giovedì 8 luglio 2021
Attorno all’archeologia biblica circolano tante favole, spesso derivanti da imprese dilettantistiche e scarsamente scientifiche. Il saggio di Cline le smonta, con franchezza
Le rovine di Qumran

Le rovine di Qumran - Tim Frodsham

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Ha due pregi il libro di Eric H.Cline, Archeologia biblica. Una breve introduzione, edito da Queriniana (pagine 188, euro 20). Il primo è senza dubbio la chiarezza del linguaggio e dell’ordine espositivo. Il secondo è la franchezza del discorso, la sua onestà intellettuale. Perché attorno all’archeologia biblica circolano tante favole, spesso derivanti da imprese dilettantistiche e scarsamente scientifiche. Che tuttavia possono godere di grandi sostegni economici, fondando sulla generosa incompetenza di ricchi mecenati. Non si contano, per esempio, le campagne di scavi e i lavori di ricerca su temi di grande presa, come il diluvio universale e l’Arca di Noè, 'avvistata' un po’ dovunque nei territori del Medio Oriente e dell’Asia minore. Cline, premettendo che il campo dell’archeologia biblica oggi è fiorente, appassionando migliaia di studiosi e incontrando un crescente interesse del pubblico, avverte dei limiti della ricerca fai da te e della connessa editoria divulgativa. E chiarisce quali siano di fatto gli obiettiv e conseguentemente le metodologie di ricerca degli studiosi seriamente impegnati, all’interno della scansione temporale di pertinenza, che va in genere dal II millennio a.C. fino agli inizi del I millennio d.C. Obiettivo degli archeologi, afferma lo studioso, non è quello di comprovare o confutare i riferimenti della Bibbia ebraica e del Nuovo Testamento, ma di approfondirne scrupolosamente la cultura materiale nei territori in cui si svolsero i fatti biblici e solo conseguentemente di focalizzare la ricerca su persone, luoghi ed eventi di cui si parla negli antichi testi. Gli studi più rilevanti e la messe maggiore di informazioni riguardano, d’altro canto, l’Antico Testamento piuttosto che il Nuovo do sono narrati episodi che hanno avuto una rilevanza sociale e politica, oltre che religiosa, ma che non hanno prodotto un’ampia cultura materiale. Quanto ai contenuti il libro si sviluppa sul doppio canale della storia dell’archeologia biblica per un verso, che ha preso inizio un secolo fa circa, ad iniziativa di teologi piuttosto che ricercatori dell’età antica, per l’altro degli ambiti della ricerca, ossia dei contesti più significativi in cui gli scavi e gli studi sono stati condotti. Riguardo al primo canale, che interessa la parte prima del volume, si parte dagli scavi avviati prima della Grande Guerra fino a giungere a quelli recenti. La parte seconda invece interessa il rapporto vero e proprio tra archeologia e Bibbia. Si prendono in esame i filoni essenziali della ricerca attuale, da Noè al periodo riguardante Davide e Salomone, alla questione dei Rotoli del Mar Morto fino al periodo neotestamentario. L’autore conduce una narrazione attenta, con una precisa descrizione dei fatti e degli stati della ricerca, che analizza criticamente, ponendo alla base della disanima la questione della interpretazione dei risultati, avvertendo il lettore là dove ritiene che vi possano essere stati forzature o azzardi interpretativi. Un libro chiaro ed essenziale, onesto e prezioso, e soprattutto godibile da tutti, per il suo linguaggio fresco, utile per lo storico ma anche per il lettore che voglia conoscere i riferimenti storici della fede.

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