mercoledì 14 dicembre 2022
Una sfida che va oltre il campo: non solo il riscatto dell’ex protettorato francese in Africa Ma anche l’attualità di un’integrazione non sempre facile
Francia-Marocco, tra calcio e realtà lo strano "derby" per il sogno finale

Ansa

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Chi festeggerà questa notte sotto l’Arc de triomphe de l’Étoile? Uno spazio, un luogo simbolo, già teatro della baldoria calcistica dei francesi dopo le finali chiuse in gloria ai Mondiali del 1998 e 2018 (ma anche degli Europei 1984 e 2000) e, nell’ultima settimana, di quella dei marocchini di Francia, le cui celebrazioni dopo l’accesso prima ai quarti, quindi alle semifinali, hanno dato l’impressione del riscatto di un popolo, attraverso la gioia di una comunità che nel Paese conta 700 mila persone.

Un riscatto in termini di immagine, più ancora che sociale, perché questo può il calcio, e vedere nei giorni scorsi le bandiere del Marocco pavesare gli Champs-Elysées in occasioni di festa e non di rimostranza ha restituito un significato quasi allegorico, in qualche modo un capovolgimento della realtà, rispetto al passato e alla storia dei rapporti tra i due paesi e le due popolazioni. Quando si parla di partite che vanno oltre il calcio, in genere, si abusa di retorica, e la semifinale del Mondiale tra Francia e Marocco di questa sera si presta al rischio nonostante, mai come in questo caso, ci siano diverse ragioni a perorare la causa di una gara dalla fortissima connotazione extra-calcistica. Più che il passato coloniale, più che la storia del Marocco quale protettorato francese tra il 1912 e il 1956, è l’attualità a essere fonte di tensioni.

Un’attualità segnata in generale da una sperequazione sociale sempre più feroce, spesso ben conosciuta dalle comunità straniere – anche di seconda e terza generazione – cresciute in realtà nelle quali i pericoli conseguenti all’emarginazione e alle ridotte possibilità economiche sono enormi. Storie di periferie escludenti, le famigerate banlieue, di politiche in cui integrazione che a volte rappresentano più uno slogan che un dato di fatto, di ricongiungimenti familiari non sempre semplici, della recente riduzione del 50% dei visti temporanei per i cittadini marocchini. Sono questi i motivi per i quali la Prefettura parigina, per stasera, ha deciso di mettere in servizio circa duemila agenti sugli Champs-Elysées, oltre a quelli che saranno dislocati in altre città francesi nelle quali, in caso di vittoria del Marocco, si aspettano festeggiamenti in piazza, da Marsiglia a Nîmes sino a Montpellier.

Basta una scintilla per innescare l’incendio, un incendio che si rivelerebbe deleterio anche per le migliaia di marocchini di nascita o di origine che, in Francia, hanno trovato una patria accogliente, perché nelle storie di migrazione non tutto è nero o grigio. Insomma, lo si può dire: è una sorta di derby, quello tra Francia e Marocco. Che la sfida rivesta un’importanza così significativa anche dal punto di vista calcistico, e non solo da quello simbolico, conferma il destino della gara: un incontro che resterà nella memoria, diversamente dai cinque precedenti tra la due nazionali, tutti in amichevole.

La Francia di Didier Deschamps punta alla seconda finale consecutiva (e, di conseguenza, al secondo titolo iridato di fila, situazione che non accade da sessant’anni, dalla doppietta 1958-1962 del Brasile di Pelé), il Marocco a riscrivere una storia della quale è già primatista, essendo la prima nazionale del continente africano a disputare una semifinale della Coppa del Mondo. Due sono i calciatori della nazionale di Regragui a essere nati in Francia, il parigino Sofiane Boufal e il capitano Romain Saïss, nato nell’arrondissement di Valence; cinque quelli che giocano tra Ligue 1 e Ligue 2, compreso quell’Achraf Hakimi che di parti in commedia questa sera ne avrà diverse: marocchino, nato e cresciuto in Spagna, tesserato per un club francese, il Paris Saint-Germain, che gli versa uno stipendio i cui denari provengono da un’istituzione, Qatar Sports Investments, fondamentale tanto a livello di lobbying quanto di organizzazione per lo svolgimento di questi Mondiali.

Se è vero che c’è un favorito d’obbligo, e non potrebbe essere altrimenti, va anche sottolineato che lo sfidante, il Marocco, è sì una sorpresa, ma non un miracolo, considerando che venti dei ventisei convocati giocano in Europa e, nel calcio iperglobalizzato di oggi ciò significa conoscere tutto di tutti. Anche della Francia che questa sera ad al-Khor sarà in trasferta, perché i tifosi neutrali del Qatar hanno deciso da tempo da che parte stare. Il Marocco non rappresenta solo l’Africa, soprattutto oggi, ma il mondo arabo quasi nella sua interezza. Ed è così anche a Parigi.

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