venerdì 14 dicembre 2012
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Flavio Bruno gattona davanti alla foto-poster di Bruno Beatrice e grida spensierato: «Nonno palla...». Flavio Bruno è il figlio di Claudia Beatrice, figlia del mediano di quella “tragica” Fiorentina anni ’70, morto il 16 dicembre del 1987, a soli a 39 anni «per una leucemia linfoblastica, a causa di un ciclo scellerato di raggi Roentgen», viene in soccorso suo fratello Alessandro che tiene per mano la piccola Viola. Due nipoti che nonno Bruno - se fosse vivo oggi avrebbe 64 anni - lo potranno vedere solo in foto o immaginare dai racconti dei loro genitori («Eravamo piccoli anche noi quando papà è morto: io avevo 10 anni e Alessandro 8») e soprattutto quelli di nonna Gabriella . La “vedova courage” delle tante morti del pallone diventate mistero e nel caso di Beatrice, capitolo principale del “Giallo Viola”. «Che mio marito sia morto per colpa del calcio lo grido da 25 anni... Ora spero che il mio appello che consegno ad Avvenire (vedi testo a fianco) scuota un attimo le coscienze di quei signori del Palazzo del pallone che fino ad oggi si sono trincerati dietro un vergognoso muro di omertà». Chiede verità e giustizia la famiglia Beatrice: «Ci sono perizie mediche e indagini dei Nas di Firenze che dicono che quel ciclo criminale di Roentgen a cui papà venne sottoposto dalla Fiorentina (dal marzo al giugno del 1976), per guarire da una semplice pubalgia, l’hanno stroncato, portandocelo via troppo presto...», tuona Alessandro. «È tempo che si vada a fondo una volta per tutte su quella di Beatrice, ma anche sulle altre morti e i malati della Fiorentina degli anni ’70... Chissà quante porcherie c’erano dentro le flebo che gli facevano? Che gli davano sostanze - Micoren, Cortex - ormai lo sappiamo con certezza. Il suo compagno di squadra Nello Saltutti prima di morire d’infarto lo confermò a me e agli inquirenti». Oltre a Beatrice e Saltutti ci sono state altre 3 morti sospette in quella Fiorentina: Ugo Ferrante, Giuseppe Longoni e Massimo Mattolini. Oltre alle malattie di Domenico Caso (tumore), Giancarlo Antognoni (infarto) e Giancarlo Galdiolo, ultimo caso di Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) nel calcio. Storie insabbiate, mentre l’iter giudiziario del caso Beatrice è iniziato nel 1997 quando Gabriella presentò l’esposto per la morte del marito alla Procura di Arezzo. «Scrissero due paginette e archiviarono di corsa», ricorda la vedova Beatrice che con i suoi figli aveva sperato in una coda risolutiva in sede penale, specie dopo la riapertura dell’inchiesta coordinata dal pm Luigi Bocciolini ed eseguita dai carabinieri dei Nas di Firenze. «Nonostante le cartelle cliniche di quella squadra erano sparite, si ipotizzava l’omicidio preterintenzionale. Alla fine però, niente processo e inchiesta archiviata per prescrizione. Eppure, dalle indagini e dagli interrogatori, è comunque emersa una realtà che parlava di “sperimentazione medica” effettuata su Beatrice e i compagni di quella formazione viola», dice l’avvocato Odo Lombardo che con il collega Antonio Voce patrocina la famiglia dell’ex mediano della Fiorentina, la quale ora confida almeno in in un processo in sede civile. «Siamo ricorsi al giudice del lavoro di Firenze perché quella di Beatrice è da considerarsi “morte bianca” del calcio a tutti gli effetti - spiega l’avvocato Lombardo - . Ci sono prove a nostro avviso di violazioni della normativa sulla tutela del rapporto di lavoro con specifiche responsabilità dei datori, dei dirigenti, dello staff tecnico (l’allenatore di allora era Carlo Mazzone) e medico di quella Fiorentina. E sia ben chiaro che da questa vicenda la famiglia Beatrice non cerca risarcimenti, ma vuole che tutti conoscano la verità sul come sia stato possibile che un giovane sportivo sia assurto a vittima di interessi privati che con il calcio non dovrebbero avere nulla a che fare». Una “palla avvelenata” sulla quale il sospetto è che non si riesca o non si voglia più fare luce. «Fino a quando i calciatori verranno pagati con gli stipendi esorbitanti che ancora circolano, anche in tempi di crisi nera, non si potrà mai arrivare alla verità, perché il silenzio è d’oro», dice Claudia carica di amarezza. A nulla sono serviti in tutti questi lunghi anni i loro continui appelli e neppure la fondazione dell’Associazione vittime del doping ha portato a dei risultati. «Un’Associazione nata per contribuire alla eliminazione di questa piaga che imputridisce il nostro sport - continua l’avvocato Lombardo - , ma da quando è sorta ha avuto solo una segnalazione, quella della moglie di Giuliano Taccola», la vedova dell’ex centravanti della Roma, morto anche lui per un’iniezione misteriosa, nel marzo 1969, a soli 26 anni. «Quello che trovo scandaloso è che quasi tutti quelli che potevano partecipare alla nostra battaglia sono spariti nel nulla», conclude Gabriella. Non se ne è fatto ancora niente neppure della proposta di un “Memorial Bruno Beatrice” avanzata alla Fiorentina dei fratelli Della Valle che però hanno preso in considerazione il progetto. E domenica, giorno del 25° dalla morte, ironia della sorte al Franchi si disputa Fiorentina-Siena. «Il club per il quale Beatrice ha dato anche la vita, contro l’ultima squadra in cui ha giocato prima di chiudere con il grande calcio - dice sospirando Gabriella mentre accudisce i nipotini - . Quando ripenso a tutte le domeniche che giocava e restavo qui con i bimbi ad aspettarlo... Ora mi aspetto un po’ di giustizia e ringrazio chi ha inventato i ricordi, solo quelli mi fanno sentire Bruno ancora vivo...».
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