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«Ho sempre voluto evitare la spettacolarizzazione del dolore. Ho cercato di spettacolarizzare la gioia di vivere». Giovanni Allevi prorompe nella sua irresistibile risata. Lui è fatto così: riesce a dipingere con una pennellata luminosa anche il quadro più cupo, a fare emergere una nota brillante in una sinfonia dolente. Ed è riuscito trasformare il mieloma multiplo, contro cui combatte dal 2022, in una nuova composizione musicale, scaturita dalla trasformazione in note della parola mieloma, secondo un metodo matematico già usato da Johann Sebastian Bach. Composizione che dirigerà lo stesso compositore filosofo il 20 giugno alle Terme di Caracalla a Roma in prima mondiale: si tratta del Concerto MM22 per violoncello e orchestra d’archi scritto da Allevi durante il ricovero ospedaliero, di cui racconta anche nel suo ultimo libro I nove doni. Sulla via della felicità (Solferino). La composizione sarà presentata all’interno di quattro speciali concerti evento con pianoforte e orchestra, “Musica dall’Anima - Special Events”: dopo Roma, il 5 luglio al Teatro Antico di Taormina, l’8 luglio alla Fenice di Venezia e il 19 luglio al Parco Mediceo di Pratolino a Firenze. Giovanni Allevi racconta ad Avvenire questa sua nuova sfida.
Maestro Allevi, innanzitutto come si sente?
«Finalmente respiro. In questi anni di malattia ho capito che per me il respiro, è l’elemento fondamentale: la capacità di aprire i polmoni, di guardare il mondo con fiducia, di godere della luminosità di un paesaggio. Questo respiro è una conquista per me, un po’ perché la schiena me lo impedisce per il dolore e un po’ perché la paura mi ha sempre tenuto contratto».
Vuole raccontarci il suo percorso dall’inizio?
«Il 2 giugno 2022, durante un concerto di pianoforte solo a Vienna, sentii un forte dolore alla schiena e non riuscii ad alzarmi dallo sgabello al momento dell'applauso finale. Due settimane dopo arrivò la diagnosi di mieloma multiplo. Mi sembrò che la terra tremasse sotto i miei piedi. La disperazione per la diagnosi è il primo passo verso la guarigione. Affrontare il passaggio dalla normalità a una condizione completamente diversa: questo è il momento del buio, tutto crolla. Nel messaggio cristiano, è il “momento del deserto”. L’incertezza sul dolore, la preoccupazione per un lavoro che si interrompe e la paura che si legge negli occhi delle persone. Inizia la dura esperienza in ospedale, che nel mio immaginario era associata a luoghi terribili, tra chemioterapia, perdita dei capelli e tutto il resto. Ma inaspettatamente, inizia una seconda fase, una fase poetica per me. Tutto ciò che prima era certezze e abitudini crolla. Inaspettatamente, il mio cuore comincia a espandersi, sento che la mia anima inizia ad allargarsi, a recuperare spazi immensi proprio mentre il corpo soffre. È un'esperienza stranissima».
E così lei è venuto a contatto con l’esperienza dell’ospedale comune a tante persone.
«Il primo giorno in cui varcai la soglia della sala d’aspetto di Ematologia dell’Istituto dei Tumori di Milano, alcune persone mi riconobbero, ci fu un brusio. Ma un anziano paziente mi regalò una frase importantissima. Alzò il braccio e disse: “Qui siamo tutti uguali”. Non c'era giudizio, era un amorevole benvenuto in questo mondo dove regna l’autenticità, dove ci vogliamo bene e ti accogliamo chiunque tu sia. Sentii cadere tutte le mie maschere, tutte le definizioni che, nella mia vita artistica, avevo cercato di difendere, poiché la mia forza artistica era divisiva. Non ho fatto esperienza del nulla e del vuoto, ma di una pienezza interiore. In quel momento, ho iniziato a respirare».
Lei addirittura nel su libro, dice di avere ricevuto nove doni dalla malattia.
«La mia anima ha sollevato le antenne e ha cercato di recepire tutto ciò che di bello fosse possibile anche in una condizione del genere. Ecco allora i doni che ho descritto. È chiaro che il concetto che una malattia possa portare dei doni è problematico, ma l’alternativa è la disperazione. Così ho provato a sondare questa seconda strada: i due doni più importanti sono stati la libertà dal giudizio che mi ha sempre ossessionato e la scoperta della poesia nascosta tra le pieghe dell’esistenza quotidiana. Per essere felice e riempire il mio cuore di gratitudine, non ho bisogno di esperienze eccezionali. Mi basta contemplare un albero o un tramonto».
E’ cambiato anche il suo rapporto con il trascendente?
«Quando fai esperienza della possibilità concreta della tua fine, il tema dell’immortalità dell’anima e del trascendente torna ad essere centrale. Già quando ero sul letto d'ospedale mi chiedevo: “Ma l’anima esiste?”. E, tornando con il pensiero alle riflessioni da Platone fino a Kant, ho sentito di dover dare una risposta assolutamente affermativa: dentro di noi esiste un principio infinito, precedente al nostro dolore, che non si fa scalfire da nulla. E nel momento in cui percepisco in me questa grandezza, che paradossalmente è il dolore che mi fa vedere, si apre la magnificenza di Dio».
Eppure dare significato al dolore è difficile. Lei come ci è riuscito?
«Il dolore è uno scandalo, è difficile da accettare. Non ho una risposta definitiva, così come la teologia e la storia del pensiero non riescono a dare una risposta univoca. Fare esperienza del dolore è dura, ma è quello il nocciolo dell’essere umano, è l’autenticità. Il divino si apre in una riflessione, come si apre nella contemplazione di un tramonto o nel sorriso di un piccolo guerriero incontrato all’Istituto dei Tumori senza capelli. Ti trovi al cospetto di qualcosa di più grande, delle onde di grandezza e profondità».
Come nasce la composizione “MM22” dedicata al mieloma?
«Dopo la diagnosi, mentre superavo la disperazione, ho contemplato l’insolita bellezza della parola “mieloma”. La sua dolcezza mi colpì, forse perché contiene il termine miele. Da ragazzo, mi affascinava come Bach avesse trasformato il proprio nome in musica usando un metodo matematico nell’opera L’arte della fuga. E, dopo avere sviluppato quella melodia, morì lasciando l’opera incompiuta. Così ho pensato: “A quali note corrispondono le lettere di mieloma?’ Ho applicato lo stesso metodo e ho creato una melodia sorprendente: do, la bemolle, mi, si, re, do, do. Una melodia dolce, romantica. Ho deciso di scrivere un’opera da quella melodia, un diario musicale che racconta le emozioni del mio percorso».
Quali sono i contenuti di questo lavoro?
«MM22 (il titolo viene da mieloma insieme all’anno di composizione) sarà un diario musicale in cui racconterò la mia esperienza: l’angoscia, la paura, il buio, l’attesa ma anche la nostalgia per la mia famiglia, il senso di infinito contemplando un tramonto, la gratitudine per le persone che mi stanno curando, l’affetto profondo per gli altri pazienti. Non è per pianoforte, a causa del tremore alle dita che avevo e che mi faceva temere di non poter suonare più, ma un concerto per viola, violoncello e orchestra. La composizione ha richiesto un anno di lavoro durante i periodi più duri della malattia».
Giovanni Allevi torna quindi ad essere direttore d’orchestra?
«Ho scritto questo lavoro con il sogno di dirigerlo, se fossi sopravvissuto, forse per illudermi di aver avuto la meglio sulla malattia, una malattia che so essere cronica e dalla quale non si esce mai vittoriosi. Se fossi sopravvissuto, avrei ripercorso il mio viaggio dall’Inferno al Paradiso. Il 20 giugno, a Caracalla, ci sarà la prima esecuzione per la serie dei concerti “Musica dall’anima”. Musica che nasce dalla profondità è stato un momento bellissimo. Ma questo concerto ha già avuto il suo primo ascolto: ero in ospedale, alle 3:30 di notte, e, nonostante il dolore, la flebo e gli effetti potentissimi degli oppioidi antidolorifici, mi sono alzato pian piano dal letto e ho diretto con le mani. Gli infermieri, Giovanna e Giovanni, sono corsi in camera preoccupati. Ho fatto ascoltare loro la composizione al computer dirigendola: è stata la mia prima “première”, un momento bellissimo».
Come saranno strutturati i suoi concerti-evento?
«Il concerto inizierà con la mia esecuzione di brani per pianoforte solo, poi l'Orchestra Sinfonica Italiana entrerà in scena su altri miei brani molto amati dal pubblico. E poi ancora, durante ogni evento, un ospite dall’eccezionale levatura culturale discuterà un tema con me, prima dell’esecuzione del concerto MM22. I temi saranno: “eresia” con lo storico Alessandro Barbero a Roma, “sacro” con il teologo Vito Mancuso a Taormina, “follia” con il filosofo Luciano Floridi a Venezia e “bellezza” con l’ingenere aerospaziale Amalia Ercoli Finzi a Firenze. Ognuno dei quattro eventi avrà un tema specifico, che mi ha toccato da vicino, per stimolare una riflessione».
Cosa vorrebbe che arrivasse al pubblico di questa sua esperienza?
«Questi concerti saranno un’espressione pura, senza la necessità di dimostrare nulla. Sarà solo gioia. E voglio condividere queste note con le persone che magari stanno vivendo un momento di difficoltà, perché dal buio si può essere trascinati verso la luce. Questo è ciò che chiedo alla mia musica: voglio essere trascinato, non vedo l’ora di eseguirla. In quei momenti, la musica avrà un potere su di me. E in autunno uscirà la registrazione del nuovo lavoro».