domenica 23 gennaio 2011
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Fluido, spesso informale, non sempre coerente. Ma il processo è in moto, e potrebbe arrivare a disegnare una mappa dell’Europa molto diversa da quella che siamo abituati a vedere. È un sottoprodotto non del tutto previsto dell’integrazione comunitaria – il varo ufficiale è arrivato soltanto nel 2006 –, ma la riscoperta dei nessi storici, culturali ed economici che travalicano le frontiere degli Stati ha almeno un nome chiaro: euroregione. L’Unione le ha poste sotto l’egida del Comitato delle regioni, l’organo comunitario che riunisce e coordina gli enti locali tradizionali, e ha affibbiato loro uno dei suoi soliti, indigesti acronimi, Gect: Gruppi europei di cooperazione territoriale. Tra poco, il 27-28 gennaio in Belgio, terranno la loro prima conferenza, ancora in gran parte programmatica. I criteri per definirsi euroregione sono abbastanza elastici: si tratta di associazioni di enti territoriali come regioni, province o singoli comuni, ma anche di camere di commercio, comunità montane, parchi naturali – per dirla nel lessico italiano, non del tutto omologabile a quelli degli altri Paesi. Devono coinvolgere più di uno Stato, naturalmente, ed essere dotati di istituzioni permanenti e di una veste giuridica. Ve ne sono di piccole come una città, i cosiddetti eurodistretti – un esempio tra i tanti, quella che associa la francese Strasburgo ai suoi sobborghi rimasti in Germania –; di grandi come una nazione – quella dei Carpazi, quella dei Pirenei-Mediterraneo –; addirittura di vaste come un mare – letteralmente: è l’euroregione Adriatica, che associa tutte le regioni italiane, slovene, croate e bosniache che si affacciano sullo stesso bacino. Molte si danno obiettivi limitati, come la tutela di una data area naturalistica e del relativo indotto culturale; altre invece hanno o ambiscono ad avere un peso politico ed economico proprio, e a giocarselo in prima persona con le istituzioni di Bruxelles, "scavalcando" in un certo senso i rispettivi Stati d’appartenenza. È il caso, tra i più radicati e vicini a noi, dell’euroregione Alpe-Adria. Fondata nel 1978, punta a creare uno spazio economico, culturale e politico comune tra territori che fino all’Ottocento erano stati parte fondamentale del fu Impero austro-ungarico: il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia in Italia (in seguito s’è aggiunta la Lombardia), la Stiria e la Carinza in Austria, le province di Vas e Baranya in Ungheria e la Slovenia e la Croazia in toto; la sede è posta a Klagenfurt. Ben avviato è anche il progetto dell’euroregione corrispondente all’ex Tirolo austro-ungarico – Tirolo-Alto Adige-Trentino, il land austriaco più la regione italiana che ne ospita gli uffici, a Bolzano –: la firma dello statuto, e di conseguenza la certificazione come Gect, è prevista per i prossimi mesi, ma già da anni le tre province collaborano attivamente a una vasta rete che tocca trasporti, turismo, ambiente, promozione culturale. Più vago, anche perché le differenze tra le regioni che ne fanno parte sono più marcate, è il progetto Alpi-Mediterraneo a cavallo tra Italia e Francia. L’associazione tra Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, al di qua delle Alpi, e Provenza-Alpi-Costa Azzurra e Rodano-Alpi, al di là, è poco più di un progetto, tanto che come "sede" si è data... Bruxelles, dove evidentemente i promotori si incontrano più facilmente che nella loro euroregione. Ben altro è il grado di integrazione della Pirenei-Mediterraneo: i soci contraenti – Midi-Pirenei e Linguadoca-Rossiglione in Francia, Aragona, Catalogna e Baleari in Spagna – condividono un comune retaggio catalano e Barcellona, che non a caso ne è la sede, sogna di farne un punto di partenza per il riconoscimento cui i sempre più accesi nazionalisti català agognano. Più vago è il retroterra indipendentista dell’associazione Galizia-Nord, tra la regione spagnola di La Coruña e Santiago di Compostela e quella portoghese di Braga e Oporto, e del tutto nullo quello dell’Arc Manche tra le regioni francesi e quelle britanniche (e nemmeno tutte) sulle due sponde della Manica. Blando è ancora anche il grado di cooperazione intorno alle comuni istituzioni di Eblag (Polonia) dell’euroregione Baltica, che in realtà associa solo poche province affacciate sul mare nordico tra Svezia, Danimarca, Polonia, Russia e Lituania.Sfumate ma ben avviate sono invece le euroregioni del Bug tra Polonia e Ucraina (più o meno da Lublino a Leopoli, con la recente aggiunta della provincia bielorussa di Brest Litovsk) e dei Carpazi, che raccoglie le regioni distese intorno alla catena montuosa a cavallo tra Polonia, Slovacchia, Ungheria, Ucraina e Romania. Ovvia, quasi scontata è l’associazione tra le province costiere di Romania e Bulgaria; l’euroregione del Mar Nero, incardinata su Costanza, punta anzi a espandersi fino alla sponda dirimpettaia, quella georgiana. Con un velo di sospetto è vista la collaborazione Danubio-Kris-Mures-Tibisco, con sede a Seghedino: ha un po’ l’aria di ricalcare i confini della Grande Ungheria, accorpando alle province frontaliere magiare quelle con radicate minoranze ungheresi in Romania (Transilvania) e Serbia (Voivodina). Lo zoccolo duro del progetto euroregioni è, manco a dirlo, il cuore pulsante dell’Europa e della sua integrazione: Francia, Germania, Benelux. Qui le iniziative sono numerose, ormai radicate e attive; tra le tante, spicca Ems Dollart (Edr), grosso modo corrispondente alla regione storica della Frisia che si affaccia sul Mare del Nord tra Olanda e Germania. Fondata nel 1977 e centrata sul paesino frontaliero di Bad Nieuweschans, riunisce amministrazioni locali e associazioni di categoria, gestisce vari progetti di pianificazione territoriale ed economica e – soprattutto – li finanzia, attingendo a fondi regionali ed europei. Appena più a sud, la cooperazione tra altre aree frontaliere tedesche e olandesi ha assunto addirittura il nome di Euregio per eccellenza; si tratta di un’area che va dal Twente a Osnabrück e che si è data istituzioni comuni a Glanerbrug e Gronau: praticamente un’unica città, tagliata in due dal confine. Alla stessa logica, ma con una prospettiva anche politica più ampia, appartengono anche le euroregioni Mosa-Reno, che riunisce una più vasta area tra Belgio, Olanda e Germania, e SaarLorLux, che al Lussemburgo associa il Saarland tedesco e la Lorena francese. Come nelle "nostre" Alpe-Adria e Tirolo, anche qui gioca il retaggio storico: tutta l’area di contatto tra il mondo tedesco e quello francese è stato per secoli in movimento, con frontiere sempre mobili e quasi provvisorie, e lo sviluppo di un’identità regionale comune si è accompagnato a quella nazionale. Certo: salvo eccezioni, al momento quasi tutti questi tentativi hanno impatto e ambizioni limitati. Accordarsi per avere biglietti dei treni a prezzo convenzionato e non "internazionale", finanziare pubblicazioni nelle lingue minoritarie, sveltire pratiche burocratiche e amministrative per i "frontalieri" che ogni giorno fanno avanti e indietro da uno Stato all’altro. Eppure sullo sfondo la prospettiva nazionale, in senso più ampio, c’è, come si legge per esempio nell’atto fondativo dell’euroregione Pirenei-Mediterraneo: «Insieme, abbiamo un peso importante nel contesto europeo e mediterraneo grazie alle nostre dimensioni demografica, economica e territoriale». Che questo "peso" voglia diventare anche "politico", a questo punto, appare scontato.
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