mercoledì 14 novembre 2018
La studiosa inglese, autrice di popolari testi divulgativi, racconta i momenti decisivi che a cavallo fra Settecento e Ottocento costrinsero Londra a emanare il Catholic Emancipation Act
1780, La Rivolta di Gordon illustrata in una stampa dell’epoca (© Trustees of the British Museum)

1780, La Rivolta di Gordon illustrata in una stampa dell’epoca (© Trustees of the British Museum)

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Sul portone della casa di stile Regency, al codice postale 'W8', del quartiere Holland park, dove vivono i ricchi e famosi di Londra, ci sono ancora i due campanelli. Quello per i visitatori e quello per la 'nursery', dove sono cresciuti i sei figli, all’ultimo piano. «Quando sono diventati adolescenti mi hanno chiesto di toglierlo ma a me piace », racconta lady Antonia Fraser, biografa e storica di fama mondiale, autrice di diverse storie dedicate ai personaggi più importanti della storia inglese da Maria Stuart: la tragedia di una regina a Cromwell , alle Sei mogli di Enrico VIII. Oltre che Maria Antonietta. La solitudine di una regina, diventato un film diretto da Sofia Coppola, che rilegge, in chiave pop, il libro della Fraser. «Non riuscivo a credere che avrebbero usato musica rock ma è successo e il film mi e’ piaciuto moltissimo», dice. La storica ha appena ultimato un volume dedicato all’emancipazione cattolica inglese intitolato Il re e i cattolici. La lotta per i diritti. 1829 , pubblicato da Weidenfeld and Nicolson. A 86 anni, occupatissima, non vuole rivelare il suo prossimo progetto, mentre accarezza il gatto Ferdie, chiamato così in omaggio a Federico d’Aragona, nella casa dove ha abitato col primo marito Hugh Fraser e poi col secondo, il premio Nobel per la letteratura Harold Pinter. Conferma solo che la storia la appassiona ancora moltissimo.

Può spiegarci in che senso, come ha detto lei stessa, la lotta per il diritto a praticare la propria religione è un argomento eterno?

«Mi concentro su un momento storico particolare, il periodo tra il 1780 e il 1829. Comincio con la 'Rivolta di Gordon', la protesta contro la fine della discriminazione cattolica, e concludo con il 'Catholic Emancipation Act 1829', quando lo stato riconosce ai cattolici il diritto di votare e di praticare la loro fede e non chiede più loro di rinunciare alla dottrina della transustanziazione e dell’Eucarestia per essere eletti in parlamento».

Che ruolo ha avuto, in tutto questo, la coscienza del re Giorgio III alla quale lei dedica un capitolo nel suo libro?

«Un ruolo importantissimo. Nel 1801 re Giorgio III si rifiutò persino di senti- re pronunciata la parola emancipazione cattolica dicendo che, se l’avesse accettata, avrebbe tradito l’impegno preso alla sua incoronazione di proteggere la religione protestante. Se il suo atteggiamento fosse stato diverso la questione si sarebbe risolta facilmente. I cattolici irlandesi avrebbero ottenuto i diritti civili, se avessero acconsentito all’Unione di Inghilterra e Irlanda del 1801, seguiti da quelli inglesi. Il mio libro sarebbe stato brevissimo. A favore della concessione dei diritti ai cattolici era una buona parte delle elite, delle quali faceva parte anche il primo ministro William Pitt il giovane».

Lei proviene da una famosa famiglia aristocratica protestante. Suo padre lord Longford divenne cattolico quando lei aveva otto anni e sua madre lo seguì, sei anni dopo, e la lasciarono libera di scegliere. Può parlarci della sua fede?

«Scelsi la Chiesa quando avevo quattordici anni. Due anni fa ho festeggiato i miei settant’anni da cattolica con una messa nella chiesa dei Gesuiti a Farm Street, che frequento ogni domenica. Tratto di religione in molti dei libri che ho scritto. Questo volume fa seguito a un altro dedicato al complotto col quale il cattolico Guy Fawkes tentò di far saltare il parlamento nel 1605».

Ai cattolici, a partire dalla Riforma, venne vietato di votare ed essere eletti e anche di sposarsi in chiesa. Tuttavia la fede riuscì a sopravvivere per secoli grazie ad alcune famiglie nobili e anche alla devozione di fedeli umili e poveri. Come fu possibile?

«Con un sacco di ammiccamenti e strizzatine d’occhio. Il re andava a stare con le famiglie cattoliche aristocratiche più note, purché queste ultime non si dessero troppa importanza. Le cappelle si chiamavano biblioteche o mausolei. I sacerdoti si nascondevano dietro il titolo di insegnanti o valletti. Persino i duchi di Norfolk, la dinastia cattolica più nota, a volte si dichiaravano protestanti per mantenere l’accesso al Parlamento. La legge consentiva la persecuzione dei sacerdoti e proibiva ai fedeli di Roma di studiare e ereditare terreni ma spessissimo non veniva applicata».

Lei ha scritto nel suo libro che è sempre rischioso, nella storia, enfatizzare il ruolo dell’individuo a scapito degli eventi. E tuttavia dice di ammirare il carismatico avvocato cattolico Daniel O’Connell che considera l’eroe dell’emancipazione cattolica...

«O’Connell era una persona straordinaria con la visione giusta e tanto carisma. Capì che l’emancipazione cattolica non si poteva ottenere con mezzi violenti perché i soldati irlandesi, per quanto bravi, erano in numero molto inferiore a quelli inglesi e la Gran Bretagna era un Paese più forte. Proibì persino il consumo di alcol, durante la lotta, e ottenne la conquista dei diritti civili per vie democratiche e pacifiche».

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