mercoledì 23 agosto 2023
Francesca Ferrazza (Eni): «Sarà fondamentale nei processi di decarbonizzazione e permetterà di garantire un sempre più ampio accesso all'energia per tutti»
Tecnici al lavoro su tecnologie per fusione nucleare al MIT

Tecnici al lavoro su tecnologie per fusione nucleare al MIT - Gretchen Ertl, CFS/MIT-PSFC

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«Eni è stata tra le prime compagnie energetiche a credere nell’energia da fusione nucleare», dice Francesca Ferrazza, responsabile dell’unità Magnetic Fusion Initiatives di Eni, struttura che si occupa dello sviluppo a livello industriale della fusione nucleare. «Eni ha una collaborazione storica in campo scientifico con il Massachusetts Institute of Technology (MIT) e già nel 2015 Eni è entrata in colloqui sulla nuova generazione di reattori compatti ad alto campo magnetico», afferma ancora Ferrazza, convinta di come questo modo di ottenere l’energia, in futuro potrà contribuire agli importanti processi di decarbonizzazione e di tutela dell’ambiente.

Come si concilia il nucleare da fusione con l’ambiente?
«La fusione - in quanto processo sicuro e sostenibile che opera in continuo, con un’alta densità energetica, e che genera energia senza emissioni di carbonio - è un perfetto alleato di tutte le tecnologie "low/zero carbon" nella transizione energetica e permetterà di garantire un sempre più ampio accesso all’energia per tutti».
Il ruolo della fusione nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione?
«La fusione, quale tecnologia “breakthrough”, potrebbe essere un vero e proprio “game changer” nel campo delle energie decarbonizzate. Con la fusione a confinamento magnetico, si potrà disporre a livello industriale di una tecnologia in grado di generare grandi quantità di energia a zero emissioni di carbonio e con un processo sicuro, virtualmente inesauribile e continuo, fornendo un contributo sostanziale alla transizione energetica. Eni ha scelto di impegnarsi in modo sostanziale per raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica al 2050, sostenendo la ricerca in tecnologie fortemente innovative, esattamente come la fusione, in grado dunque di generare una svolta nella transizione energetica».
In che data e in che scenario, Eni ipotizza l’utilizzo di energia prodotta da fusione nucleare per l’uso domestico e industriale?
«Nel 2018 Eni ha investito in Commonwealth Fusion Systems (CFS), lo spin-out del Massachusetts Institute of Technology (MIT), con cui collabora attivamente per realizzare il primo impianto su scala industriale in grado di immettere in rete elettricità da fusione e a zero emissioni di CO₂ entro i primi anni del 2030. La roadmap di CFS prevede inoltre la costruzione dell’impianto pilota a produzione netta di energia, che si chiamerà SPARC, nella metà di questo decennio. Le attività sono già in corso e nei prossimi mesi vedremo il completamento dei lavori civili, del primo magnete e l’inizio dell’assemblaggio dell’impianto».

Dispositivi per la sperimentazione di un processo per la fusione nucleare al MIT

Dispositivi per la sperimentazione di un processo per la fusione nucleare al MIT - Gretchen Ertl, CFS/MIT-PSFC

In questo scenario, nazionale e internazionale, come si rapporta Eni, a quali collaborazioni e ricerche condivise partecipa o collabora?
«Eni lavora in sinergia con alcune delle più importanti realtà internazionali ed italiane. Negli Stati Uniti, oltre alla partnership tecnologica con CFS, Eni ha inoltre attiva una collaborazione ad un programma scientifico del MIT, denominato LIFT (Laboratory for Innovation in Fusion Technology), volto ad accelerare l’individuazione di soluzioni in termini di materiali, tecnologie superconduttive, fisica, e controllo del plasma. In Italia, Eni partecipa al progetto DTT (Divertor Tokamak Test facility) di ENEA per l’ingegnerizzazione e la costruzione di una macchina Tokamak dedicata allo studio dello smaltimento del calore generato dal processo di fusione. DTT, in particolare, sarà il più grande esperimento scientifico mai realizzato in Italia e rappresenta un esempio virtuoso di partenariato pubblico-privato nel mondo della fusione».
Nei progetti di ricerca avanzata...
«Sul fronte della ricerca, Eni collabora con alcune delle eccellenze del nostro territorio, quali il CNR, con cui ha un centro di ricerca congiunto sulla fusione ed ha collaborazioni su diverse linee di ricerca con alcuni tra i principali atenei italiani. A livello istituzionale, Eni è membro di EUROfusion, il consorzio Europeo che ha l’obiettivo di sviluppare l’energia da fusione e della Fusion Industry Association, organizzazione delle aziende private che lavorano per rendere l’energia da fusione una realtà commerciale».
Perché la fusione è una tecnologia sicura ma molto difficile da realizzare. Vantaggi e svantaggi?
«La fusione è l’energia che domina l’universo in quanto è il processo che alimenta il Sole e le altre stelle e consiste nella fusione di atomi leggeri (come isotopi dell’idrogeno), reazione che libera un’enorme quantità di energia. Il processo di fusione è complesso da replicare artificialmente sulla Terra perché data l’assenza delle forze gravitazionali del Sole dobbiamo essere in grado, ad esempio, di portare gli isotopi di idrogeno a oltre 100 milioni di gradi, per produrre il processo. In combinazione con queste alte temperature, un plasma stabile si può ottenere sulla Terra attraverso il confinamento magnetico che, come dice il nome, impiega campi magnetici potentissimi per confinare e gestire il plasma (il gas ionizzato composto dalla miscela di due isotopi dell’idrogeno, ndr) in cui avviene la fusione, all’interno di macchine sottovuoto a forma di ciambella, chiamate “Tokamak”. Il grande vantaggio dell’energia da fusione a confinamento magnetico è che non emette gas a effetto serra, rendendola una fonte energetica estremamente interessante. Inoltre, è virtualmente inesauribile perché utilizza come combustibile due isotopi dell’idrogeno: il deuterio, che è ricavato dall’acqua di mare, e il trizio, che può essere prodotto nel processo da una reazione fisica con il litio. Tra gli altri vantaggi, l’energia da fusione ha una densità energetica molto elevata e per questo ha necessità di poco combustibile per generare grandi quantità di energia. Secondo l’International Atomic Energy Agency, la fusione infatti potrebbe generare circa quattro milioni di volte più energia per chilogrammo di combustibile rispetto alla combustione del carbone».

Francesca Ferrazza, responsabile dell'unità Magnetic Fusion Initiatives di Eni

Francesca Ferrazza, responsabile dell'unità Magnetic Fusion Initiatives di Eni - Cortesia ufficio stampa Eni

E sulla fissione cosa sta facendo ancora Eni?
«In Eni riteniamo che un approccio tecnologicamente neutrale e pragmatico sia la migliore strategia da applicare per essere pionieri nella transizione energetica. Pertanto, valutiamo costantemente tutte le tecnologie che possano soddisfare le esigenze di decarbonizzazione del mercato nel minore tempo possibile, in modo efficiente ed efficace per ciascuna geografia e applicazione. Oltre all’impegno per l’industrializzazione dell’energia da fusione, quale tecnologia “breakthrough”, presidiamo anche le più avanzate tecnologie di fissione tramite la partecipazione in studi delle filiere tecnologiche, quali ad esempio quella dei materiali innovativi e l’ambito delle diagnostiche di processo, al fine di accelerarne entrambi i percorsi di industrializzazione».


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