molto più veloce di quanto accadde nelle fabbriche e nell’agricoltura quando in gioco erano dei beni fisici. Se ci sono voluti circa due decenni per raddoppiare le importazioni e le esportazioni di un Paese, basteranno appena due anni per raddoppiare il flusso di informazioni che attraversa i confini.
Come può la politica gestire l’impatto della globotica sulle società contemporanee?
Non c’è nulla di veramente nuovo in questo sconvolgimento. Le persone dovranno cambiare lavoro e cambierà anche la natura dei lavori esistenti. È già accaduto, solo che oggi la trasformazione arriverà più rapidamente e influenzerà una più ampia gamma di persone. Il suo effetto sarà più dirompente. La politica non può farci nulla se non aumentare il supporto ai lavoratori per permettere a loro di riqualificarsi e adeguarsi al mutamento in atto promuovendo delle politiche attive del mercato del lavoro. Per essere efficaci occorre disancorarsi anche dal tradizionale sistema di istruzione e assicurarsi che le aziende comunichino continuamente ai decisori politici i tipi di competenze di cui necessitano i lavoratori per inserirsi nel mercato del lavoro.
Le nuove tecnologie distruggeranno vecchi lavori ma se ne creeranno di altri?
Sì, ma con orizzonti temporali disallineati. La sostituzione dei vecchi lavori viene scandita dal ritmo della tecnologia digitale, mentre la creazione dei nuovi dipende dall’ingegnosità umana. Disponendo del tempo necessario, avremo tutti i posti di lavori di cui necessitiamo, ma sono preoccupato perché nei prossimi cinque o dieci anni, la distruzione dei posti di lavoro eccederà la nascita di nuovi.
Che tipo di lavori si verranno a creare?
È impossibile prevedere quali nuovi lavori faranno capolino. Dobbiamo pensare ai lavori del futuro attraverso un processo di eliminazione. Gli umani svolgeranno i compiti che i computer addestrati dall’intelligenza artificiale non saranno capaci di fare bene. Per esempio lavori su cui non è possibile raccogliere consistenti set di dati per addestrare l’intelligenza artificiale su come svolgerli adeguatamente. O ancora compiti che non possono essere svolti da lavoratori stranieri disposti a lavorare da remoto, cioè dai loro Paesi e a basso costo, cioè telemigranti. Comunque questo non è poi così diverso da quanto accadde nella seconda metà dell’Ottocento quando i governi sapevano che la gente avrebbe lasciato le fattorie per lavorare nelle fabbriche, ma non sapevano quali lavori sarebbero stati disponibili. Per esempio i ventilatori elettrici non erano ancora stati inventati, quindi non si poteva immaginare che si sarebbero cercati dei lavoratori per costruirli. Oggi possiamo pensare al tipo di competenze che saranno richieste o al settore in cui si svilupperanno posti di lavoro, ma non ai nomi dei lavori.
Lei è comunque ottimista perché pensa che la prossima organizzazione economica sarà più umana e locale...
I robot software saranno così economici, che faranno tutto il possibile e gli uomini si dedicheranno a fare cose per le quali l’essere umani è un vantaggio, non un handicap. Così le nostre vite lavorative saranno più ricche di cura e condivisione, comprensione, creazione, empatia, innovazione e gestione. E per di più con persone che saranno effettivamente insieme a noi. Allora anche il senso di appartenenza a una comunità aumenterà e ci si sosterrà a vicenda. Per questo penso che la prossima economia potrà essere più umana e più locale.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI