domenica 20 settembre 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Sola con un pianoforte nel cuore della favela Rocinha. Jeans e una camicia bianca, una sacca a tracolla. Nient’altro. «Perché arrivando a Rio de Janeiro ho perso tutto il mio bagaglio, abiti, partiture, cellulare, soldi… Mi sono ritrovata a Rocinha solo con i vestiti che avevo addosso». Gloria Campaner si è presentata così ai ragazzi della più grande favela del mondo «senza nulla, proprio come i piccoli che andavo ad incontrare». Una condizione materiale che per la pianista veneziana, classe 1986, è stato qualcosa di più, «un segno che mi ha messo in una condizione spirituale unica, quella di totale sintonia con i ragazzi», racconta la Campaner con il sorriso, ma anche con una voce che a tratti si rompe per un’emozione che anche a settimane di distanza resta forte. A dire che «dopo quell’esperienza il mio modo di suonare, ma anche quello di pormi di fronte alla vita è totalmente cambiato perché quando i tuoi occhi vedono certe cose non puoi restare indifferente». Gli studi in Conservatorio a Udine e una laurea in Lingue e letterature straniere, «specializzata in russo, ceco e portoghese. E poi i corsi di perfezionamento in Germania con un’insegnante brasiliana». Ecco il legame della pianista con il paese sudamericano. «Vado regolarmente da sette anni a tenere concerti. E tra uno spettacolo e l’altro ho avuto modo di conoscere anche la realtà del paese. Così ogni volta che tornavo, accanto agli appuntamenti istituzionali nei teatri, chiedevo di fare qualche visita alle scuole di musica per i più piccoli. Un’attenzione, quella verso i ragazzi, che coltivo da sempre perché mi piace incontrarli, dialogare con loro. Quando c’è occasione non me la lascio sfuggire». Poi la proposta di un concerto alla stazione ferroviaria di Rio. «Un luogo affascinante – racconta la pianista – perché suggerisce l’idea di più strade che si incrociano. Ma soprattutto un luogo di dolore perché ci vivono migliaia di persone che non hanno nulla. Ho voluto suonare per loro, cercando di regalare un momento di pace».Un incontro con le povertà che ha convinto Gloria Campaner ad andare a suonare in una favela, in mezzo ai ragazzi. «Prima, grazie alla collaborazione con la fondazione Amazonica, invitavo i bambini ai miei concerti. Questa volta ho voluto essere tra loro, nei luoghi dove vivono. Così ho suonato per la prima volta in una favela, la favela Rocinha. Sorge nel centro della città, tra quartieri ricchissimi, ed è un microsistema tutto particolare dove povertà e violenza sono parole all’ordine del giorno». Una sfida portare la musica classica in un luogo «dove spopola un genere che è il funky carioca, una musica molto aggressiva, un rap duro. Temevo che la musica occidentale potesse non avere presa sui ragazzi. Invece dopo alcuni primi comprensibili momenti di timidezza e incertezza ci siamo sciolti». Con tutti i bambini intorno la musicista ha scelto di «scoperchiare il pianoforte per far vedere che è uno strumento a percussione, come i tamburi che i ragazzi usano. È bastato questo per creare un’intesa eccezionale: li ho fatti suonare, battere sui tasti, toccare i martelletti del piano. Poi mi sono seduta alla tastiera e ho suonato le Kinderszenen di Schumann chiedendo ai ragazzi di disegnare quello che la musica suggeriva loro». Questi disegni la Campaner se li è portati a casa. «Hanno disegnato paesaggi naturali popolati di persone raccontandomi che nelle note di Schumann sentivano l’amore, la bontà. Quando ho suonato A mosca cieca qualcuno ha dipinto bimbi che giocavano, sulla Ninna nanna tutti hanno illustrato i loro sogni. Segno che la musica sa davvero parlare a tutti, basta mettersi in ascolto». Il Pulcinella di Rachmaninov ha messo tutti di buon umore. «E quando ho saputo che i ragazzi sono appassionati della saga di Twilight ho suonato il Chiaro di luna di Debussy. Poi mi hanno chiesto di suonare insieme, io al piano e loro sulle percussioni. Ho iniziato accennando a una Toccata di Prokof’ev, un ritmo di quattro quarti che ho tenuto costante mentre loro tamburellavano. Siamo andati avanti per molto, improvvisando, innescando un dialogo in musica straordinario». I ragazzi tra i 3 e i 15 anni, con i quali lavora l’associazione “Il sorriso dei bimbi”, hanno suonato i loro ritmi per Gloria. «A Rocinha c’è anche una piccola scuola di musica che vive grazie alle donazioni e che insegna la musica popolare e tradizionale brasiliana», racconta la pianista. «Sono stata nella favela per due giorni e ho vissuto con loro, tra le fognature a cielo aperto, una piaga che è causa di malattie per i più piccoli. Venivo da concerti in teatri, ho perso il bagaglio, mi sono preoccupata, mi sono dispiaciuta, ma poi mi sono resa conto che nessuna somma di denaro poteva acquistare il sorriso di quei bambini». Che, racconta la Campaner, «ha cambiato il mio modo di suonare, forse non so ancora dire in che modo, perché dopo esperienze come questa è difficile razionalizzare. Ma è cambiato di certo, anche perché il nostro approccio alla musica è fatto sì di studio, ma è intriso degli incontri che facciamo, del clima che respiriamo». In questi giorni la pianista, che ha anche all’attivo un’esperienza come dj di musica classica, è a Maastricht. Poi suonerà a Messina, Palermo e Ancona. «Amo suonare da sola perché mi sento più libera. E quando sono al pianoforte sento una grazia che mi pervade, una luce che mi illumina. Respiro con il pubblico e percepisco un forte senso di comunione», riflette la Campaner che poi annuncia: «A novembre tornerò in Brasile. Per una nuova sfida. Suono i grandi classici perché è quello che ho imparato e che so suonare, forse anche abbastanza bene. Mi chiedevo, però, che effetto potesse avere su persone di culture che ci appaiono lontane. Mi sono resa conto che quello che conta è il messaggio umano che si vuole trasmettere, al di là del codice che si usa per farlo. Non devo avere più paura di portare qualcosa di nuovo purché sia pieno di amore e di gioia. Che è poi il messaggio dei grandi compositori classici che noi interpreti siamo chiamati a diffondere».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: