mercoledì 29 febbraio 2012
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Sulla facciata del museo civico di Colonia posto proprio a fianco della splendida cattedrale gemella del Duomo di Milano campeggiano i caratteri cubitali della scritta Römisch-Germanisches Museum.Quel trattino fa degli aggettivi romano e germanico una parola sola.A quella vista, in un momento nel quale l’Europa non sembra più trovare ragioni di coesione, la mente non può che andare alla stagione più feconda di una unità europea costruita sulla spina dorsale romano-germanica e oggi avvolta in un oblio accentuato dal perdurare degli effetti di nazionalismi e di particolarismi anche di infausta memoria.Quella del Sacro Romano Impero, perché è a questa millenaria istituzione che si fa riferimento, fu un’esperienza esaltante, frutto di un lento ma inesorabile fondersi di popoli attorno alla strada tracciata dall’incontro tra mondo romano e mondo germanico. Si trattò di uno straordinario crogiolo dal quale tasselli dispersi si composero come in un grande mosaico, ciascuno mantenendo la propria identità, ma valorizzando i fattori di complementarietà fino a creare una istituzione capace di durare nel tempo.Le tracce di quel passato sono ancora ben presenti in alcuni tratti comuni dei popoli che vi fecero parte per più lungo tempo: il rispetto delle particolarità, che ritardò anche le unificazioni nazionali di Germania e Italia, il principio di sussidiarietà concretamente esercitato, la pervasività di una economia "sociale", le dimensioni medio piccole delle imprese, ma anche il senso forte di appartenenza a qualcosa di non ben definibile perché immateriale.Quello spirito di inclusione tipico del mondo romano (tendenzialmente "cattolico" ben prima dell’avvento del cristianesimo) riuscì, in un momento afflitto da stravolgimenti politici e sociali di grande portata, a compiere un’operazione mai portata a termine con la forza delle armi. Anzi, tanto più il potere imperiale si manifestava debole da questo punto di vista, tanto più qualcosa di immateriale aggregava i popoli. Era un impero romano, "sacro" appunto, non solo perché permeato di spirito religioso, ma perché forgiato sulla base invisibile di una cultura sempre più condivisa, di cui le due massime autorità rappresentavano il simbolo più alto.Non era il potere che gli veniva da sovranità territoriale a fare la forza dell’imperatore, ma il carisma simbolico che emanava la sua sacralità.Ma quali erano stati gli elementi fondamentali di questo incontro tra diversi?Da una parte, come si è detto, l’universalismo della romanità (con una "caput mundi" diventata "nuova Gerusalemme") la sua capacità di trasmettere una sapienza antica, concentrato di una razionalità a sua volta assorbita dalla assidua contaminazione con le culture del vasto bacino mediterraneo.Dall’altra, il particolarismo del mondo germanico, fatto di legami di sangue e di concreto rapporto con la terra, madre e fornitrice di un sostentamento indispensabile. E, nella pratica feudale, proprio la terra era suggello di un patto per la vita e per la morte.Questo incontro - teoricamente difficile, ma nei fatti realizzatosi - originò quella straordinaria unità di particolarismi che storicamente fu il Sacro Romano Impero con i suoi elementi unificanti: la lingua colta comune adottata, le Universitas dei mercanti e dei saperi, la moneta di conto unica, (essendo lira e marco originariamente la stessa unità di peso), divisa ovunque in soldi e in denari, un unico credo .Più tardi venne l’esaltazione dei particolarismi: le guerre tra principi travestite da guerre di religione, il "cuius regio eius religio", l’ereditarietà’ dei feudi e il rafforzamento delle dinastie, l’erosione della carica carismatica di imperatori paradossalmente sempre più armati. Fino all’implosione di un involucro ormai solo formale, incapace di reggere alla forza emergente degli stati territoriali.E con la crisi dell’impero sono sopraggiunti anche i fattori disgreganti una omogeneità costruita a fatica: prima gli imperi territoriali tenuti insieme con la forza, poi lo stato-nazione perseguito come unico rimedio alla crisi di quegli imperi. Le conseguenze finali sono ancora vive nei nostri occhi di uomini del "lunghissimo" secolo dei campi di concentramento, delle foibe e della pulizia etnica.La strada che l’Europa ha di fronte per risolvere problemi economici e sociali di oggi deve necessariamente volgere lo sguardo anche a queste antiche radici. Se sarebbe insensato riproporre istituzioni d’altri tempi oggi impossibili da rianimare, si può però far tesoro di un metodo che autonomamente i nostri antichi padri misero in atto.Si tratta del metodo che riconosce la formidabile capacità di aggregazione di diversità complementari, perché non è detto che l’unità debba avvenire solo tra uguali.È il metodo che riscopre il grande valore dell’immateriale che, più di ogni altra energia, può rappresentare una forza di gravità eccezionale. È il metodo che vede nella volontà di individuare tratti profondi di una cultura millenaria, il distillato di una identità imprescindibile.​
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