mercoledì 27 gennaio 2010
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Per il popolo del Franchi e degli stadi di mezza Italia, è lui il sindaco del calcio: il 51enne Giovanni Galli. Da candidato a sindaco di Firenze lo scorso anno ha ottenuto quasi 80 mila preferenze (4 fiorentini su 10 lo avrebbe preferito all’attuale sindaco Matteo Renzi). È come se tutta San Siro o il San Paolo al completo, l’avesse scelto all’unanimità, per guidare la squadra dei cittadini-tifosi. Un tribuno del popolo “Giovanni”, come lo chiama affettuosamente la gente di Firenze. Uno dei migliori portieri della storia del calcio italiano, il giovane “giglio” sbocciato nella Fiorentina anni ’70. Un campione del mondo: con la Nazionale a Spagna ’82 («ero il terzo dietro Zoff e Bordon) e con la maglia del Milan, alzò la prima Coppa Intercontinentale dell’era Berlusconi. Momenti di gloria di «un uomo fortunato», come scrive di se stesso nel libro-biografia La vita ai supplementari (Rizzoli) che andiamo a rileggere insieme, partendo dall’ultima sfida, quella politica.Alla fine è “sceso in campo” anche lei, ma non si era detto che c’è troppa politica nel calcio?«Sarà anche così, ma una città si muove dietro alla propria squadra di calcio ed è importante che ci sia la piena sintonia tra la componente politica e quella sportiva. Se ci si adopera con coscienza e nel rispetto della gente, possono trarne beneficio reciproco entrambe le sfere e rendere un servizio pubblico importante».Parla da perfetto presidente di Federcalcio, a quando un calciatore al vertice del governo del pallone?«Chissà? A me nessuno me l’ha mai proposto, anche perché non faccio parte dei salotti in cui conta “l’amico dell’amico”. Io non elemosino poltrone, se il mio contributo servisse a migliorare il sistema calcio, che ne ha tanto bisogno, non esiterei a dare una mano. Anzi, da portiere pure tutte e due...».Il calcio però sembra avere bisogno più di imprenditori che di cervelli e mani guantate da portiere...«Oggi come oggi, neppure al mio peggior nemico consiglierei di acquistare una società di calcio. Vuol dire farsi il sangue amaro e il più delle volte rimetterci un sacco di soldi».Allora i fratelli Della Valle hanno fatto una pazzia a prendere la Fiorentina?«No, perché i Della Valle hanno capito che per andare avanti la Fiorentina deve vivere di quello che ha, senza fare spese folli. La passata stagione hanno pagato certi investimenti un po’ più onerosi, ma quest’anno si sono subito ridimensionati».E infatti è la peggiore stagione da quando a guidare i viola c’è Cesare Prandelli: 8 sconfitte in 20 partite.«Pur non conoscendolo bene, stimo Prandelli sia come tecnico che come uomo di grande sensibilità, però è anche vero che l’anno scorso si lamentava che aveva una rosa troppo ampia, quest’anno invece dice che è troppo corta... Una cosa è certa, per salvare l’annata, specie in termini economici, è necessario che la Fiorentina centri il 4° posto, perché anche se è negli ottavi con il Bayern, non credo che nessuno si sia illuso di vincere la Champions...».Disamina cruda e reale dell’attuale stato dei viola.«E infatti per qualcuno all’interno della Fiorentina sono un personaggio scomodo... Lo scorso anno la Uefa, in quanto vincitore di due Coppe dei Campioni, mi aveva designato come relatore prima di una gara di Coppa a Firenze. Dalla Fiorentina gli hanno risposto che era meglio di no, motivazione: “Galli è un personaggio troppo schierato”. Forse i Della Valle neppure la conoscono questa storia ...».Anche lei si è fatto dei “nemici”. Chi sono invece i suoi veri amici?«I veri amici sono pochi e per quelli sarei disposto a tutto. Nel calcio sei amico finché condividi uno spogliatoio, poi dopo ci si ritrova a qualche raduno e a volte ora faccio fatica anche a chiedere a un mio ex compagno di squadra come sta sua moglie. Perché magari è al quarto matrimonio....».Lei invece è sposato con Anna dall’estate del Mundial dell’82...«Forse io sono l’anomalia o magari in un tempo come questo, essere trasgressivi vuol dire rimanere tutta la vita con la stessa donna, l’unica madre dei miei figli... Quell’estate del Mundial ha cambiato la mia vita, in campo e fuori».In campo, al Milan e al Napoli ha giocato con i migliori. Il più grande di tutti?«Diego Armando Maradona. Non ho più visto un giocatore come Diego, da solo era in grado di far vincere la partita. Se nell’86 avesse giocato per la Corea io sono sicuro che sarebbe diventata campione del mondo al posto della sua amata Argentina».C’è un “Maradona dei pali”?«Gigi Buffon. L’ho visto “nascere” al Parma e si capiva che sarebbe diventato il migliore. Passerà alla storia come il più grande di tutti i tempi, a patto che fino alla fine sappia mantenere la testa sulla partita... A volte, raramente, gli succede di non mettercela del tutto e io puntualmente lo bacchetto».Come faceva con suo figlio Niccolò, volato via per sempre nel 2001 ad appena 17 anni. “L’unico rigore imparabile della sua vita”...«Mi manca Niccolò e solo la fede ci aiuta a sopportare il dolore della sua assenza. Non passa giorno che mi prende il magone perché avrei bisogno del contatto fisico, di un suo abbraccio. Poi però mi rassereno, appena penso che sta giocando e devo solo aspettare che rientri dalla trasferta...».Niccolò però vive nella Fondazione che porta il suo nome e che aiuta tante persone malate e in difficoltà sparse per il mondo.«Noi, Anna e le nostre figlie Camilla e Carolina, siamo solo lo strumento della sensibilità e della generosità di tutti quelli che nel nome di Niccolò hanno capito che aiutare gli altri ci fa essere migliori. Il senso della vita forse è proprio questo».
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