venerdì 8 settembre 2023
Al centro del docufilm "Vite non calcolate” di Ermanno Cavazzoni e Sergio Maifredi le storie di otto ospiti del centro di accoglienza dell’Abbazia di San Nicolò del Boschetto di Genova
Un'immagine del docufilm "Vite non calcolate" di Sergio Maifredi

Un'immagine del docufilm "Vite non calcolate" di Sergio Maifredi

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«Solo la carità salverà il mondo» diceva don Orione. Ed ecco che le sue parole risuonano all’interno di un convento bellissimo del ‘500 fra gli angeli invisibili che lo abitano. Questi i protagonisti del poetico docufilm Vite non calcolate presentato ieri in occasione della Mostra del Cinema di Venezia, nell'ambito del Premio collaterale ufficiale “Cinema&Arts”, ideato da Alessio Nardin e curato da Teatro Kalambur, Ateatro ed Accademia Eleonora Duse-Centro Sperimentale di Cinema e Arti Performative.

Il film di Ermanno Cavazzoni e Sergio Maifredi, girato a Genova e prodotto da Teatro Pubblico Ligure, Vite non calcolate, prende il suo titolo da un verso della poesia Una vita all'istante di Wislawa Szymborska, letta da Maddalena Crippa nel finale del film. Un lavoro fra poesia e testimonianza che accende i riflettori su un angolo di Genova incantevole ma ancora poco conosciuto, e sui suoi singolari abitanti. L’Abbazia di San Nicolò del Boschetto, a Genova Cornigliano, centro di accoglienza dell’Opera don Orione diretta da Marco Pirotta, è un luogo di accoglienza per lenire solitudine, sofferenza e spaesamento. Un gioiello di architettura medievale e rinascimentale nascosto nel cuore della Val Polcevera, l'area industriale della città colpita dal crollo di Ponte Morandi.

Ermanno Cavazzoni, protagonista e voce narrante, veste i panni di un ex professore che non trova più motivo di stare al mondo. Prende un treno e si trova a Genova, sulla riva di un gelido mare invernale. Finisce in un’antica abbazia che ospita i disperati senzacasa, il Boschetto. In attesa del direttore per essere accolto, gira tra i chiostri rimuginando sulla vita: è scritta fin dalla nascita o è tutto un caso fortuito? E incontra via via gli ospiti, parcheggiati lì, in un limbo che accoglie e non giudica; gli raccontano i loro casi: un carabiniere, una contessa, un ferroviere, un mozzo di nave; un’umanità intera, nella sua variopinta diversità, come nel retropalco del teatro del mondo. Esce rimarginato, come fosse estate, per vivere quel che gli resta.

Sono vere, calde e affascinanti le otto storie degli ospiti che sono state raccolte nel film, dopo essere state già protagoniste di un toccante spettacolo teatrale, La città invisibile, ideato e diretto da Sergio Maifredi per Teatro Pubblico Ligure con la drammaturgia di Corrado D’Elia. Lì i protagonisti erano appunto gli ospiti del Boschetto, Corrado D’Elia e il Teatro Tascabile di Bergamo. Il regista Maifredi è tornato al Boschetto per raccontare con il cinema i volti e le storie di questi nostri «angeli contemporanei» come li definisce il regista che, come spiega ad Avvenire aveva inserito “Le città invisibili” nel progetto più ampio “Pellegrinaggi metropolitani”, promosso dal Teatro Pubblico Ligure per ricucire legami consumati e riattivare la memoria nei luoghi da riscoprire di Genova e dintorni.

«Dal primo sopralluogo abbiamo percepito la forza di questo luogo potente, da sempre meta di pellegrinaggio e accoglienza» aggiunge. Gli ospiti sono 250 persone, di cui 120 persone con disagio abitativo. «Non sono storie necessariamente tragiche – aggiunge Maifredi -. Sono storie normali di persone che se non avevano intorno una rete familiare o di amicizie, ci abitano il carabiniere e l’ingegnere che ha perso il lavoro, la famiglia rom salvata dall’alluvione e il senzatetto. Per alcuni è una sorta di miglioramento, per altri un ultimo approdo. Vengono accolti dal Don Orione e quello che ti emoziona è che hanno saputo creare un insieme di persone eterogenee, ma che stanno bene insieme. Si crea una sorta di ecosistema che si regge. Abitano come in una casa in questo luogo antico e, anche in maniera laica, percepisco una spiritualità di questo luogo. E’ una sorta di limbo, mi ricordano gli angeli de Il cielo sopra Berlino, vivono in una dimensione parallela a quella di tutti noi».

«Abbiamo coinvolto Ermanno Cavazzoni sceneggiatore de La voce della Luna di Fellini per raccontare questi personaggi borderline – aggiunge il regista –. Lo abbiamo invitato al Boschetto. Lui si è emozionato e ha creato una sceneggiatura sul concetto di come uno di quegli ospiti potrebbe essere ognuno di noi».


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